Fanfani Pietro

Professioni: Bibliotecario
Ambiti di produzione: Editoria scolastica, grammatica, letteratura italiana, letteratura per l'infanzia
Luoghi di attività: Toscana

Pietro Fanfani nacque a Montale (Pistoia) il 21 aprile 1815. Condusse una vita movimentata e anche un po' avventurosa, prima di approdare nel 1859 alla Biblioteca Marucelliana di Firenze, rimanendovi come bibliotecario per il resto dei suoi giorni. Nell'infanzia aveva ricevuto un'istruzione discontinua e si mostrò indocile alle ambizioni del padre, un facoltoso fattore che però, per un rovescio finanziario, lasciò la famiglia quasi sul lastrico e ripiegò, per la formazione del figlio Pietro, sulla Scuola medico-chirurgica di Pistoia, senza troppo costrutto, fino al punto che lo costrinse, per fargli mettere capo a bottega, all'arruolamento nell'esercito.

Verso il 1842, tornato da un po' dal servizio militare, decise di dedicarsi seriamente agli studi e, aiutato dal canonico Andrea Fabbri, divenne un paleografo esperto, si mise a studiare il greco e, dopo il 1843, a scrivere saggi su giornali e riviste. Nel 1847 fondò il periodico «Ricordi filologici» cui mandarono i loro contributi studiosi, tra gli altri, come Luigi Fornaciari, Basilio Puoti, Niccolò Tommaseo e Giuseppe Giusti.

Arruolatosi nel battaglione dei volontari toscani, partecipò alla battaglia di Montanara il 29 maggio 1848, cadendo prigioniero degli austriaci che lo internarono per alcuni mesi nella fortezza di Terezin in Boemia. Al ritorno, accettò l'offerta del ministro della P.I. del governo Guerrazzi, Francesco Franchini, di lavorare come segretario del suo gabinetto. Questi precedenti patriottici lo misero ovviamente in sospetto, quando il Granduca nel 1849 rientrò a Firenze, e lo «tenne basso».

Il F. dovette attendere una decina d'anni perché, partito il Lorena, il ministro Cosimo Ridolfi lo nominasse bibliotecario della Marucelliana, conferendogli un incarico che intanto si era meritato, pubblicando il mensile di lettere, attento anche alle tematiche scolastiche, «Etruria» (1851-1852, SPES, n. 471) e successivamente «Il Passatempo». Sul finire di quegli anni '50 aveva palesato le sue abilità filologiche anche con la scanzonata invenzione (contemporanea del periodico umoristico da lui redatto, «Il Piovano Arlotto») di un falso documento trecentesco, sulla calata di Arrigo VII di Lussemburgo, che fu preso sul serio e che gli attirò lo sdegno di Giovan Pietro Vieusseux. Sul fronte allora molto sensibile della lingua, già si era inimicato tutto il cenacolo della Crusca, che lo aveva canzonato come un gonzo impostore «arcifànfano», per le sue Osservazioni al Nuovo Vocabolario della Crusca (1849).

Il suo impegno più che trentennale di linguista e lessicografo fu una conseguenza dall'importanza attribuita al vocabolario come strumento insostituibile per corroborare l'unità culturale della nazione. La perdurante polemica con la Crusca scaturiva dalle sue, del resto fondate, critiche all'inefficienza organizzativa di quell'istituzione e, soprattutto, ai criteri ispiratori che ne informavano il lavoro. Il F. osteggiava, in specie, la giustapposizione dell'antico con il recente, propugnando un purismo moderato, basato sul modello fiorentino e toscano, scritto più che parlato, espungendo i barbarismi (soprattutto i francesismi) e attingendo certo al grande patrimonio della letteratura tra XIV e XVI secolo, ma con la parsimonia che rifugge dagli arcaismi ormai troppo lontani dalla lingua corrente.

Convinto che la lingua toscana fosse ancora vitale, respinse anche le osservazioni scettiche di Alessandro Manzoni sulla scarsa diffusione di una lingua italiana moderna e accettata (La lingua italiana c'è, e si muove, 1868).

Frutto di questo instancabile impegno furono il Vocabolario della lingua italiana (1855), il Vocabolario dell'uso toscano (1863, 2 voll.), il Vocabolario della lingua italiana, compilato per l'uso delle scuole (1865), Voci e maniere del parlar fiorentino (1870), il Vocabolario della lingua parlata, compilato con Giuseppe Rigutini (1875), il Lessico della corrotta italianità (1877), il Nuovo vocabolario dei sinonimi della lingua italiana ad uso delle scuole (1879). Questo patrimonio lessicografico confluì nel Dizionario della lingua italiana, nuovamente compilato da Nicolò Tommaseo e Bernardo Bellini (1861-1879, 4 voll.).

Altrettanto intenso fu il lavoro filologico di recupero di opere del volgare trecentesco che manifestò sia con le edizioni di alcuni tra i maggiori autori (Dante, Boccaccio, Cino da Pistoia, Sacchetti, Michelangiolo, Machiavelli e numerosi altri) sia mediante l'indagine storica critica, per esempio sulla Cronaca di Dino Compagni. Articoli sparsi testimoni di questa ricerca filologica furono raccolti in volumi come il Democritus ridens (1870).

A fianco dell'attività scientifica, il F. fu attivo anche come divulgatore del buon uso della lingua attraverso la narrativa storica e la letteratura per l'infanzia (per esempio La Paolina. Novella scritta in lingua fiorentina italiana, 1868) o testi destinati alle scuole, come Il Plutarco femminile (1872) o vere e proprie guide per una vasta platea di lettori, come Lingua e nazione: avvertimenti a chi vuol scrivere italiano (1872). Larga fortuna ebbero nell'uso scolastico i suoi vocabolari. Tra le sue traduzioni (dallo spagnolo e dal francese) riscosse una duratura fortuna, presso i cultori del pensiero libertario, Il contr'uno: o della servitù volontaria di Stefano de La Boetie (1864; poi ediz. a cura di P. Pancrazi, 1945).

Fu in corrispondenza con numerosi letterati del suo tempo e con tutti gli studiosi di lingua. Le sue lettere, per esempio ad Alessandro D'Ancona e a Luigi Fornaciari sono state edite, così come le lettere al matematico della Scuola normale superiore Enrico Betti. A conferma di quest'interesse per l'epistolografia ricordiamo che il F. si era già premurato di ordinare e postillare le Lettere precettive di eccellenti scrittori (1855). Apprezzò la poesia di Renato Fucini e di Giuseppe Giusti, ma non quella di Giosuè Carducci che gli rese la pariglia trattandolo da «linguaiolo». Da anziano ormai agiato si ritirò nella sua villa al Castello e qui morì il 4 marzo 1879.

[Franco Giuntoli]

Fonti e bibliografia: La bibliografia di Pietro Fanfani con parecchi documenti e alcune coserelle in versi, Firenze, Cenniniana, 1874; L. Baretti, Bibliografia del fu egregio filologo Pietro Fanfani, Milano, s. e., 1879.

DBI, vol. XLIV, pp. 580-583; SPES, n. 471; necrologio in «Istitutore», 1879, n. 10, p. 159 e n. 12, pp. 178-181.

F. Marri, Pietro Fanfani, in «Otto/Novecento», 1879, n. 5-6, pp. 253-303; B. Croce, I linguaioli, in «La Critica», 1936, pp. 424-433; M. Raicich, Scuola, cultura e politica da De Sanctis a Gentile, Pisa, Nistri-Lischi, 1981, pp. 98, 104, 155-157 e 164; E. Zamarra, Breve profilo di un linguista poligrafo dell'Ottocento: Pietro Fanfani in «Critica letteraria», 1991, n. 70, pp. 99-131; M. Raicich, Di grammatica in retorica. Lingua, scuola, editoria nella Terza Italia, Roma, Archivio Guido Izzi, 1996, ad indicem, ma soprattutto pp. 101-112.