Fanciulli Giuseppe

Professioni: Scrittore, traduttore
Ambiti di produzione: Fascismo, letteratura per l'infanzia, teatro
Luoghi di attività: Toscana, Piemonte, Italia

Giuseppe Gaetano Giulio Fanciulli nacque a Firenze l'8 marzo 1881 da Giovanni ed Enrichetta Guidotti. Nel 1906 si laureò in Filosofia presso l'Istituto di studi superiori di Firenze e poi in Giurisprudenza all'università di Urbino. Ma il F. fu soprattutto uno scrittore per l'infanzia, autore di libri e letture scolastiche, organizzatore culturale, giornalista, autore di più di 150 opere: articoli, novelle e racconti sparsi su giornali e riviste.

I primi interessi del F. furono rivolti alla psicologia, sotto la direzione di Francesco De Sarlo con il quale collaborò all'interno del Laboratorio di Psicologia sperimentale aperto a Firenze nel 1904. A questo periodo risalgono i suoi primi lavori tra cui spiccano La coscienza estetica (1906) e La psicologia del gioco (1908). Il F. psicologo oscilla tra il positivismo e l'idealismo di tipo neohegeliano, appreso dal De Sarlo, figura di mediazione in quegli anni tra le due correnti, ma orientato alla revisione e al superamento del positivismo. Nel 1929 conseguì la libera docenza in Psicologia.

Agli inizi del '900 risale anche l'avvicinamento del F. alla letteratura infantile. Nel 1906 entrò nella redazione de «Il Giornalino della domenica» diretto da Luigi Bertelli, di cui fu redattore dal 1907 al 1911 e direttore dal 1920 al 1924, anno della chiusura.

Il F. divenne ben presto uno dei collaboratori più presenti e attivi di Bertelli, compose racconti e monologhi, e tenne diverse rubriche con gli pseudonimi di Pino e soprattutto di Maestro Sapone. A questa esperienza di giornalismo risalgono anche i primi volumi, tra cui Pippo Sizza aviatore (1911) e L'omino turchino (1912). Queste prove letterarie hanno carattere fantastico e un'ambientazione «domestica», chiusa nel piccolo mondo borghese che circonda tanto i protagonisti che i lettori dei racconti.

Nella vita e nell'opera del F. la Grande guerra segna un punto di rottura. Avviato già dai primi del secolo verso un irredentismo che, con la conquista della Libia, si orienta sempre più verso il nazionalismo, lo scoppio del conflitto mondiale è l'occasione per dispiegare un impegno profondo e robusto al servizio della patria.

La guerra portò anche la morte dell'amico Giosuè Borsi, indicata spesso come il momento della «conversione» al cattolicesimo del F. In realtà, questo evento traumatico ebbe un valore più complesso e profondo e non fu la folgorazione di un momento. Sembra piuttosto una caratteristica comune a una larga parte della generazione nata negli anni '80 che, perse le certezze dei padri, imbevuti di fede positivistica, si orientò verso le più antiche sicurezze delle madri, in specie nella religione cattolica che sembrava garantire continuità e pienezza.

La dimensione di una fede cattolica riscoperta e l'adesione esplicita all'idea di nazione connotarono tutta l'opera successiva dello scrittore. A questa svolta, tanto letteraria quanto ideologica, risalgono le novelle e i racconti di Creature (1918), Gente nostra (1918) e Alla sorgente (1921).

Sono opere fondamentali del F., che lo fanno conoscere alla critica e ne decretano il successo editoriale. In questi racconti egli propone un messaggio positivo e protettivo volto al culto della patria e al sentimento religioso. Lo sfondo non è più quello di una borghesia urbana raffinata e sicura di sé, ma un indistinto popolo che racchiude le virtù della nazione. In questo contesto si esprimono quei buoni sentimenti per cui F. verrà spesso ricordato. Di questo periodo è anche la più importante produzione teatrale del F., messa in scena nella «Sala azzurra», presso il teatro milanese Cova, di cui il personaggio più famoso fu Takiù, vera e propria maschera, ispirata alla tradizione, ma collocata in un oriente fiabesco e magico.

Gli anni '20 coincidono anche con l'adesione al fascismo, di cui F. fu convinto sostenitore. La sua opera di educatore e organizzatore culturale, al servizio del regime, si esplicò con un'intensa attività giornalistica (collaborò, tra gli altri, con «Il Corriere dei piccoli», «L'Illustrazione italiana», «Il Giornale di Trieste», «La Gazzetta del popolo»), radiofonica (scrisse e interpretò diverse commedie per radio) e teorica (con libri come Il fascino dell'infanzia del 1926 e I nostri ragazzi del 1937). Durante il ventennio fascista F. scrisse molto, tanto che è difficile comporre un catalogo esaustivo della sua opera. Si può tentare, comunque, di tracciare alcune demarcazioni con cui disporne la produzione.

Tralasciando l'attività di traduzione e adattamento, le opere a carattere scolastico e gli studi letterari, vanno segnalate la scrittura e la raccolta di fiabe, favole e novelle, la stesura di biografie di personaggi famosi del passato e del presente e le vite di santi e di Gesù. La piena maturità artistica del F. si esprime tuttavia con il genere del romanzo, in particolare Fiore (1927), Lisa-Betta (1932), Alza bandiera! (1934) e Cuore del Novecento (1938), gli ultimi due legati alla retorica di regime. Significativa fu anche la produzione di romanzi coloniali a metà degli anni '30 e la stesura, più esigua, di romanzi d'avventura. Lo stile del F. risulta delicato, ispirato ai buoni sentimenti, ma anche sorretto da un robusto anelito all'educare: allo spirito religioso, alla patria, alla tradizione, alla conservazione sociale.

Accanto alla produzione narrativa F. svolse un'intensa attività critica. Profondo conoscitore delle letterature straniere, si prodigò affinché anche in Italia la letteratura infantile avesse il posto che le spettava, con le dovute rassegne, con le biblioteche adatte e gli studi specifici. Questo impegno si manifestò, oltre che in diversi articoli, nella realizzazione di un accurato contributo critico (La letteratura per l'infanzia, 1926 e aggiornato nel 1935, più volte riedito), scritto con la cugina Enrichetta Monaci Guidotti, e culminò con la partecipazione al Convegno sulla letteratura per l'infanzia che si svolse a Bologna nel 1938.

A interrompere il successo e la fortuna editoriale del F. arrivò la seconda guerra mondiale. Dopo il conflitto la carriera riprese a stento, con alcune pubblicazioni inedite (a carattere fantastico e fiabesco) e il riadattamento di altre. Collaborò con «Il Vittorioso» e diresse «Il Corriere dei ragazzi», da cui fu bruscamente licenziato nel 1948. In lui si fecero più forti i sentimenti di bontà e la fede religiosa, ed una certa poesia malinconica che mise nelle sue ultime opere, dove si rintraccia anche un'inequivocabile rassegnazione. Dopo alcuni anni di salute precaria si spense il 16 agosto del 1951 a Castelveccana, sul Lago Maggiore.

[Davide Montino]

Fonti e bibliografia: documentazione (parziale) sul F. è conservata presso l'INDIRE, Firenze.

A. Michieli, Giuseppe Fanciulli, Rovigno, IPAG, 1954; V. Pisani, Giuseppe Fanciulli, Firenze, Giunti-Bemporad, 1954; G. Romagnoli Robuschi, Giuseppe Fanciulli, Firenze, Le Monnier, 1955; E. Petrini, Fanciulli, Brescia, La Scuola, 1963; D. Giancane, Giuseppe Fanciulli maestro della letteratura per l'infanzia: una monografia, Bari, Levante, 1994; R. Lollo, Sulla letteratura per l'infanzia, Brescia, La Scuola, 2003, pp. 52-64 e pp. 136-147; S. Fava, Percorsi critici di letteratura per l'infanzia tra le due guerre, Milano, Vita e pensiero, 2004, pp. 181-203; P. Boero, C. De Luca, La letteratura per l'infanzia, Roma-Bari, Laterza, 2009, pp. 183-187; D. Montino, Le tre Italie di Giuseppe Fanciulli. Educazione e letteratura infantile nel primo Novecento, Torino, SEI, 2009.