Enriques Federigo

Professioni: Professore universitario
Ambiti di produzione: Cultura ebraica, didattica, editoria scolastica, filosofia, matematica, scienze
Luoghi di attività: Toscana, Italia

Federigo Enriques nacque a Livorno il 5 gennaio 1871 in una famiglia di facoltosi mercanti ebrei sefarditi, di origine portoghese, presenti nella città labronica fin dal '600; la madre era originaria di Tunisi e di lingua materna francese. Il giovane Federigo frequentò le scuole a Pisa e qui si laureò nel 1891, allievo della Scuola normale superiore, ove frequentò maestri come Enrico Betti, Ulisse Dini, Luigi Bianchi e Vito Volterra. Presso il collegio della Carovana ebbe inoltre modo di coltivare, accanto al suo grande talento matematico, quella sorta d'«infezione filosofica liceale» che lo portò a diffidare dello scientismo positivistico, senza però attrarlo nell'orbita del neohegelismo degli allievi di Donato Jaia, maestro di Giovanni Gentile alla Normale.

L'E. fu personalità di primo piano nella vita culturale italiana, come matematico, filosofo e scienziato, ma anche come uomo attento ai problemi della scuola e coinvolto in svariate imprese editoriali.

Negli anni segnati dalla crisi della scienza della fine di secolo, si sforzò di trovare una strada che evitasse il puro empirismo della sensazione, ma anche il costruttivismo convenzionalistico di matrice pragmatista: il sentiero da percorrere parve all'E. quello di un «positivismo critico» o anche di un «razionalismo sperimentale», per il quale il «fatto» corrisponde al concetto matematico d'«invariante» ed è «reale» quando produce «sensazioni associate a certi atti volontari». In questo modo era possibile ancorare all'oggettività dei fenomeni il processo soggettivo della conoscenza e non trascurare mai la genesi psicologica delle conoscenze scientifiche nel loro divenire storico.

L'impresa scientifica si presenta, secondo l'E., non come pura rappresentazione di una realtà da rispecchiare, ma come una «coordinazione razionale di dati», una «costruzione dello spirito umano» che procede a spirale dall'acquisizione induttiva alla formulazione d'ipotesi da verificare nelle loro conseguenze dedotte, in un processo sempre motivato dalle assunzioni di valore che guidano la ricerca.

Queste dottrine ebbero un peso modesto nella cultura filosofica italiana, renitente a gettare il ponte che l'E. si sforzava di impostare fra gli studi umanistici e le scienze matematiche e naturali. Gentile, nel recensire su «La Critica» il saggio Problemi della scienza (1906) ribadiva che la via maestra della filosofia non poteva essere tracciata dalla filosofia della scienza. Ma, nonostante le distanze culturali, il filosofo siciliano restò a lungo legato all'E. da un rapporto di stima, al punto da affidargli la sezione di matematica dell'Enciclopedia italiana (nominandolo anche nel Consiglio direttivo), per la quale l'E. redasse una quarantina di voci. Dura invece restò l'avversione di Benedetto Croce che polemizzò pesantemente con l'E., lamentando la designazione del matematico italiano quale presidente del IV congresso internazionale di filosofia (Bologna, 1911).

Dal 1907 al 1913 l'E. fu presidente anche della Società filosofica italiana; nello stesso 1907 diede vita alla rivista «Rivista di Scienza» (dal 1910, «Scientia»), finalizzato a intrecciare connessioni fra le varie discipline e a por fine all'egemonia degli studi storici e letterari.

Il contributo specifico in campo matematico dell'E., professore nel 1906 a Bologna di Geometria proiettiva e descrittiva e dal 1922 docente a Roma di Matematiche complementari e poi di Geometria superiore, risiede soprattutto nella formazione di quella «scuola italiana di geometria algebrica», avviata da Corrado Segre e da lui e da Guido Castelnuovo (tra l'altro suo cognato) portata ad altissimi livelli.

Fin dal suo arrivo a Roma, come perfezionando, era stato sedotto dalla geometria algebrica nella prospettiva inaugurata da Segre e diede i suoi contributi più significativi alla teoria delle superfici. In questo settore le sue ricerche possono ripartirsi in due gruppi, il primo dei quali tratta della teoria generale della geometria sopra una superficie algebrica e della determinazione degli invarianti per trasformazioni birazionali, mentre il secondo concerne i problemi di classificazione delle superficie.

Nel 1893, nella memoria Ricerche di geometria sulle superficie algebriche l'E. aveva stabilito la teoria generale dei sistemi lineari di curve sopra le superficie algebriche, che consente di costruire gran parte della geometria sopra le superficie. Le ricerche di E. relative al problema della classificazione delle superficie algebriche sono raccolte in una quindicina di lavori fra cui la memoria sulle superficie iperellittiche, scritta con Francesco Severi, insignita del premio Bordin (1909, in «Acta mathematica», 1909, pp. 283-392 e 1910, pp. 321-403).

Di quest'operosa riflessione e costruzione teorica, testimoniata da moltissime pubblicazioni, meritano una citazione più specifica Lezioni di geometria proiettiva (1898), Lezioni sulla teoria geometrica delle equazioni e delle funzioni algebriche (in collaborazione con Oscar Chisini, 1915-1934, 4 voll.), Lezioni sulla teoria delle superfici algebriche (1915).

All'attività di studioso l'E., associò un forte interesse per l'insegnamento matematico nella scuola secondaria, sia come presidente dell'associazione «Mathesis» (1919-1932) sia in qualità di direttore del «Periodico di matematiche» (dal 1921 fino alla morte, SPES, n. 817), sia infine come autore di una importante opera collettiva destinata alla formazione degli insegnanti (in particolare Questioni riguardanti la geometria elementare, 1900, ampliata poi in Questioni riguardanti le matematiche elementari, 1912-1914, altra ediz. 1924-1927).

Il suo nome, insieme a quello di Ugo Amaldi, è associato a vari manuali scolastici, in particolare al fortunatissimo testo, Elementi di geometria, apparso agli inizi del '900 presso Zanichelli e riedito per molti decenni. Questa variegata attività rispecchia il programma culturale e didattico di E. che trova la sua esposizione più organica nell'articolo Insegnamento dinamico apparso su «Periodico di Matematiche») che si può considerare quasi un manifesto della sua visione dell'educazione matematica i cui punti focali sono: insegnamento attivo, metodo socratico, apprendimento come scoperta, giusto equilibrio fra intuizione e logica, importanza dell'errore, della visione storica dei problemi, delle connessioni fra matematica e fisica, delle matematiche elementari dal punto di vista superiore e valore formativo delle matematiche.

Nella casa editrice bolognese l'E. (socio egli stesso dal 1906) promosse inoltre varie iniziative, in particolare le collane «Per la storia e la filosofia delle matematiche» e «Attualità scientifiche» (al cui interno apparve la prima traduzione italiana dell'opera Sulla teoria speciale e generale della relatività di Albert Einstein, 1921, TESEO, n. 599).

Al momento dell'elaborazione della riforma scolastica del 1923, oltre a sostenere le proteste dei docenti di Matematica, l'E. si batté perché almeno nei programmi del nuovo Liceo scientifico fosse rappresentata la storia del pensiero filosofico e scientifico. Per assicurare alla storia della scienza un posto centrale negli studi superiori, si era adoperato fin dal suo arrivo all'università di Roma e poi come direttore dell'Istituto nazionale per la storia delle scienze fisiche e matematiche fondato nel 1923, pur non riuscendo a corroborarne l'attività con cattedre specificamente istituite per queste discipline.

Di tale ricerca storica, che accompagnò sempre il suo lavoro di matematico, sono testimonianze, tra altri scritti, Scienza e razionalismo (1912); Storia del pensiero scientifico antico (con Giorgio de Santillana, 1932), Histoire de la pensée scientifique (con Giorgio de Santillana, 1936-1939, 6 voll.), Causalité et déterminisme dans la philosophie et l'histoire des sciences (1941), La théorie de la connaissance dans la philosophie et l'histoire de Kant à nos jours (1938) e Le matematiche nella storia e nella cultura (1938).

Nel 1938 le leggi razziali non risparmiarono neppure l'E., che nel 1907 aveva ricevuto, insieme a Tullio Levi-Civita, il premio reale dell'Accademia dei Lincei ed era membro di molte accademie sparse per il mondo. Espulso dall'università, fu reintegrato nel 1944. L'E. morì a Roma il 14 giugno 1946.

[Franco Giuntoli]

Fonti e bibliografia: O.P. Faracovi, L.M. Scarantino (edd.), Federigo Enriques: matematiche e filosofia. Lettere inedite. Bibliografia degli scritti, Livorno, Belforte, 2001.

DBI, vol. XLII, pp. 777-783; DBS, vol. IV, pp. 373-375; EF (ed. Lucarini, 1982), vol. III, pp.108-109; SPES, n. 817; TESEO, n. 599; Centro studi Enriques, portale telematico; Federigo Enriques, edizione nazionale delle opere: http://enriques.mat.uniroma2.it/italiano/indice.html

L. Campedelli, Federigo Enriques nella storia, la didattica e la filosofia delle matematiche, in «Periodico di matematiche», 1947, n. 4, pp. 95-114; O. Chisini, Accanto a Federigo Enriques, ivi, pp. 115-123; L. Lombardo Radice, Natura, ragione e storia, Torino, Einaudi, 1958, introd.; G. Micheli (ed.), Storia d'Italia. Annali 3, Torino, Einaudi, 1980, pp. 619-641; F. La Teana, Federigo Enriques e la Riforma Gentile, in G. Battimelli et al. (edd.), La ristrutturazione delle scienze tra le due guerre mondiali, Roma, 1984, vol. I, pp. 303-314; O. Pompeo Faracovi, Il caso Enriques: tradizione nazionale e cultura scientifica, Livorno, Belforte, 1984; Ead et al., Federigo Enriques. Filosofia e storia del pensiero scientifico, Livorno, Belforte, 1998; M. Moretti, «Insegnamento dinamico». Appunti sull'opera scolastica di Federigo Enriques (1900-1923), in F. Enriques, Insegnamento dinamico, La Spezia, Agorà, 2003, pp. 15–91.P. Bussotti (ed.), Federigo Enriques e la cultura europea, Sarzana, Agorà, 2008; T. Nastasi, Federigo Enriques e la civetta di Atena, Pisa, Edizioni Plus, 2010; L. Giacardi, Federigo Enriques (1871-1946) and the training of mathematics teachers in Italy, in S. Coen (ed.). Mathematicians in Bologna 1861-1960, Basel, Birkhäuser, 2012, pp. 209-275.