Anile Antonino

Professioni: Medico, ministro P.I.
Ambiti di produzione: Libertà di insegnamento, movimento cattolico, politica scolastica
Luoghi di attività: Calabria, Italia

Antonino Anile nacque a Pizzo di Calabria (Catanzaro) il 20 novembre 1869 da Leoluca e Amalia Tozzi. Seguì gli studi presso il liceo classico «Filangieri» di Monteleone (oggi Vibo Valentia) e poi i corsi di Medicina all'università di Napoli, dove si laureò nel 1894 e conseguì la libera docenza in Anatomia nel 1903. Nel 1912 ottenne la cattedra di Anatomia artistica presso l'Accademia di belle arti di Napoli e in seguito nell'Accademia di Roma. Fu autore di un'ampia trattatistica scientifica in specie d'argomento anatomico con due trattati: il primo di topografia (1915) e il secondo di sistematica (1919). Si occupò anche di storia della scienza sviluppando gli studi di anatomia di Leonardo Da Vinci e i lavori scientifici di Federico Cesi.

Personalità ricca di sfaccettature, l'A. coltivò accanto agli studi medici anche spiccati interessi letterari e soprattutto poetici (Poesie, 1921; Bellezza e verità delle cose, 1937; Questo è l'uomo, 1943). Negli anni che precedettero la Grande guerra collaborò inoltre al «Giornale d'Italia» su tematiche sia di carattere scientifico sia di argomento letterario nelle quali espresse la sua visione del mondo, fondata sull'idea di provvidenza e spiritualità coerente con i princìpi del cattolicesimo accolti e professati integralmente, in funzione antiscientista.

Fu in questo contesto che si collocarono le sue attenzioni ai problemi educativi e scolastici. Nel 1919 aderì al Fascio di educazione nazionale animato da Giuseppe Lombardo Radice e al Gruppo di azione per la scuola nazionale di Ernesto Codignola e firmò l'appello pubblicato il 15 gennaio 1920 sulla rivista «L'Educazione nazionale» (SPES, n. 445). Con un folto gruppo di intellettuali auspicò un rilancio dell'educazione nazionale attraverso il rinnovamento morale della scuola che si doveva basare su una politica anticentralistica e critica verso il monopolio statale. L'A. trattò poco dopo la questione in occasione del congresso del Partito popolare italiano (Napoli, 10 aprile 1920) – al quale aveva aderito l'anno precedente e nelle cui liste era stato eletto deputato – nella relazione dal titolo Esame di Stato e libertà di insegnamento.

Andando al di là dei tradizionali conflitti tra scuola confessionale e scuola laica, l'uomo politico calabrese sollecitava l'istituzione dell'esame di Stato non solo allo scopo di porre nelle medesime condizioni gli studenti della scuola pubblica con quelli della scuola privata, ma nei termini di una proposta complessiva di laicità non antagonista, ma riformatrice dello Stato. La relazione si concludeva con l'individuazione di dodici punti programmatici che riguardavano tutti gli aspetti della vita scolastica (potenziamento degli asili infantili, riforma della scuola normale, più netta distinzione tra liceo classico e moderno ecc.) che a lungo restarono nei programmi dei popolari (Riforma scolastica e libertà d'insegnamento, 1920).

In occasione del congresso nazionale dell'Associazione magistrale italiana «N. Tommaseo» il 10 settembre 1921 sottolineò il ruolo della Chiesa come «animatrice di tutte le democrazie»; all'inaugurazione dell'Università Cattolica di Milano il 7 dicembre 1921, parlò dell'amore della Chiesa rivolto al mondo (Per la cultura e per la scuola. Discorsi, 1923). L'A., che non aveva vissuto le esperienze organizzative e le battaglie del movimento cattolico tra i due secoli, portò all'interno del partito soprattutto «il peso della sua personalità di uomo di scienza e di cultura e la sua visione dei problemi dell'educazione, che risentiva non poco di influenze idealistiche e gentiliane» (Malgeri). Nei due governi successivi diretti da Facta (1922) divenne ministro della P.I.

In tale veste presentò un progetto di legge, che prevedeva l'istituzione dell'esame di Stato. Approvato in sede di commissione parlamentare, il provvedimento non venne discusso in aula per la sopravvenuta crisi ministeriale (Lo Stato e la Scuola, 1924) e, nonostante la sua riconferma nel secondo ministero Facta, non fu possibile giungere all'approvazione anche per la forte opposizione degli esponenti liberali più legati alle tradizioni laiche.

In occasione del primo governo Mussolini, si schierò per la concessione dei pieni poteri. Dal 1923 al 1925 fu capo redattore della terza pagina de «Il Popolo» di Donati e collaborò a «Politica nazionale» di Fuochini; dal 1923 fu membro dell'Accademia pontifica dei nuovi Lincei su nomina di Pio XI. Nel 1924 partecipò alla XI Settimana sociale dei cattolici italiani con un discorso su La civiltà cattolica nella crisi moderna, molto apprezzato da Piero Gobetti. Si presentò, ancora nelle liste del Partito popolare, nelle elezioni dell'aprile 1924, e fu eletto deputato per la terza volta. Nel 1925 l'A. firmò il manifesto antifascista promosso da Benedetto Croce, subendo gli attacchi della stampa fascista. L'A. non si allineò tuttavia alla linea politica antifascista del partito e maturò un progressivo distacco dal popolarismo. Nel 1925 partecipò all'ultimo congresso del Partito popolare con un discorso dal titolo Politica scolastica.

Nonostante la sua riammissione alla Camera nel gennaio del 1926 e la ritrattazione pubblica della dichiarazione di antifascismo e quella di accettazione del regime, la carriera politica era però segnata e da allora l'A. condusse una vita appartata, ritornando agli studi di medicina e alla produzione poetica. Fra il 1925 e il 1927 collaborò con la «Nuova antologia».

Durante gli anni '30 continuò a manifestare anche interessi sul versante scolastico ed educativo espressi con collaborazioni occasionali con «Scuola italiana moderna» (SPES, n. 1030), l'«Avvenire d'Italia» e «Il Popolo». L'A. morì a Raiano (L'Aquila) il 26 settembre 1943.

[Alberto Barausse]

Fonti e bibliografia: Le carte dell'A. sono in parte conservate presso l'archivio dell'istituto «L. Sturzo», Roma.

DBI, vol. III, pp. 326-328; DSMCI, vol. II, pp. 16-19; EP, vol. I, cc. 637-640; PE, p. 30; SPES, n. 1030; F. Priolo, Medici calabresi illustri, Catanzaro, SETEL, 1952, pp. 181-185; O.G. Mandalari, Uomini e cose della mia Calabria, Roma, Ufficio storiografico dei reduci, 1934, pp. 401-412.

G.A. Borgese, La vita e il libro, saggi di letteratura e cultura contemporanea: prima serie, Torino, Fratelli Bocca, 1910, pp. 235 e 274-281; V.G. Galati, I sonetti religiosi di Antonino Anile, Catanzaro, Ed. Lucana, 1923; Id., Religione e politica, Torino, Gobetti, 1925, pp. 143-148; D. Mondrone, Bellezza, verità e poesia delle cose in Antonino Anile, in Id., Scrittori al traguardo: II, Roma, La Civiltà cattolica, 1943, pp. 245-290; A. Perugini, La figura e l'opera di Antonino Anile, Roma, Ed. Sestante, 1951; V.G. Galati, Antonino Anile, Roma, Edizioni Paoline, 1952; D. Bertoni Jovine, La scuola italiana dal 1870 ai giorni nostri, Roma, Editori Riuniti, 1958, pp. 221, 232-234 e 238; G. De Rosa, Storia del Partito popolare, Bari, Laterza, 1958, pp. 183, 200, 240, 464 e 500-501; R. Fornaca, Benedetto Croce e la politica scolastica in Italia nel 1920-21, Roma, Armando, 1968, pp. 54, 91, 141, 143 e 167; L. Ambrosoli, Libertà e religione nella riforma Gentile, Firenze, Vallecchi, 1980, pp. 20, 28-30, 39-40, 40, 45-46 e passim; M. Ostenc, Le programme scolaire du Parti populaire italien 1918-1920, in «Pedagogia e vita», 1983-1984, n. 1, pp. 69-90; Id., La politique scolaire des Populaires des projets Croce à la reforme Gentile, ivi, n. 2, pp. 171-201; G. Tognon, Benedetto Croce alla Minerva, Brescia, La Scuola, 1990, pp. 29, 32, 111, 226-227, 262-267, 272 e passim.