De Sanctis Francesco

Professioni: Professore, uomo politico, ministro P.I.
Ambiti di produzione: Editoria scolastica, educazione fisica, insegnamento libero, letteratura italiana, politica scolastica
Luoghi di attività: Campania, Piemonte, Svizzera, Italia

Nato a Morra Irpina (Avellino) il 28 marzo 1817, Francesco De Sanctis visse a Napoli dal 1826 ove, dopo i primi studi, fu allievo del marchese Basilio Puoti, noto esponente del purismo meridionale. Tale esperienza fu fondamentale per il D.S. che la rievocò nel ricordo autobiografico La Giovinezza e ne L'ultimo dei puristi, poi incluso nei Saggi critici. Oltre che allievo, il giovane Francesco fu collaboratore di Puoti nel 1834 nell'edizione dei Fatti di Enea del trecentista Guido da Pisa e nella revisione delle Regole elementari della lingua italiana.

Nel 1838 intraprese l'insegnamento di Lingua e di Grammatica italiana agli allievi del Puoti e nel 1841 quello presso il collegio militare della «Nunziatella». Nel 1848 prese parte insieme ai suoi discepoli ai moti insurrezionali antiborbonici, per i quali venne imprigionato. Liberato per un'amnistia, fu di nuovo arrestato per ragioni politiche e rimase in carcere per tre anni, quindi esiliato, prima a Malta e poi a Torino, dove restò fino al 1856 e dove pubblicò importanti saggi critici.

Nella capitale sabauda fu in relazione con gli amici Bertrando Spaventa, Ruggero Bonghi, Antonio Scialoja, Stanislao Mancini e Giuseppe Massari che vi si erano trasferiti in precedenza e si dedicò all'insegnamento privato. Nel 1856 si recò a Zurigo per insegnare Letteratura italiana al Politecnico federale, su proposta del critico d'arte Giovanni Morelli. L'esperienza zurighese, della quale si ha testimonianza soprattutto attraverso le memorie di Vittorio Imbriani, gli permise di perfezionare gli studi in specie sul Petrarca e sul Manzoni.

A Zurigo, inoltre, stabilì altre importanti relazioni: incontrò Giuseppe Mazzini, Franz Liszt, Matilde Wesendonck, l'ispiratrice del Tristano di Richard Wagner. Le vacanze universitarie furono l'occasione per viaggi in Italia: nell'estate del 1856 ebbe a Belgirate, sul lago Maggiore, un memorabile incontro con Alessandro Manzoni. Rientrato in patria nel 1860, fu nominato da Garibaldi governatore di Avellino e direttore dell'istruzione pubblica. Dal 1860 al 1883, anno della sua morte, fu prevalentemente preso dall'attività politica militante, tranne che negli anni dal 1871 al 1877, in cui tenne la cattedra di Letteratura comparata.

Fu deputato, tre volte ministro della P.I. e vicepresidente della Camera, sempre fedele al principio secondo il quale intorno alla civiltà letteraria si doveva riconoscere l'identità nazionale. La custodia del patrimonio morale, culturale, umano di una Nazione è affidata cioè alla letteratura, che ne rappresenta l'espressione attraverso i secoli. La Storia della letteratura italiana – predisposta come manuale di testo per i licei – non fu progettata solo come ricostruzione del passato, ma era intimamente connessa al presente: nel momento della raggiunta unità nazionale proponeva agli italiani un esame di coscienza che li liberasse dal formalismo, dall'inerzia spirituale e dalla cultura oziosa e che ricostruisse un'unità di pensiero e di azione, di cultura e di vita nazionale, per dare vita ad una cultura attiva e militante, impegnata nella trasformazione della società in un senso autenticamente liberale. Si può, dunque, guardare alla Storia come a un'opera non solo letteraria, ma anche pedagogica in senso lato.

Il D.S. intese trasformare la rivoluzione liberale del Risorgimento nell'evoluzione progressista della società italiana e a tal fine orientò il suo impegno politico che si manifestò in specie sotto il governo della Destra. All'indomani dell'Unità il suo primo ministero (1861-1862) concorse a dare al sistema disegnato dalla legge Casati un'impronta fortemente centralista per contrastare, d'un lato, il peso delle scuole confessionali e, dall'altro, per fare della scuola – in linea con la concezione dello Stato etico proposta dalla cultura neohegeliana napoletana – uno strumento per costruire la Nazione: senza Stato non ci potevano né la Nazione né la libertà.

Dopo la caduta della Destra nel 1876, il D.S. contrastò il trasformismo di Depretis e in un'agguerrita campagna di stampa sul «Diritto» nel 1877 denunciò la grave corruzione politica, fomentata dal trasformismo, richiamando la responsabilità non solo dei politici, ma anche degli educatori. Tra il 1878 e il 1881 tornò per due volte al ministero dell'Istruzione, legando il suo nome al provvedimento che introdusse l'insegnamento della Ginnastica nelle scuole italiane. La decisione di introdurre la pratica ginnastica corrispondeva all'ideale di un italiano dalla «tempra robusta», coerente con la sua concezione di «educazione virile».

La stampa delle opere desanctisiane, anche se raccolte di scritti più antichi o rielaborazioni di passati corsi universitari si sviluppò soprattutto a partire dal 1866: in quella data furono editi i Saggi critici, nel 1869 il Petrarca, nel 1870-1871 la Storia della letteratura italiana, nel 1872 i Nuovi Saggi. Occupò tardi la cattedra di Letteratura comparata all'università di Napoli, assegnatagli dal 1863 e vi svolse quattro importanti corsi: sul Manzoni, sulla scuola liberale, sulla scuola democratica e sul Leopardi.

Risale al 1872 la prolusione universitaria La scienza e la vita, nella quale intendeva arginare le pretese della scienza e della filosofia sopra le esigenze vitali che le avevano promosse. Inoltre la sua preferenza per l'esercitazione e il seminario piuttosto che per la lezione cattedratica e la sua inclinazione per la scuola disinteressata e non in funzione amministrativa lo portarono ad iniziative culturali anche non accademiche, quali – ad esempio – la fondazione nel 1876 di un circolo filologico a Napoli dove, negli ultimi anni della sua vita, tenne conferenze sugli argomenti più vari. Il D.S. morì a Napoli il 29 dicembre del 1883.

[Patrizia Morelli]

Fonti e bibliografia: DBI, vol. XIL, pp. 284-297; DEI, vol. IV, pp. 518-523; EP, vol. II, cc. 3663-3668.

Limitatamente agli scritti apparsi dopo il 1970 relativi agli aspetti educativi e politico scolastici: D. Bertoni Jovine, R. Tisato (edd.), Positivismo pedagogico. De Sanctis, Villari, Gabelli, Torino, Utet, 1973; M. Raicich, Scuola cultura e politica da De Sanctis a Gentile, Pisa, Nistri-Lischi, 1981, pp. 12, 14, 16, 30, 34, 38, 40-42, 48 e passim; S. Soldani, Scuola e lavoro: De Sanctis e l'istruzione tecnico-professionale, in C. Muscetta (ed.), Francesco De Sanctis nella storia della cultura, Roma - Bari, Laterza, 1984, pp. 451-516; A. Carannante, Francesco De Sanctis educatore e ministro, in «Rassegna storica del Risorgimento», 1993, n. 1, pp. 15-34; L. Rocco Carbone, L'educazione al Risorgimento. Francesco De Sanctis da esule a ministro (1848-1961), Napoli, Esi, 1993; G. Chiosso, Alfabeti d'Italia. La lotta contro l'ignoranza nell'Italia unita, Torino, SEI, 2011, pp. 63, 67-68, 70, 73-74, 76, 81-82, 84 e passim; M. Grimaldi, Francesco De Sanctis e la scuola del Risorgimento, in «Belfagor», 2011, n. 5, pp. 530-542; B. Quadrio, Francesco De Sanctis educatore nazionale: La scienza e la vita e l'attività di maestro e ministro, in «History of Education Ï Children's Literature», 2011, n. 2, pp. 59-79; Ead., La Storia del De Sanctis e il progetto di educazione nazionale, ivi, 2012, n. 2, pp. 97-112.