De Cosmi Giovanni Agostino

Professioni: Sacerdote, professore, direttore, educatore
Ambiti di produzione: Insegnamento libero, pedagogia
Luoghi di attività: Sicilia

Giovanni Agostino De Cosmi nacque a Casteltermini (Agrigento) il 6 luglio 1726 e appena dodicenne, nel 1838 entrò nel collegio domenicano dei SS. Agostino e Tommaso a Girgenti. Dieci anni più tardi (1748) ottenne il suddiaconato. L'anno successivo venne nominato maestro di Retorica nel seminario locale, ove respirò il clima culturale del giansenismo che ne segnava il progetto culturale e pedagogico, proseguendo gli studi di letteratura e di storia e raffinando gli strumenti dell'eloquenza oratoria, arte in cui già nel 1745 si era dimostrato abile con una Orazione funebre per il domenicano Mariano Leonardi.

Nel 1751, ritiratosi dall'insegnamento per motivi di salute, il D.C. tornò a Casteltermini ove restò fino al 1754 quando si recò per un breve soggiorno a Palermo; qui conobbe Antonino Calvo, Tommaso D'Orso, Ludovico Nava e soprattutto Vincenzo Fleres, personalità ricca e suggestiva, che lo avvicinò alla Metafisica del Wolff ed al pensiero di Leibniz. Nel 1755 il nuovo vescovo, mons. Andrea Lucchesi Palli, confermò al D.C. la cattedra di Retorica nel seminario di Girgenti. Pochi mesi dopo però tutti i domenicani, e perciò anche il D.C., abbandonarono il seminario.

Questi tornò tuttavia nuovamente a Casteltermini e diede vita ad una scuola privata nella sua casa, una «accademia quotidiana», in cui guidava alcuni giovani sacerdoti all'interpretazione delle Sacre Scritture e alla comprensione della teologia. Nel novembre 1759 fu incaricato dagli amministratori di Castronovo di dirigere le scuole pubbliche, congiunto al compito di provvedere all'insegnamento di Belle lettere, Geometria e Filosofia.

Nel 1762 mons. Salvatore Ventimiglia, vescovo di Catania e gran cancelliere dell'università degli studi, chiamò il D.C. ad assumere la doppia carica di direttore spirituale del seminario dei chierici ed esaminatore del clero. Di qui in poi il D.C. andò predisponendo piani per il miglioramento degli studi ecclesiastici e universitari per renderli più coerenti con le esigenze del tempo.

Al principiare degli anni '80, con l'inizio del viceregno del marchese D. Caracciolo, il D.C. condivise il vasto programma di riforme intraprese in quegli anni (Commentario alle riflessioni del marchese D. Caracciolo con una digressione sulla pubblica educazione, 1786). I suoi interessi si spostarono dalle tematiche filosofiche e teologiche (peraltro mai abbandonate) verso l'economia politica e l'educazione popolare.

Le riflessioni decosmiane corrisposero alle tendenze innovatrici della monarchia che intendeva promuovere l'istruzione delle classi inferiori per mezzo del «metodo normale»: il D.C. venne chiamato a Napoli nel 1786 con lo scopo di impadronirsene. A tal fine entrò in contatto con i padri celestini Alessandro Gentile e Ludovico Vuoli, approfondendo la nuova pratica didattica presso il monastero di S. Pietro a Majella fino al marzo del 1787. Dopo un breve soggiorno romano, tornò in Sicilia dove ebbe l'incarico di direttore generale della riforma delle scuole.

L'impostazione educativa connessa al metodo normale con la relativa diffusione della scuola popolare si opponeva nettamente al tipo di educazione aristocratica ed elitaria tradizionalmente corrente ad opere delle congregazioni religiose, in primis i Gesuiti. L'aristocrazia non parve apprezzare la novità. Il D.C. continuò comunque la sua attività di organizzazione culturale e di studio fino agli ultimi anni della sua lunga vecchiaia, componendo i Principii generali del discorso e della ortografia (1790); I memorabili di Socrate (1790); Metodi e principii generali del discorso (1792).

A interrompere la serenità della vecchiaia intervenne nel 1794 l'accusa sollevata dall'arcivescovo di Palermo e presidente del Regno, Filippo López y Royo, di aver partecipato alla congiura giacobina capeggiata da F.P. di Blasi. L'accusa, evidentemente infondata, rimase priva di conseguenze, e il D.C. poté continuare e ultimare la scrittura degli Elementi di filologia italiana e latina (1796-1805). La morte lo colse a Palermo il 24 gennaio 1810.

[Raffaele Tumino]

Fonti e bibliografia: DBI, vol. XXXIII, pp. 571-575; EP, vol. II, cc. 3536-3537; PE, p. 164; A. Pavolini, Dizionario dei Siciliani Illustri, Palermo, Trimarchi, 1938, p. 166; F. Armetta (ed.), Luce del pensiero. Dizionario di filosofi, pedagogisti e liberi pensatori siciliani, Palermo, Istituto magistrale statale «Regina Margherita», Palermo, 2005, p. 59.

G. Di Giovanni, La vita e le opere Giovanni Agostino De Cosmi, Palermo, Virzì, 1888; E. Catalano, Giovanni Agostino De Cosmi e l'illuminismo, in «Rivista pedagogica», 1925, pp. 634-662; Id., Liberalismo economico e religioso e filogiansenismo in Giovanni Agostino De Cosmi, ivi, 1926, pp. 527-577; Id., Il pensiero pedagogico di Giovanni Agostino De Cosmi, ivi, 1928, pp. 124-144, 179-208 e 264-284; M. Condorelli, Note su Stato e Chiesa nel pensiero degli scrittori giansenisti siciliani del secolo XVIII, in «Il Diritto ecclesiastico», 1957, pp. 356-359, 365 e 376; F. Cangerni, Le scuole di mutuo insegnamento in Sicilia, in «Nuovi Quaderni del Meridione», 1963, p. 432; C. Caristia, Riflessi politici del giansenismo italiano, Napoli, Liguori, 1964, ad indicem; S.A. Costa, La scuola e la grande scala, Palermo, Sellerio, 1990, pp. 87, 262, 447 e 509.