Dall'Ongaro Francesco

Professioni: Professore universitario, scrittore, uomo politico
Ambiti di produzione: Editoria scolastica, educazione infantile, politica scolastica
Luoghi di attività: Veneto, Friuli Venezia Giulia

Nato a Mansuè (Treviso) il 19 giugno 1808 da Sante ed Elisabetta Fantin, Francesco Dall'Ongaro visse da giovane ad Oderzo per entrare poi nel seminario di Vittorio Veneto. Nel 1832 fu ordinato sacerdote, senza obbligo di residenza. Abbandonata presto la tonaca, continuò nella ricerca di una propria fede religiosa, che approdò all'unità mazziniana «Dio e popolo», vero punto di saldatura in lui, come è stato notato, «tra coscienza morale e coscienza politica». Fece propri anche gli ideali politici repubblicani dell'amico Mazzini, ma si orientò, in seguito, in modo diverso, diventando un sostenitore dei Savoia. A lungo fu tenuto sotto controllo dalla polizia asburgica.

Approdò a Trieste alla fine del 1837, e si fermò nella città di S. Giusto per una decina di anni. Espulso nel 1848, partecipò ai moti di Venezia e fu membro della Repubblica romana, fino alla sua caduta nel luglio del 1849. In seguito dovette rifugiarsi all'estero e rientrò in Italia nel 1859, stabilendosi a Firenze. Nel 1861 fu nominato professore di Letteratura italiana drammatica presso il ginnasio fiorentino – e, in quella veste, stabilì relazioni con Luigi Capuana, Giovanni Verga ed il giovane Carlo Lorenzini – e fu poi docente nell'università di Napoli.

Penna instancabile, piacevole conversatore, fu autore versatile, con una produzione sempre nuova di ballate, melodrammi teatrali, commedie a sorpresa, memorie storiche, novelle, schizzi comici, rime vernacole, stornelli dialettali, libelli anticlericali, una favola boccaccesca, fino a spingersi a studi critici sul teatro indiano. La sua traduzione della Fedra di Racine incontrò un successo internazionale e conquistò lo stesso imperatore Napoleone III. I suoi versi furono messi in musica da vari compositori, tra cui il triestino Francesco Sinico. Ebbe larga diffusione il suo dramma storico Il fornaretto (1846), nel quale raccontò la nota vicenda di un giovane fornaio nella Venezia del 1507, condannato a morte, innocente, per assassinio.

Il periodo triestino del D. fu caratterizzato da un'intensa attività. Appena giunto in città entrò a far parte dei circoli culturali che ruotavano attorno al giornale «La Favilla», fondato nel 1836 e di cui fu direttore dal 1838 al 1846. Il giornale, sotto la sua guida, diventò la prima scintilla dell'irredentismo triestino, fedele al motto dantesco con cui era nato: «Poca favilla gran fiamma seconda».

Con la guida del D. e la collaborazione di Pacifico Valussi il giornale uscì dal municipalismo di Domenico Rossetti e divenne un ponte da una fase in cui Trieste intendeva ancora la «nazionalità» come aspetto culturale a una fase in cui l'italianità di Trieste diventò irredentismo. Per «La Favilla» il D. scrisse oltre ad articoli di letterari e critici anche alcuni contributi d'interesse pedagogico sugli asili di carità e sull'educazione delle giovinette traviate.

Insieme a Antonio Carlo Lorenzutti difese la causa del primo asilo aportiano aperto a Trieste (1841) contro l'ostilità dell'amministrazione austriaca, che vedeva in esso un canale di idee sovversive. Sulla «Favilla» del 21 novembre 1841, riportò in evidenza la Relazione di G. Codemo, il professore di Treviso che su segnalazione dello stesso Ferrante Aporti era stato chiamato a Trieste per una corretta applicazione della metodologia aportiana nell'asilo triestino. Successivamente riconfermò pubblicamente il valore dell'iniziativa, con la conferenza Alcune osservazioni sugli asili infantili, (Gabinetto di Minerva, 3 gennaio 1845).

Lo scrittore trevigiano sostenne il conte Franz Seraph Stadion, uomo nuovo nel panorama austriaco, da poco nominato Luogotenente del Litorale (1841), ancora indeciso se andare incontro alla richiesta della municipalità che le scuole sotto la sua amministrazione usassero per l'insegnamento la lingua italiana e non più quella tedesca, come invece stabiliva la legislazione austriaca in vigore, una decisione difficile, perché in realtà esulava dalle sue reali competenze. Il conte Stadion non solo diede il suo assenso (precorrendo così un'uguale concessione che il governo di Vienna fu costretto promulgare, con la legge 2 settembre 1848), ma affidò allo stesso D. l'incarico di scrivere nuovi libri di testo in italiano in sostituzione dei vecchi libri in tedesco.

È probabile anche che il D. abbia appoggiato presso il conte Stadion la proposta di Francesco Sinico di inserire l'educazione musicale nei nuovi programmi per la scuola popolare triestina. È certo comunque che scrisse alcune canzoni per un canzoniere religioso e civile voluto dallo stesso Sinico, La lira del popolo, che rimase a lungo in dotazione delle scuole normali e popolari del Litorale. Per il suo prestigio gli fu assegnata una funzione di controllo nelle pratiche amministrative e la sua firma comparve nelle istruzioni inviate ai parroci ed ai maestri su questioni scolastiche.

Per il D. educazione dell'infanzia, educazione popolare e letteratura erano strettamente unite. Era convinto che «l'uomo era degenerato dalla sua naturale dignità» e poteva venire aiutato a riscattarsi solo se trovava aiuto nella scienza educativa. Come per Niccolò Tommaseo, l'arte doveva rappresentare «la leva di sentimenti generosi e umani» e non limitarsi alla «squisitezza della frase». La letteratura aveva il compito di svolgere una funzione maieutica e di diventare «ancilla populi». Scrisse per l'infanzia Gesta ed eroi del Risorgimento, riedito a più riprese fino al 1927. Pubblicò anche Figlie del popolo (1855), novelle per giovinette, e con intenti analoghi Novelle vecchie e nuove (1869). Il D. morì a Napoli, il 10 gennaio 1873 e l'orazione funebre fu pronunciata da Francesco De Sanctis.

[Claudio Desinan]

Fonti e bibliografia: ACS, Roma, Ministero P.I., fondo Personale (1860-1880), b. 680

DBI, vol. XXXII, pp. 138-143.

P. Valussi, Dell'animo e dell'ingegno di Francesco Dall'Ongaro, Udine, Doretti e soci, 1875; N. Meneghetti, Francesco Dall'Ongaro, Udine, Tip. Bosetti, 1914; La letteratura romantica della Venezia Giulia (1815-1848), Parenzo, Coana, 1931, pp. 157-203; G. Piazza, Francesco Dall'Ongaro a Trieste, in «La Porta orientale», 1932, n. 6, pp. 601-625; R. Scodro, Francesco Dall'Ongaro direttore di giornali a Trieste, Venezia e Roma, Torino, tip. Bona, s.d. (ma post 1940); C. Pagnini, Atteggiamenti di Pacifico Valussi e di Francesco Dall'Ongaro nel 1848, estr. da «La Porta orientale», 1948, n. 3-4, pp. 3-8; G. Negrelli, La Favilla (1836-1846). Pagine scelte della rivista, Udine, Del Bianco, 1985, in particolare pp. 153-157 e 281-322; D. De Rosa, Libro di scorno libro d'onore. La scuola elementare triestina durante l'amministrazione austriaca (1761-1918), Udine, Del Bianco, 1991, p. 93; A. Vivante, Irredentismo adriatico (1912) e Dal covo dei «traditori» (1914), Genova, Graphos, VI ed., 1997, pp. 36-37 e 42-43; A. Porcaro, Francesco Dall'Ongaro tra letteratura ed impegno sociale, Napoli, L.E.R., 1995; G. Bevilacqua, Da Mansuè alla libertà. Francesco Dall'Ongaro direttore della «Favilla», Pordenone, Euro 92, 2003.