Cuoco Vincenzo

Professioni: Uomo politico
Ambiti di produzione: Filosofia, letteratura italiana, pedagogia, politica scolastica, storia
Luoghi di attività: Molise, Lombardia, Campania, Italia

Vincenzo Cuoco nacque a Civitacampomarano (Campobasso) il 1° ottobre 1770. Avviato agli studi nella scuola privata del paese nativo, si trasferì, nel 1787, a Napoli per intraprendere gli studi di Giurisprudenza, durante i quali seguì le lezioni di Francesco Conforti e Mario Pagano, all'epoca docenti nell'ateneo napoletano.

Nel 1790, iniziò a svolgere il tirocinio per accedere all'esame da procuratore presso lo studio di Giuseppe Maria Galanti, allora intento a concludere la Nuova descrizione storico geografica delle Sicilie, affiancandolo nel recupero del materiale documentale, ciò che gli permise di acquisire il metodo della ricerca storica e statistica. Sotto l'egida del Galanti, uno dei maggiori riformisti del tardo '700 napoletano, approfondì il pensiero di Machiavelli, Genovesi e Vico, riconoscendo al maestro il debito contratto dalla cultura napoletana nei suoi riguardi (si veda il necrologio pubblicato dal C. sul «Corriere di Napoli» nel 1806 e riprodotto in Scritti vari, vol. II, pp. 231-234).

Iniziato a esercitare l'avvocatura, patrocinando la causa antifeudale del comune nativo contro il barone locale, il C. si avvicinò agli ambienti riformatori su cui si abbatté la repressione borbonica nel 1794 e nel 1799. Arrestato, dopo la caduta della Repubblica napoletana, con l'accusa di aver partecipato alla stagione repubblicana, fu condannato a vent'anni d'esilio.

Dopo un forzato soggiorno in Francia, pervenne, verso la fine del 1800, a Milano, sede prediletta dai fuoriusciti giacobini meridionali, dove trovò impiego come guardiano aggiunto di magazzino e iniziò l'attività pubblicistica sul foglio governativo «Redattore cisalpino». Nel 1801 maturò il suo giudizio sulla rivoluzione napoletana del 1799, con il Saggio storico, che raccolse da subito ampi consensi, dando il via a una complessa fortuna della sua produzione, caratterizzata da opposte interpretazioni oscillanti tra moderatismo liberale e democratismo giacobino.

In quello stesso studio il C., poneva le premesse della sua concezione politico-pedagogica, fondata sull'analisi delle caratteristiche della rivoluzione promossa da un'élite incapace di riconoscere i bisogni della popolazione e sulla teoria dei due popoli; e indicava nell'educazione popolare la strategia necessaria per la soluzione della questione nazionale.

Il C. vide inizialmente nell'azione di Napoleone la possibilità di realizzare l'unità nazionale, interna all'equilibrio imperiale europeo e tale adesione lo condusse a formulare il programma del «Giornale italiano», da lui diretto dal 1804 al 1806, organo ufficiale della vicepresidenza della Repubblica italiana, impegnato a formare la coscienza nazionale ed educare all'unità e all'indipendenza.

Nel frattempo diede alle stampe il Platone in Italia (1804-1806, 3 voll.), diffuso e apprezzato romanzo allegorico sulle vicende italiche tra rivoluzione ed impero, che permise al C. di porre a base dell'identità nazionale un'endogena tradizione culturale italiana, rintracciata in una antica civiltà etrusca, libera e indipendente, distrutta dalla conquista romana.

Rientrato a Napoli, al tempo della reggenza di Giuseppe Bonaparte, fondò e diresse il «Corriere di Napoli» (1806), poi divenuto «Monitore delle Due Sicilie» (1811), allo scopo di favorire la politica riformista dei napoleonidi. Cooptato nella classe dirigente, il C. assunse numerosi e importanti incarichi e contribuì all'attuazione del piano di riforme.

Nel 1808, sotto la reggenza di Gioacchino Murat, fu nominato membro della commissione chiamata a riformare la pubblica istruzione. Nel piano tracciato nel Rapporto che accompagnava il Progetto di Decreto, l'istruzione veniva definita «universale», «pubblica» ed «uniforme», ovvero comprensiva di ogni ramo del sapere, diretta e controllata dallo Stato mediante l'istituzione della Direzione generale, quale organo preposto ed omogenea in tutto il territorio del Regno.

Finalizzata a formare il cittadino mediante un'educazione letteraria, politica e morale, ma non religiosa, basata su libri di testo preventivamente approvati, pur salvaguardando la libertà di insegnamento del docente, l'istruzione, pubblica e laica, era ripartita in: «elementare», in grado di garantire l'ordine sociale e destinata a tutti, ed in quanto tale gratuita e diffusa; «media» diretta a formare il ceto medio rappresentato dai proprietari e mediatrice tra i restanti ordini, impartita nei ginnasi e nei licei; infine, «sublime», indirizzata ai cultori della scienza e generatrice di progresso, impartita nelle università, nelle accademie, nelle scuole speciali e nell'Istituto nazionale. Il piano trovò solo in parte una realizzazione nel Decreto Organico promulgato nel 1811, in quanto non pienamente collimante con il più vasto programma riformistico che il neo-ministro dell'Interno Giuseppe Zurlo si preparava ad attuare mediante l'azione governativa.

Nominato consigliere di Stato (1810) e membro delle più importanti accademie, il C. ottenne l'incarico a direttore del Tesoro reale (1812), con il compito di riorganizzare il settore amministrativo, sebbene aspirasse a reggere la neonata Direzione generale di P.I., affidata invece a Matteo Galdi.

All'indomani della fuga di Napoleone dall'isola d'Elba, il C. fu tra i più decisi sostenitori del progetto italico di Murat, esortando, dalle pagine del «Monitore», gli «italiani degli stati di Napoli» alla lotta per l'indipendenza. Nonostante ciò, la restaurazione borbonica non ritenne di esonerarlo e lo confermò al Tesoro, ma la malattia nervosa, già manifestata in passato, si fece sempre più acuta conducendolo all'inabilità. Il C. morì a Napoli il 14 dicembre 1823.

[Florindo Palladino]

Fonti e bibliografia: Biblioteca nazionale, Napoli, fondo Cuoco.

DBI, vol. XXXI, pp. 388-402; PE, pp. 153-155; per la bibliografia relativa al C. si rinvia alla voce del DBI e a G. Palmieri Contributo ad una bibliografia di studi su Vincenzo Cuoco, Campobasso, Università degli studi del Molise, 1994; Id., Bibliografia cuochiana: integrazioni e aggiornamenti, in «Annali Cuochiani», 2009-2010, nn. 7-8, pp. 125-131.

Limitatamente ai testi più recenti: W. Carridi, Il pensiero politico e pedagogico di Vincenzo Cuoco, Lecce, Milella, 1981; A. De Francesco, Vincenzo Cuoco: una vita politica, Roma-Bari, Laterza, 1997; F. Tessitore, Filosofia, storia e politica in Vincenzo Cuoco, Lungro di Cosenza, Marco, 2002; A. Cioffi, Il pensiero pedagogico di Vincenzo Cuoco e l'istruzione a Napoli tra Sette e Ottocento, in «Annali dell'Istituto universitario suor Orsola Benincasa», 2002-2003, pp. 54-115; R. Folino Gallo, Alcuni inediti di Vincenzo Cuoco fra le carte della Biblioteca Nazionale di Napoli, in «Rassegna storica del Risorgimento», 2004, n. 3, pp. 323-368; M. Lupo, Tra le provvide cure di Sua Maestà, Bologna, il Mulino, 2005, pp. 113-132; A. De Francesco, L'antichità italica nel modello politico-culturale della stagione napoleonica: Vincenzo Cuoco e il suo «Platone in Italia», in F. Benigno, N. Bazzano, Uso e reinvenzione dell'antico nella politica dell'età moderna. Secoli XVI-XIX, Manduria, Lacaita, 2006, pp. 385-398; R. Gragnaniello, Didattica e istruzione nel Mezzogiorno preunitario, Napoli, Arte Tipografica, 2006, passim ed in particolare pp. 71-73; N. Caprara, Vincenzo Cuoco, in «Annali Cuochiani», 2008, n. 6, pp. 69-87; M.-T. Bouyssy (ed.), Vincenzo Cuoco: des origines politiques du XIX siècle, Paris, Pubblication de la Sorbonne, 2009; M. Lupo, L'attualità di Vincenzo Cuoco tra politica e pedagogia, in «Quaderni dell'Istituto di studi sulle società del Mediterraneo», 2009, pp. 1-8; M. Martirato, Cuoco e la scienza, in R. Mazzolla (ed.), Le scienze nel regno di Napoli, Roma, Aracne, 2009, pp. 29-46; F. Vander, De Philosophia Italica: modernità e politica in Vico e Cuoco, Lecce, Pensa Multimedia, 2010.