Croce Benedetto

Professioni: Ministro P.I.
Ambiti di produzione: Filosofia, politica scolastica
Luoghi di attività: Abruzzo, Campania, Italia

Benedetto Croce nacque a Pescasseroli (L'Aquila) il 25 febbraio 1866. Dopo la morte dei genitori nel terremoto di Casamicciola (1883), si trasferì a Roma presso lo zio Silvio Spaventa. Si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza a Roma, ma non portò a termine gli studi. Tornato a Napoli, dove aveva studiato sino al liceo, si dedicò agli studi eruditi e letterari, poi raccolti in importanti volumi quali Storie e leggende napoletane (1919), Uomini e cose della vecchia Italia (1926) ecc.

Nel 1903 fondò la rivista «La Critica» che diresse sino al 1945 e alla quale successero «I Quaderni della critica», venuti meno con la sua scomparsa. Il ruolo della rivista fu decisivo, in specie negli anni prima della Grande guerra, nell'opporsi il tardo positivismo allora imperante e nel favorire l'ascesa del neoidealismo di cui egli e Giovanni Gentile furono i maggiori corifei. Al tempo stesso sviluppò con l'editore Laterza di Bari uno stretto rapporto editoriale, oltre che di amicizia, promuovendo la nascita di prestigiose collane. Fu nominato senatore del Regno nel 1910.

Sul piano speculativo sviluppò la cosiddetta «filosofia dello spirito» o «filosofia dei distinti» dispiegata in quattro volumi: Estetica come scienza dell'espressione linguistica generale (1902, 3a ed. rifatta 1908), Logica come scienza del concetto puro (1909), Filosofia della pratica. Economica ed etica (1909) e Teoria e storia della storiografia (1917). Particolarmente fecondo fu il suo contributo all'estetica che egli sviluppò in importanti volumi (Problemi di estetica, 1910; Nuovi saggi di estetica, 1919; La poesia, 1936), nei quali sostenne la distinzione tra poesia e letteratura.

Nel secondo decennio del '900 cominciò il suo distacco dal Gentile, nel cui attualismo vedeva appunto una critica alla sua concezione dei distinti, divergenza che trovò un'ulteriore divisione di fronte al primo conflitto mondiale. Il C. reputò, secondo la sua teoria dei distinti, che il filosofo non dovesse essere coinvolto nella particolarità dell'utile, dell'economico, del politico – nel caso specifico del conflitto – mentre Gentile si schierò a netto favore dell'interventismo.

La riflessione elaborata in quegli anni fu pubblicata nel volume L'Italia dal 1914 al 1918 (1919). Dal giugno del 1920 al luglio del 1921 fu ministro della P.I. nell'ultimo ministero Giolitti. In tale veste propose una serie di riforme basate su una sana convivenza e concorrenza tra scuole pubbliche e private, sull'attuazione dell'esame di Stato, sull'avvaloramento della religiosità laica nella scuola di Stato, sull'elevamento dell'obbligo scolastico al 14° anno e sulla lotta all'analfabetismo (Pagine sparse, vol. II, 2a ed., 1960). Il piano restò inattuato, ma sotto certi aspetti aprì la strada alla successiva riforma attuata nel 1923 cui guardò con simpatia. All'avvento (1922) del fascismo assunse una cauta posizione, poi, dinanzi al Manifesto redatto da Gentile che teorizzava i capisaldi del nuovo partito, replicò con il Manifesto degli intellettuali antifascisti (1925).

La spaccatura tra i due più significativi filosofi del tempo non fu più risanata nemmeno sul piano dei rapporti personali. Il C. trascorse gli anni del fascismo come deciso e isolato oppositore al regime, pubblicando opere di largo successo come Storia del Regno di Napoli (1925), Storia d'Italia dal 1871 al 1915 (1928), Etica e politica (1931), Storia d'Europa nel secolo decimonono (1932) e La storia come pensiero e come azione (1938). Diventato in patria un po' il simbolo dell'antifascismo di area liberale, svolse un ruolo politico dopo la caduta del regime, negli anni difficili dei governi Badoglio e Bonomi. Durante quest'ultimo fu ministro senza portafoglio.

Divenuto presidente del Partito liberale italiano, fu eletto tra i costituenti nella lista dell'Unione democratica nazionale. Nel maggio 1947 fondò l'Istituto italiano per gli studi storici, diretto da Federico Chabod. Il 30 novembre del 1947 diede le dimissioni da presidente del Partito liberale italiano. Nel maggio del 1948 ridiventò senatore di diritto.

Attento cultore della storiografia (Storia della storiografia italiana nel secolo decimono, 1921), erudito di profonda capacità interpretativa (Aneddoti di varia letteratura, 2a ed. 1953-54 ecc.), scrittore dal piacevole e chiaro dettato, importantissimo storico della letteratura italiana e straniera (Goethe, 1919; Ariosto, Shakespeare e Corneille, 1920; La poesia di Dante, 1920; Poesia e non poesia, 1923; La letteratura della nuova Italia, 6 voll., 1914-40; Poesia antica e moderna, 1941), il C. fu considerato il campione della «religione della libertà», che egli intravide spiritualmente nello sviluppo dello spirito e politicamente nel liberalismo.

Ciò lo rese un punto di riferimento in Italia e tuttavia nelle sue ultime opere filosofiche (Il carattere della filosofia moderna, 1941; Discorsi di varia filosofia, 1945; Filosofia e storiografia, 1949; Indagini su Hegel, 1952) la volizione del particolare, chiamata vitalità, non apparve più una categoria singola, bensì immanente in ogni categoria. Come scrisse in Indagini su Hegel: «verso il mero “sé stesso” non hanno luogo doveri morali, perché quel sé stesso è mera vitalità, che per sé si afferma e svolge di qua dalla morale» (p. 134). In tal modo lo storicismo ottimistico, proprio per la rivendicazione dell'individualità, cedeva all'affermazione della negativa richiesta dell'utilitarismo soggettivistico.

Non particolare attenzione il C. riservò alla pedagogia stricto sensu, accettando di buon grado quanto ne scriveva il Gentile, le cui tesi gli furono anche presenti durante il ministero, condividendo la tesi che la pedagogia come scienza filosofica non potesse che avere realtà se non come filosofia dello spirito. Il C. morì a Napoli il 20 novembre 1952.

[Hervé A. Cavallera]

Fonti e bibliografia: Fondazione biblioteca «B. Croce», Napoli, archivio Croce; la raccolta più organica, tra i carteggi sino ad ora pubblicati, è quella diretta dall'Istituto italiano per gli studi storici e distribuita da Il Mulino; per la bibliografia cfr. E. Cione, Bibliografia crociana, Milano, Bocca, 1956; S. Corsari (ed.), L'opera di Benedetto Croce. Bibliografia, Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, 1964.

DBI, vol. XXXI, pp. 181-205; DEP, app., pp. 128-130; EF (ed. Centro di studi filosofici di Gallarate, 1957), vol. I, pp. 1356-1364; EIPS, vol. I, pp. 619-621; EP, vol. II, cc. 3383-3389; IBI, p. 1110; PE, p. 153.

Limitatamente alle opere più significative e a quelle con attinenza a tematiche educative: L'opera filosofica, storica e letteraria di Benedetto Croce, Bari, Laterza, 1942; F. Nicolini, Benedetto Croce, Torino, UTET, 1962; F. Nicolini, Il Croce minore, Milano-Napoli, Ricciardi, 1963; R. Fornaca, Benedetto Croce e la politica scolastica in Italia nel 1920-21, Roma, Armando, 1968; V. Vitiello, Storiografia e storia nel pensiero di Benedetto Croce, Napoli, Libreria Scientifica, 1968; H.A. Cavallera, Attività educativa e teoria pedagogica in Benedetto Croce, Bologna, Ed. Magistero, 1979; G. Sasso, Per invigilare me stesso. I taccuini di lavoro di Benedetto Croce, Bologna, il Mulino, 1989; G. Tognon, Benedetto Croce alla Minerva, Brescia, La Scuola, 1990; G. Sasso, Filosofia e idealismo. Benedetto Croce, Napoli, Bibliopolis, 1994.