Cobolli Nicolò

Professioni: Maestro, professore
Ambiti di produzione: Educazione giovanile, ginnastica, pedagogia
Luoghi di attività: Istria, Friuli Venezia Giulia

Nato a Capodistria il 31 gennaio 1861, Nicolò Cobolli, all'origine Cobol, fu studente del ginnasio di Capodistria, maestro di scuola e fervente irredentista. Ottenuta a Graz (1889) la licenza di insegnante di educazione fisica fu poi nominato professore e direttore della Scuola civica di ginnastica e si adoperò a fondo perché questa disciplina trovasse diffusione in ogni età e classe sociale, come avrebbero fatto due altre notevoli figure educative triestine, Costantino Reyer Castagna e Gregorio Draghicchio.

Studioso di toponomastica e innamorato del Carso, fu attivo socio della Società alpina delle Giulie, con memorie, appunti, segnalazioni apparse su vari periodici. Fu convinto fautore dell'escursionismo tra i giovani in quanto «scuola di elevamento morale e fisico» e occasione «per insegnare ad amare il proprio paese» (Itinerari di escursioni e salite nella Venezia Giulia e con particolare riflesso ai dintorni di Trieste, 1921). Probabilmente fu proprio il C. a ispirare le uscite didattiche della Società pedagogica triestina, promuovendo quell'amore per la montagna e la passeggiata che avrebbe caratterizzato anche in seguito la cultura giuliana e trovato il suo massimo sostenitore in Julius Kugy.

Per i suoi ideali irredentisti all'inizio della Grande guerra fu deportato nel castello di Göllersdorf, dove furono rinchiusi altri patrioti triestini e goriziani, esperienza che divenne materia delle Memorie del mio esilio (1924). Il successivo lavoro, L'opera di un cospiratore di Capodistria nella storia del risorgimento politico giuliano 1851-1891 (1928), è occasione di conoscenza dell'irredentismo.

Il C. merita attenzione, inoltre, per altre due importanti ragioni. La prima è che, accanto a Vittorio Castiglioni, di vent'anni più anziano di lui, fu una delle personalità pedagogiche più in vista nella Trieste d'inizio '900. Formato alla «scuola antropologica» di Lino Ferriani (1862-1921), secondo cui le leggi dell'ereditarietà potevano venire corrette attraverso una buona educazione iniziata fin dall'infanzia, conosceva bene anche i pedagogisti del nostro Umanesimo. Nei loro scritti apprezzava soprattutto il riconoscimento del valore educativo dell'attività ludica, che per il professore triestino altro non era che una forma naturale della ginnastica (Educazione fisica e Scuole Medie, 1904, e Il gioco nella storia dell'educazione fisica, 1905).

Sostenuto da una solida conoscenza della realtà scolastica internazionale (aveva visitato le scuole di Boston e numerosi istituti tedeschi), era convinto che nell'arte di educare dovevano trovare fusione «tutte le conoscenze positive che servivano a migliorare la natura dell'uomo», dalla psicologia alla biologia.

Nel saggio Democrazia e riforma dell'educazione (1912) accusò il sistema scolastico triestino di essere guidato da «interessi egoistici di classe o di confessione o da arcaici pregiudizi» e di costringere gli alunni a star chini in studi che trascuravano l'intero settore scientifico-pratico. Al contrario, la scuola avrebbe dovuto proporre un'educazione «basata su esperienze materiali eseguite e su risultanti deduzioni veritiere», perché solo un modello educativo così orientato avrebbe potuto diventare di base per una concezione liberale della società.

La seconda ragione d'attenzione per il C. deriva dal fatto che il suo nome è legato all'istituzione a Trieste dei ricreatori comunali. Già nel 1889 l'Associazione progressista Pro patria aveva segnalato la necessità di dotare la città di centri giovanili, per togliere dalla strada le bande di ragazzi che si sfidavano, anche violentemente. Negli anni successivi era stato aperto il ricreatorio intitolato a S. Vincenzo de' Paoli (1895) e tre anni dopo quello salesiano (1898).

Felice Venezian invitò allora il C. a preparare il progetto per un ricreatorio comunale laico. Il primo fu aperto in via Settefontane (1908) e nel 1915 Trieste poteva contare su altre cinque sedi, in altrettanti rioni cittadini. I ricreatori ebbero successo ed ottennero l'elogio di visitatori illustri come Burgerstein, Claparède e Groos (I ricreatori. Ordinamento e vita, 1914 e Un po' di storia dei ricreatori del Comune e della Lega Nazionale di Trieste, 1929).

Nelle intenzioni del C., i ricreatori comunali dovevano completare l'opera della scuola ed influire «sull'ingentilimento dell'anima del ragazzo» attraverso «una ben intesa educazione morale e sociale», svolta «senza preconcetti e prevenzioni». I programmi erano basati fin dall'inizio su di una visione globale dell'azione educativa e offrivano molteplici attività, dalla tradizionale educazione fisica alla musica, dal canto al lavoro manuale, all'attività filodrammatica. Tutte iniziative affidate a una figura educativa innovativa, il «maestro di campo». I ricreatori si innestarono nel tessuto cittadino e vennero indicati come modello di formazione extrascolastica e presentati come il «fiore all'occhiello» della politica educativa del Comune di Trieste, in alternativa all'oratorio dei salesiani e più in generale per ostacolare l'azione anti-italiana che il clero di Trieste, in prevalenza sloveno, esercitava su una parte della gioventù. Il C. morì a Trieste il 24 marzo 1931.

[Claudio Desinan]

Bibliografia: B. Roncalli Del Conte, I ricreatori di Trieste, Trieste, PRO-RA, 1956; L. Milazzi, Politica scolastica ed Irredentismo. I ricreatori comunali a Trieste, Udine, Del Bianco, 1974 (con lo statuto, i regolamenti e un'ampia bibliografia); L. Trisciuzzi, Laicismo e socializzazione nei ricreatori triestini agli inizi del Novecento, in L. Rossi (ed.), Cultura, istruzione e socialismo nell'età giolittiana, Milano, Angeli, 1991, pp. 147-158; M.T. Bassa Poropat, G. Cappellari, D. De Rosa, I ragazzi del muretto. I luoghi della comunicazione. L'esperienza dei ricreatori di Trieste, Padova, CLUEP, 1993; A. Andri, Fonti per la storia della scuola nel periodo fascista, in Associazione nazionale archivistica italiana, Sezione Friuli-Venezia Giulia, La lavagna nera. Le fonti per la storia dell'istruzione nel Friuli-Venezia Giulia, Trieste, Stella, 1996, pp. 212-213.