Casati Alessandro

Professioni: Ministro P.I.
Ambiti di produzione: Cultura religiosa, movimento cattolico, politica scolastica
Luoghi di attività: Lombardia, Italia

Alessandro Casati nacque a Milano il 5 marzo 1881, esponente di una delle famiglie più in vista della nobiltà lombarda (tra i suoi membri annoverava Teresa e Gabrio Casati, Federico Confalonieri, Emilio Morosini) di cui condivise gli ideali della tradizione cattolico-liberale.

Laureato in Giurisprudenza presso l'università di Genova (1905), avvertì forte negli anni giovanili l'esigenza di una rinnovata e autentica religiosità che fondasse la rinascita culturale e morale del Paese. Tale esigenza, condivisa soprattutto con l'amico Tommaso Gallarati Scotti, trovò alimento nella frequentazione di padre Giovanni Semeria a Genova e negli incontri a Milano con il filorosminiano padre Pietro Gazzola, e sfociò nella fondazione nel 1907 con lo stesso Gallarati Scotti e Antonio Aiace Alfieri della rivista di studi religiosi «Il Rinnovamento».

Alla censura dell'autorità ecclesiastica e alla condanna di modernismo che colpì la rivista alla fine del 1907, il C. reagì scegliendo di rimanere alla guida del periodico (che sospese le pubblicazioni nel 1909) in nome dell'autonomia e del primato della coscienza, ma senza mai mettere in discussione l'autorità della Chiesa. Nel frattempo, spinto dagli interessi filosofico-speculativi, maturò l'incontro con il pensiero filosofico di Benedetto Croce, con il quale strinse un'amicizia che durò tutta la vita.

Nel contempo si avvicinò a «La Voce» di Giuseppe Prezzolini, consapevole che «Il Rinnovamento» svolgeva un'opera importante, ma parziale nel panorama della cultura italiana. Nella rivista fiorentina, il C. rivestì soprattutto il ruolo di consigliere e di guida, sollecitando attenzione per la questione religiosa. La collaborazione con il Prezzolini non fu tuttavia facile per contrasti insorti a causa di un certo anticlericalismo strisciante e l'appoggio dato alla proposta di Giolitti di introdurre il suffragio universale.

Nel 1913 appoggiò la nascita del periodico magistrale «La Nostra scuola» (SPES, n. 725) di Angelo Colombo e Gian Cesare Pico e l'anno successivo sostenne anche la fondazione della Biblioteca circolante dei maestri italiani, prendendo parte alle prime riunioni organizzative del comitato promotore.

Volontario nella Grande guerra, pluridecorato, al ritorno dal conflitto, in qualità di militare, si recò a Parigi per la Conferenza di pace. La partecipazione agli eventi bellici lo portò a maturare la consapevolezza della necessità di un impegno pubblico che declinò secondo il modello proposto da Croce e Giovanni Gentile, ovvero mosso dalla volontà di mettere la cultura al servizio della nazione, soprattutto della riforma dell'educazione. Nel 1919 il C. tenne a battesimo a Milano la nascita del Gruppo d'azione per le scuole del popolo, di cui assunse la presidenza. Divenuto ministro della P.I., Gentile – che a lui e a Pintor aveva dedicato Guerra e fede (1919) perché avevano «lasciati i libri per le armi» – volle il C. (nel 1923 nominato senatore) membro del rinnovato Consiglio superiore della P.I., di cui divenne vicepresidente (1923-1924).

La piena sintonia con la riforma scolastica del 1923 fu la ragione per la quale Gentile, all'indomani delle sue dimissioni dal governo Mussolini, d'accordo con il Croce, fece il suo nome come successore alla Minerva. Il C. accettò, in quanto era animato ancora, come una parte della classe dirigente liberale, dall'illusione di normalizzare il fascismo, anche dopo il delitto Matteotti, e sostenuto dall'idea di dovere accettare questa responsabilità per il bene della nazione.

In tale veste si preoccupò di tutelare i fondamenti della riforma gentiliana dagli attacchi e dalle pressioni che venivano dall'opinione pubblica, dal mondo della scuola e dalle forze politiche, fascismo compreso, ma ammise la necessità di qualche modesto ritocco. Dopo il discorso di Mussolini alla Camera del 3 gennaio 1925, il C. che già nel settembre del 1924, in polemica con il Duce, aveva rassegnato le dimissioni poi di fatto rientrate, uscì dal governo separando così definitivamente le proprie responsabilità da quelle del fascismo.

Lontano dalla vita pubblica, si dedicò con rinnovato vigore alle ricerche erudite e agli studi storici dando alle stampe tra gli anni '30 e '40 le sue opere più significative in questo ambito. Mentre la sua residenza milanese, con l'imponente biblioteca a lui molto cara, veniva distrutta dai bombardamenti del febbraio del 1943, il C., a Roma, tornò a occuparsi della vita politica preparando la rinascita del Partito liberale che rappresentò nel Comitato di liberazione nazionale. Dopo la liberazione di Roma, entrò nel governo Bonomi come ministro della Guerra, prodigandosi per il rafforzamento del Corpo italiano di liberazione e aiutando le formazioni partigiane del Nord. Ancora una volta accettò e portò avanti questo compito ritenendolo un impegno morale, cui restò fedele anche dopo la morte dell'unico figlio, caduto in guerra nel 1944, dopo essersi arruolato nel Corpo italiano di liberazione.

Al ritorno della democrazia, rivestì numerosi incarichi pubblici (membro della Consulta Nazionale, senatore dal 1948, membro della delegazione italiana all'Assemblea del Consiglio d'Europa e di quella all'Unesco) e fece parte degli organismi direttivi di alcune iniziative culturali (Istituto italiano di studi storici, Commissione per la pubblicazione dei documenti diplomatici). Fu nuovamente chiamato a far parte del Consiglio superiore della P.I. e ne fu vicepresidente ancora una volta dal 1948 al 1951. Il C. morì nella sua villa a Arcore (Milano, ora Monza Brianza) il 4 giugno 1955.

[Carla Ghizzoni]

Fonti e bibliografia: ACS, Roma, carte Alessandro Casati; altra documentazione in Biblioteca Ambrosiana, Milano e presso il Museo del Risorgimento di Milano.

DBI, vol. XXI, pp. 207-211; SPES, n. 725.

A. Pellegrini (ed.), Tre cattolici liberali. Alessandro Casati, Tommaso Gallarati Scotti, Stefano Jacini, Milano, Adelphi, 1972, pp. 145-209, 283-285 e 307-338; G. Turi, Giovanni Gentile. Una biografia, Firenze, Giunti, 1995, pp. 231, 258, 322, 337-338, 340 e 379; J. Charnitzky, Fascismo e scuola. La politica scolastica del Regime (1922-1943), Firenze, La Nuova Italia, 1996, pp. 202-213 e 264; M. Galfré, Una riforma alla prova. La scuola media di Gentile e il fascismo, Milano, Angeli, 2000, pp. 50, 63 e 247; M.M. Rossi, Il Gruppo d'azione per le scuole del popolo (1919-1941), Brescia, La Scuola, 2004, pp. 48-49, 51, 72-73 e 102-103.