Calò Giovanni

Professioni: Professore universitario, uomo politico
Ambiti di produzione: Filosofia, pedagogia, politica scolastica, storia della pedagogia
Luoghi di attività: Puglia, Toscana, Italia

Giovanni Calò nacque a Francavilla Fontana (Brindisi) il 24 dicembre 1882. Compì gli studi filosofici nell'università di Firenze sotto la guida del filosofo Francesco De Sarlo, figura significativa della cultura avversa all'idealismo. Nel solco tracciato dal maestro, il Calò fu critico puntuale del neoidealismo prima e dell'attualismo gentiliano poi, orientandosi verso un realismo spiritualista con influssi herbartiani, basato sull'interpretazione della filosofia come sintesi delle scienze della natura e delle scienze dello spirito.

Nei primi anni del secolo, oltre a collaborare alla rivista del De Sarlo «La Cultura filosofica» e ad altre pubblicazioni scientifiche di rilievo (la «Rivista filosofica», la «Rassegna nazionale» e altre) diede alle stampe alcuni significativi lavori sia di carattere filosofico (L'individualismo etico nel secolo XIX, Il problema della libertà nel pensiero contemporaneo, entrambi apparsi nel 1906) sia di interesse pedagogico verso cui, in seguito, avrebbe preferenzialmente orientato la propria ricerca (Fatti e problemi nel mondo educativo. Saggi, 1911) con un rilievo particolare per le tematiche etico-educative.

Nel 1911, già professore incaricato all'Istituto superiore di perfezionamento di Firenze, partecipò con Giuseppe Lombardo Radice e Guido Della Valle al concorso per la cattedra di Pedagogia presso l'università di Catania, nel quale si classificò secondo dietro al Lombardo Radice; il concorso vide una violenta polemica tra il Calò e il filosofo Giovanni Gentile, maestro del Lombardo Radice e membro della commissione d'esame, che sfociò nella sua ricusazione come commissario per la severità (ritenuta preconcetta) delle sue recenti recensioni ai lavori di Calò e Della Valle, iniziativa rimasta tuttavia senza conseguenze.

Lo stesso anno, il C. fu chiamato come ordinario di Pedagogia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell'ateneo fiorentino ove restò fino al termine della carriera. Nel secondo decennio del secolo andò via via affermandosi come uno dei principali protagonisti della cultura pedagogica nazionale, rappresentando insieme a Giovanni Vidari l'espressione della cosiddetta «terza via» tra tardo positivismo ed emergente neoidealismo (Il problema della coeducazione e altri studi pedagogici, 1914; L'educazione degli educatori, 1914, manuale per le scuole normali in 2 voll., più volte riedito).

All'impegno accademico il C. associò la militanza politica. Eletto deputato al Parlamento nei collegi di Lecce, Brindisi e Taranto per la XXV (1919-1921) e la XXVI legislatura (1921-1924), ricoprì l'incarico di segretario alla Presidenza della Camera dei deputati (26 giugno 1920-7 aprile 1921) e sottosegretario del ministero della P.I. durante il primo ministero Facta (26 febbraio-1° agosto 1922). Verso la riforma del 1923 manifestò sostanziali riserve che coincidevano con la natura stessa della critica verso Gentile e il neoidealismo. Ritiratosi dall'agone politico per circa un ventennio si tuffò negli studi.

Nel 1925 il docente pugliese, ma ormai fiorentino di adozione, organizzò la Mostra didattica nazionale di Firenze, che contribuì con la sua opera a rendere permanente, fondando nel 1928 il Museo didattico nazionale di Firenze, di cui fu nominato direttore, incarico che mantenne fino al 1938. In questo fase alternò interessi di pedagogia scolastica (in specie con la piccola ma vivace rivista «Vita scolastica» organo del Museo stesso, 1929-1938, SPES, n. 1233, molti degli articoli ivi pubblicati furono raccolti in volume tra il 1935 e il 1939), la curatela di alcuni importanti testi della pedagogia attivistica (Ferrière, Kerschensteiner) e la ricostruzione di alcune pagine di storia della pedagogia (Dottrine e opere nella storia dell'educazione, 1932; Dall'Umanesimo alla scuola del lavoro. Studi e saggi di storia dell'educazione, 1940).

L'attenzione alla storia pedagogica lo portò a progettare la pubblicazione dei Monumenta Italiae Paedagogica, che non videro tuttavia mai la luce. Nel 1941, quando il Museo nazionale della scuola fu trasformato dal ministro della P.I. Giuseppe Bottai in Centro didattico nazionale, il C. fu chiamato a ricoprire la carica di presidente. Dopo l'armistizio del 1943, a causa dei sospetti di connivenza con il regime, fu costretto ad abbandonare Firenze, dove rientrò nell'agosto 1944.

Nel frattempo la sua riflessione pedagogica vide spostare il suo baricentro dal tema dei valori umanistici a una forma di spiritualismo cristiano in quanto espressione di valori morali universali capaci di garantire, più di ogni altro ideale, la dignità dell'uomo e della sua esistenza. L'umanesimo cristiano di C. si propose come una posizione meta-ideologica in grado di assicurare senso e valore alla società italiana.

Dal 1944 al 1947 fu preside della facoltà di Lettere e Filosofia, ma il suo nome negli anni dell'immediato secondo dopoguerra fu soprattutto legato al ruolo di presidente della Commissione d'inchiesta sullo stato della scuola in Italia (aprile 1947-aprile 1949) e di vice-presidente della Consulta didattica nazionale per la riforma dei programmi scolastici, istituita nel 1950 dal ministro P.I. Guido Gonella. Lo stesso ministro nel 1949 restituì al Centro didattico nazionale di Firenze la voce di bilancio prevista dalla legge istitutiva e nominò presidente il Calò, che mantenne tale carica fino alla morte.

Il C. ricoprì numerosi altri incarichi, tra cui quello di direttore della Scuola magistrale ortofrenica di Firenze, di presidente dell'Associazione pedagogica italiana, da lui fondata nel 1950 insieme ad altri eminenti pedagogisti, di presidente del consiglio direttivo del Bureau international d'éducation e di delegato permanente dell'Italia alle Conférences internationales de l'instruction publique con sede, in entrambi i casi, a Ginevra. Collaborò inoltre a numerose riviste scientifiche, di cultura e magistrali. Nel 1965 raccolse tutti i suoi maggiori scritti storico-educativi nel volume Pedagogia del Risorgimento. Il C. morì a Francavilla Fontana il 25 maggio 1970.

[Juri Meda]

Fonti e bibliografia: carte del Calò sono state a lungo conservate dalla famiglia, poi sono state cedute dagli eredi a un antiquario alla fine degli anni ‘90, presso il quale sono state in parte riscattate da chi scrive nel 2009; si conservano sue lettere in svariati archivi come, ad esempio, l'Accademia dei Lincei, Roma e la Fondazione «G. Gentile», Roma.

DBI, vol. XVI, pp. 782-785; DEP, vol. I, pp. 474-475; EF (ed. Edipem, 1979), vol. II, pp. 14-15; EP, vol. II, cc. 2124-2131; PE, p. 106.

F. Battaglia, Il pensiero e l'opera di Giovanni Calò, in Il pensiero e l'opera di Giovanni Calò, Lecce, Tip. di Matino, 1956; E. Petrini, Giovanni Calò e l'opera sua, Firenze, Editrice universitaria, 1959; S. Caramella, Il senso storico di Giovanni Calò, in «Rassegna pugliese», 1966, n. 7-8, pp. 3-6; E. Petrini, Di Giovanni Calò e della libertà, in «Pedagogia e vita», 1970, n. 4, pp. 349-364; Id., Giovanni Calò: dal realismo spiritualista all'umanismo cristiano, Firenze, Le Monnier, 1971; Id., Giovanni Calò nella cultura e nella pedagogia italiana, in «Pedagogia e vita», 1973-1974, n. 4, pp. 61-69; G. Chiosso, Giovanni Calò e il realismo pedagogico tra gli anni Venti e Trenta (1923-1936), ivi, 1984-1985, n. 4, pp. 411-434; G. Elia, C. Laneve, Pedagogia e scuola in Giovanni Calò, Fasano, Schena, 1987; G. Turi, Giovanni Gentile. Una biografia, Firenze, Giunti, 1995, p. 206; E. Petrini, La pedagogia di Giovanni Calò, in «Pedagogia e vita», 1996, n. 5, pp. 75-93.