Bottai Giuseppe

Professioni: Scrittore, uomo politico, ministro P.I.
Ambiti di produzione: Fascismo, politica scolastica
Luoghi di attività: Lazio, Italia

Giuseppe Bottai nacque a Roma il 3 settembre 1895 in una famiglia piccolo-borghese della capitale. Al termine degli studi liceali si arruolò volontario nell'esercito e allo scoppio della Grande guerra fu inviato al fronte. Alla fine del conflitto si laureò in Giurisprudenza, iniziando nel frattempo a collaborare con alcune riviste letterarie romane d'ispirazione futurista.

Divenuto redattore dell'ufficio capitolino del «Popolo d'Italia», nel marzo 1919 partecipò alla fondazione del Fascio di combattimento di Roma e, due anni più tardi, fu eletto deputato nella lista del Blocco nazionale. A distanza di poco più di un anno dalle elezioni, tuttavia, vide la sua elezione a deputato annullata dalla Giunta delle elezioni per mancanza del prescritto requisito di età. Ripresa l'attività giornalistica e politica, fu corrispondente del «Popolo d'Italia» e iniziò la collaborazione con il periodico mussoliniano «Gerarchia» e con taluni tra i principali quotidiani nazionali dell'epoca («Il Resto del Carlino», «Il Giornale di Roma», «Il Corriere italiano» ecc.).

Nel giugno 1923 diede vita alla rivista «Critica fascista» (1923-1943), la quale, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto contribuire a promuovere il dibattito ideologico e culturale all'interno del movimento mussoliniano e a stimolare la formazione di una nuova classe dirigente fascista. Convinto fautore della necessità di una riorganizzazione su nuove basi del vecchio Stato liberale, nel novembre 1926 il B. fu nominato sottosegretario del neo costituito ministero delle Corporazioni e, in tale veste, s'impegnò per l'approvazione della Carta del Lavoro (1927) e, più in generale, per la realizzazione dell'ordinamento corporativo nella vita economica del Paese.

Mussolini lo chiamò quindi (1929) a far parte del Gran Consiglio del Fascismo e lo nominò ministro delle Corporazioni. Nel 1930 il B. fu nominato «per chiara fama» professore di Politica ed Economia corporativa all'università di Pisa (l'anno successivo passò sulla cattedra di Diritto corporativo), presso la quale costituì, nello stesso anno, la Scuola di perfezionamento di scienze corporative, che egli stesso diresse dal 1932 al 1935. In questo stesso periodo diede vita, con Ugo Spirito e Luigi Volpicelli, alla collana «I classici del liberalismo e del socialismo» per i tipi dell'editore fiorentino Sansoni (1930) e alla rivista «Archivio di studi corporativi» (1930), che diresse fino al 1933.

Lasciato nel luglio 1932 l'incarico di ministro delle Corporazioni, il B. concentrò la sua attenzione sui temi della programmazione economica e della pianificazione statale, puntando ad accreditare un'idea del corporativismo fascista come forma precipua del moderno Stato fascista, la cui portata andava ben al di là del semplice sistema di conciliazione dei rapporti economici e sindacali, per assurgere a «nuovo modo di essere Stato», nel cui ambito la dimensione della programmazione avrebbe dovuto essere lo strumento per garantire un equilibrato sviluppo economico e un reale potenziamento dell'attività produttiva.

Nominato nel gennaio 1935 governatore di Roma, allo scoppio della guerra d'Etiopia s'arruolò come volontario per l'Africa orientale e divenne il primo governatore civile di Addis Abeba. A richiamarlo in Italia fu il nuovo incarico affidatogli da Mussolini di ministro dell'Educazione nazionale, in sostituzione del predecessore Cesare Maria De Vecchi.

Il «nuovo corso» inaugurato dal B. alla Minerva, alla cui guida egli restò fino al febbraio 1943, si caratterizzò per la forte impronta dirigistica e per il varo di una serie di provvedimenti legislativi destinati, in sostanza, ad accantonare l'ordinamento scolastico realizzato dalla riforma Gentile del 1923, già compromesso dai «ritocchi» introdotti dai successori del filosofo siciliano e dai provvedimenti adottati nella prima metà degli anni '30 per la fascistizzazione della scuola e dell'università, nonché a ridisegnare dalle fondamenta il sistema d'istruzione secondo i nuovi indirizzi dello Stato corporativo fascista.

Convinto sostenitore della necessità di una sistematica applicazione della legislazione antiebraica in ambito scolastico e fautore di una serie di disposizioni in materia, in particolare del decreto 23 settembre 1938, n. 1630, con il quale veniva emanato il Testo Unico delle norme per la difesa della razza nella scuola e nell'università, il B. s'impegnò fin dai primordi del suo incarico in un'ampia opera di mobilitazione degli insegnanti attorno ai temi del rinnovamento fascista dell'insegnamento e dell'istruzione, promuovendo convegni e altre iniziative di studio.

Egli inoltre puntò a favorire il massiccio ricambio del personale dirigente e amministrativo tanto del ministero quanto dei provveditorati agli studi, ponendo alla guida di questi ultimi una generazione di giovani e brillanti funzionari a lui fedeli; in ultimo, si circondò di un ristretto e selezionato gruppo di collaboratori (pedagogisti, funzionari ministeriali, uomini di scuola), tra i quali meritano di essere ricordati soprattutto Nazareno Padellaro e Luigi Volpicelli, artefici di tanta parte dei provvedimenti scolastici predisposti dal ministero dell'Educazione Nazionale.

Al centro del progetto riformatore bottaiano, com'è noto, si collocò la cosiddetta Carta della Scuola, approvata e promulgata dal Gran Consiglio del Fascismo nella seduta del 15 febbraio 1939, documento politico-programmatico articolato in 29 sintetiche dichiarazioni destinato da un lato a definire i princìpi, le finalità e i metodi dell'educazione e dell'istruzione nazionale nel quadro della concezione fascista dello Stato, dall'altro a delineare le caratteristiche di fondo dell'ordinamento dell'istruzione pubblica e privata, dalla scuola materna all'università, e le norme relative alla formazione e al reclutamento degli insegnanti, ai libri di testo, alle opere di assistenza scolastica e agli organi di coordinamento e di controllo dell'istruzione media e superiore non statale.

La Carta della Scuola, vero e proprio «piano regolatore» del nuovo ordinamento scolastico fascista, avrebbe dovuto essere seguita, nelle intenzioni di B., da specifici provvedimenti legislativi destinati ad attuare i princìpi in essa enunciati. In realtà, il coinvolgimento di lì a poco dell'Italia fascista nel secondo conflitto mondiale, le crescenti difficoltà belliche e, infine, la caduta del fascismo il 25 luglio 1943 impedirono la realizzazione di tale progetto. L'unico provvedimento che il B. riuscì a portare a compimento fu quello relativo al riordinamento della scuola dagli 11 ai 14 anni, con l'istituzione della media unica (legge 1° luglio 1940, n. 899) e il varo dei relativi programmi didattici (decreto 30 luglio 1940, n. 1174).

Al di là dei suoi limitati esiti, comunque, la Carta della Scuola segnò una rottura rispetto all'ordinamento scolastico gentiliano, pur condividendone il tradizionale dualismo e la già rilevante dimensione classista e intensificando il ruolo ideologico e politico della scuola quale strumento per la «fascistizzazione integrale» delle nuove generazioni.

Tra gli anni '30 e '40 l'acuirsi dell'atteggiamento di dissenso del B. nei riguardi di tanta parte delle scelte operate dal governo e la sempre più viva necessità da lui avvertita di favorire un indispensabile rinnovamento ideologico e culturale del fascismo dovevano portarlo ad un raffreddamento dei rapporti, e poi ad una vera e propria rottura, con Mussolini. Nel marzo 1940, diede vita a una nuova rivista – «Primato. Lettere ed arti d'Italia» – destinata ad uscire fino al 1943 che annoverò tra i suoi redattori e collaboratori non solamente taluni tra gli intellettuali più critici e inquieti del fascismo, ma anche una serie di personalità (storici, letterati, artisti ecc.) notoriamente estranee al regime, quando non addirittura schierate su posizioni antifasciste.

Ad allontanare il momento della resa dei conti contribuì, indubbiamente, la guerra in corso. Impegnato come ufficiale degli alpini sul fronte greco-albanese, il B. fu sostituito dallo stesso Mussolini alla guida del ministero dell'Educazione Nazionale nel febbraio 1943. Condannato a morte in contumacia al processo di Verona assieme agli altri firmatari dell'ordine del giorno Grandi, egli si rifugiò all'estero e, arruolatosi nella Legione straniera, combatté in Francia e poi in Africa.

Amnistiato nel novembre 1947, qualche mese più tardi fece ritorno in Italia dove, fin dal novembre 1945, era stato reintegrato nel ruolo dei professori universitari in seguito all'annullamento della destituzione avvenuta dopo la caduta del regime. Lasciato l'insegnamento universitario nel 1951, trascorse gli ultimi anni della sua vita impegnandosi in una nuova esperienza giornalistica attraverso la fondazione e direzione del periodico politico «ABC» (1953-1959). Il B. morì a Roma il 9 gennaio 1959.

[Roberto Sani]

Fonti e bibliografia: Fondazione «Arnoldo e Alberto Mondadori», Milano, archivio Giuseppe Bottai; ACS, Roma, Archivi fascisti, Segreteria particolare del Duce (1922-1943), f. Bottai; Direttorio Nazionale, Segreteria politica; Ministero dell'Educazione nazionale (1929-1944), Gabinetto (1939-1943); Ministero delle Corporazioni (1926-1943), Gabinetto (1926-1959); G. Bottai, Vent'anni e un giorno: 24 luglio 1943, Milano, Garzanti, 1949; G. Bottai, Diario 1935-1944, a cura di G.B. Guerri, Milano, Rizzoli, 1982.

DBI, vol. XIII, pp. 389-404; EIPS, vol. I, p. 312; EP, vol. I, cc. 1944-1947; IBI, vol. II, p. 582; PE, pp. 89-92. Dizionario dei fascismi, Milano, Bompiani, 2002, pp. 58-61.

R. Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo, Milano, Feltrinelli, 1960, ad indicem; R. De Felice, Storia degli ebrei sotto il fascismo, Torino, Einaudi, 1961, pp. 531-598; A. Aquarone, L'organizzazione dello Stato totalitario, Torino, Einaudi, 1965, pp. 137-212; S. Cassese, Un programmatore degli anni Trenta: Giuseppe Bottai, in «Politica del diritto», 1970, n. 3, pp. 404-447; G.B. Guerri, Giuseppe Bottai, un fascista critico, Milano, Feltrinelli, 1976; P. Nello, Mussolini e Bottai: due modi diversi di concepire l'educazione fascista della gioventù, in «Storia contemporanea», 1977, n. 2, pp. 335-366; A.J. De Grand, Bottai e la cultura fascista, Roma-Bari, Laterza, 1978; R. Gentili, Giuseppe Bottai e la riforma fascista della scuola, Firenze, La Nuova Italia, 1979; M. Ostenc, La scuola italiana durante il fascismo, Roma-Bari, Laterza, 1981, pp. 228-269; J. Charnitzky, Fascismo e scuola. La politica scolastica del regime (1922-1943), Firenze, La Nuova Italia, 1994, pp. 440-483; A. Ascenzi, R. Sani (ed.), Il libro per la scuola nel ventennio fascista. La normativa sui libri di testo dalla riforma Gentile alla fine della seconda guerra mondiale (1923-1945), Macerata, Ed. Alfabetica, 2009, pp. 17-38.