Berti Domenico

Professioni: Professore, professore universitario, uomo politico, ministro P.I.
Ambiti di produzione: Educazione degli adulti, educazione femminile, filosofia, pedagogia, scuola normale, stampa scolastica
Luoghi di attività: Piemonte, Italia

Domenico Berti nacque a Cumiana (Torino) il 17 dicembre del 1820 da Francesco e Margherita Fontana. Studiò nel collegio di Carmagnola dove fu allievo del rosminiano Giovanni Antonio Rayneri. Conseguì la laurea in Filosofia e Filologia all'università di Torino negli anni in cui, nella capitale, ferveva il dibattito politico e culturale sulle riforme carloalbertine. Nel capoluogo piemontese collaborò alle riviste di Lorenzo Valerio («Letture popolari» e «Letture di famiglia», SPES, nn. 635 e 634) ed entrò in relazione con gli ambienti moderati subalpini grazie ai rapporti intrattenuti in specie con Carlo Boncompagni, Cesare Alfieri di Sostegno e Luigi Cibrario.

Convinto della necessità di promuovere un rinnovamento nel settore degli studi, in specie a livello di organizzazione e di pratiche didattiche, frequentò la prima scuola di metodo che, istituita a Torino nel 1844, fu diretta da Ferrante Aporti. Diplomatosi nel 1846, insegnò nelle scuole provinciali di metodo di Novara e Casale prima di ottenere, nell'ottobre del 1847, l'incarico di Metodo applicato all'istruzione elementare nell'ateneo torinese: il contenuto di queste ultime lezioni confluì in un testo dall'omonimo titolo (Del metodo applicato all'istruzione elementare, 1849).

Nel 1848, allo scopo di ovviare alla mancanza di scuole magistrali femminili, il B. aprì, nei locali del Museo industriale di Torino, un corso pubblico rivolto alle fanciulle che intendevano dedicarsi all'insegnamento: due anni più tardi diede vita, sempre nel capoluogo subalpino, ad una scuola triennale gratuita per aspiranti maestre con un programma che offriva una solida preparazione culturale (lingua e letteratura italiana, istruzione religiosa, storia e geografia, aritmetica e geometria, prime nozioni di scienze naturali) e le necessarie competenze professionali (pedagogia e princìpi di metodo, calligrafia, canto e lavori donneschi).

Fu solo una delle numerose iniziative promosse dal professore piemontese in materia d'istruzione: il suo nome figura, infatti, nell'elenco dei sottoscrittori dell'Istituto paterno di educazione privata, dell'Istituto materno per l'istruzione secondaria e della Società d'insegnamento gratuito per la diffusione di buoni libri in Sardegna. Espressione dell'interesse per le problematiche educative furono anche alcune pubblicazioni (Delle scuole primarie in Piemonte e Alcune notizie intorno alla pubblica istruzione negli Stati sardi, entrambi del 1852) e gli articoli apparsi sulle riviste pedagogiche dell'epoca: l'«Educatore primario» (l'«Educatore» dal 1847, ivi, n. 421), il «Giornale della Società d'istruzione e di educazione» (ivi, n. 534) e soprattutto l'«Istitutore» (ivi, n. 583), diretto dallo stesso B. tra il 1853 e il 1855.

Gli scritti di argomento didattico e pedagogico si affiancarono a una serie di biografie sui pensatori italiani tra XVI e XVII secolo (Giordano Bruno, 1858; Intorno a Giovanni Pico della Mirandola, 1859), esito delle ricerche avviate nel 1849, anno della nomina sulla cattedra di Filosofia morale dell'università di Torino.

Fautore di un sistema di studi basato su un'azione sinergica tra governo, enti locali e privati cittadini, il B. avversò il monopolio statale introdotto dal ministro Giovanni Lanza (Della libertà dell'insegnamento e dell'ordinamento dell'amministrazione degli studi, 1856) e, in seguito, assunse un atteggiamento critico nei confronti della «soverchia» e accentrata struttura amministrativa della pubblica istruzione prevista dalla legge Casati.

Forse proprio i contrasti sul modello scolastico adottato furono all'origine, nel 1856, della sua presa di distanza dalla politica di Cavour sostenuta dall'epoca del connubio: il pedagogista piemontese sedeva infatti sui banchi della Camera dal 15 dicembre del 1850 in rappresentanza del collegio di Savigliano. Aderì quindi alla formazione di centro destra, nelle cui file militò fino agli inizi degli anni '80 quando decise di schierarsi apertamente con la compagine di sinistra: emblema della svolta fu il suo discorso favorevole all'abolizione della tassa sul macinato.

Nel corso della lunga e pressoché ininterrotta attività parlamentare (non risultò eletto tra i deputati solo durante la sesta legislatura) partecipò a numerose commissioni oltre a ricoprire importanti incarichi di governo: fu ministro della P.I. (31 dicembre 1865-17 febbraio 1867, tentando invano di invertire la tendenza dell'accentramento ministeriale) e di agricoltura e commercio (29 maggio 1881-30 marzo 1884).

Se in ambito scolastico istituì le prime biblioteche magistrali e le prime iniziative di aggiornamento degli insegnanti e avviò iniziative nella lotta contro l'analfabetismo degli adulti, alla guida del dicastero economico si fece promotore di un programma di legislazione sociale che, destinato a rimanere lettera morta, era orientato ad assicurare garanzie giuridiche ai lavoratori. L'impegno politico non lo distolse, tuttavia, né dagli studi né dalla carriera accademica come attesta l'incarico, dal 1872 al 1875, di preside della facoltà di Lettere dell'ateneo capitolino dove nel frattempo aveva trasferito il suo insegnamento. Il B. morì a Roma il 22 aprile 1897.

[Maria Cristina Morandini]

Fonti e bibliografia: DBI, vol. IX, pp. 511-514; EP, vol. I, cc. 1678-1684; PE, pp. 66-67; SPES, nn. 421, 534, 583, 634 e 635; T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Terni, Tip. dell'Industria, 1890, pp. 114-116.

V. De Castro, Domenico Berti profilo, Milano, Scaraglia, 1876; E.S., Domenico Berti, in L. Carpi (ed.), Risorgimento italiano. Biografie storico-politiche d'illustri contemporanei, Milano, Vallardi, 1884-1888, vol. IV, pp. 397-412; C. Cantoni, Domenico Berti. Commemorazione, Torino, Clausen, 1898; M. Miraglia, La scuola femminile «Domenico Berti», Torino, Tip. Patrito, 1898; A. Poletti, Domenico Berti, Faenza, Novelli e Castellani, 1914; C. Lostia di Santa Sofia, La mente e l'opera educativa di Domenico Berti, Palermo, Sandron, 1920; P. Gobetti, Domenico Berti pedagogista, in «La Nostra scuola», 1921, nn. 1-2; Id., Risorgimento senza eroi, Torino, Edizioni del Baretti, 1926, pp. 147-154 e passim; G. Chiosso (ed.), Scuola e stampa nel Risorgimento. Giornali e riviste per l'educazione prima dell'Unità, Milano, Angeli, 1989, pp. 30-32, 38, 45-46, 52-55, 58-60 e 167; M.C. Morandini, Scuola e nazione. Maestri e istruzione popolare nella costruzione dello Stato unitario (1848-1861), Milano, Vita e pensiero, 2003, pp. 48, 50-51, 111-113, 128-130, 135-137 e passim.