Villari Pasquale

Professioni: Professore universitario, ministro P.I.
Ambiti di produzione: Editoria scolastica, politica scolastica, storia
Luoghi di attività: Campania, Toscana, Italia

Pasquale Villari nacque a Napoli il 3 ottobre 1827. Allievo di Basilio Puoti, approdò a metà degli anni '40 alla scuola letterario-filosofica di Francesco De Sanctis, maturando interessi intellettuali e civili che lo condussero a partecipare ai moti costituzionali del 1848. L'anno successivo si trasferì a Firenze, entrando in relazione con gli ambienti liberali moderati e dedicandosi a studi storici.

Nel capoluogo toscano si dedicò a ricerche sulla Firenze medievale, culla del Comune che intese come centro avanzato di libertà e autonomia, culminate nella pubblicazione della Storia di Girolamo Savonarola e de' suoi tempi (1859-1861, 3 voll.), opera che gli valse la nomina, nel 1859, a docente di Storia moderna presso l'università di Pisa, inizio di una prestigiosa carriera accademica proseguita quasi ininterrottamente, dal 1865 al 1913, all'Istituto di studi superiori di Firenze. Principale artefice, nel 1872, del rinnovamento dell'istituto, e direttore della Scuola normale superiore di Pisa (1862-1864), che provvide a riordinare, il V. fece parte delle più prestigiose accademie italiane: presidente della «Dante Alighieri» (1896-1901), presidente dell'Istituto storico italiano (1897-1911), accademico della Crusca e dei Lincei.

In campo storiografico pubblicò apprezzati lavori (oltre alla citata Storia di Girolamo Savonarola, Niccolò Machiavelli e i suoi tempi illustrato con nuovi documenti, 1877-1882, 3 voll.; I primi due secoli della storia di Firenze, 1893-1894, 2 voll.), collocandosi entro una concezione del positivismo, rifiutato come nuova metafisica, e interpretato come metodo di indagine (la prolusione dell'anno 1865-1866, La filosofia positiva e il metodo storico, è considerata il manifesto del positivismo italiano).

Eletto alla Camera nelle fila della Destra storica nella X legislatura (1870), chiamato come sostituto nella XI e XII legislatura, ed eletto nuovamente nella XIV legislatura (1880), fu infine nominato senatore nel 1884, esprimendo nella sua attività parlamentare, ma soprattutto nei suoi scritti politici volti a indagare con particolare la «questione sociale», un indirizzo unitario di pensiero di cui sono documento le Lettere meridionali (1878).

Allo studio della genesi e caratteristiche della camorra (I lettera), della mafia (II lettera) e del brigantaggio (III lettera) associò il riconoscimento del ruolo di guida alla borghesia (IV lettera), affidandole il compito di una profonda opera di riforma economica, politica e sociale, superando il paternalismo conservatore e clericale e rifiutando il liberismo economico. Richiamo che, anni dopo, giudicò caduto nel nulla, ritenendo i Fasci siciliani, nel loro prevalente carattere sociale e non politico, l'espressione del fallimento della politica post-unitaria sia di destra sia di sinistra (La Sicilia e il socialismo, 1896).

Entro questo quadro politico e sociale, il V. attribuì massima importanza alle questioni educative e scolastiche in specie. Sin dagli anni '60, partecipò attivamente alle politiche sull'istruzione: membro, dal 1865 e quasi ininterrottamente fino al 1906, del Consiglio superiore della P.I. e delle più importanti commissioni ministeriali, diretto conoscitore degli ordinamenti scolastici stranieri – in particolare studiò l'istruzione elementare in Inghilterra e Scozia, l'istruzione secondaria in Germania e l'impostazione della preparazione al lavoro manuale nei maggiori paesi europei producendo ampie relazioni (raccolte in Scritti pedagogici, 1978, e Nuovi scritti pedagogici, 1891) – accumulò esperienza e prestigio tali che gli valsero la nomina, dal febbraio 1891 al maggio 1892, durante il primo governo Di Rudinì, a ministro della P.I.

Fu membro, nel 1869, della Commissione d'inchiesta sull'istruzione elementare istituita dal ministro Broglio per contrastare l'analfabetismo, seguita dalla nomina l'anno successivo, sotto Cesare Correnti, nella commissione chiamata a completare il lavoro iniziato e a formulare un progetto di legge per migliorare il segmento primario. Anche se il progetto non divenne mai legge, esso definì per la prima volta con fermezza l'obbligatorietà e la gratuità dell'insegnamento primario, l'ammenda per i genitori inadempienti e il soccorso provinciale per i comuni non in grado finanziariamente di istituire scuole. Tali soluzioni, avvertiva il V. dalle pagine della «Nuova antologia» nel 1872, sarebbero state realmente efficaci solo se accompagnate da trasformazioni economiche e sociali, in grado di integrare nel progetto liberale le classi popolari.

Nel nuovo clima pedagogico e didattico espresso dal positivismo, presiedette la commissione (relatore Aristide Gabelli con il quale strinse un sodalizio politico e amicale di lunga durata) che elaborò i programmi per le scuole elementari del 1888, contraddistinti da forti elementi di innovazione nel tentativo di rendere organico, semplificato e metodologico l'insegnamento.

In tal senso, il V. si richiamò più volte a Pestalozzi e Fröbel, rimarcando anche la necessità di prolungare il percorso di formazione elementare. Sul versante dell'istruzione secondaria, difese criticamente l'impostazione classicheggiante del ginnasio-liceo, auspicandone tuttavia un rinnovamento dei metodi che eliminasse il formalismo retorico, indicando nel modello tedesco la modalità con la quale si sarebbero dovute insegnare le lingue classiche (Istruzione secondaria, in «Nuova antologia», 1889, pp. 483-505; L'istruzione classica in Italia, 1889).

Liberale moderato, si presentò alla Minerva senza la pretesa di proporre «una legge che riform[asse] di un tratto tutto quanto» (Discorso parlamentare del 28 maggio 1891), ma con un disegno di politica scolastica basato su un ammodernamento amministrativo, una più decisa separazione dei percorsi formativi, un incremento dell'istruzione di base e un riordinamento didattico dell'istruzione universitaria. Tra i primi provvedimenti revocò i decreti presentati dal suo predecessore, Paolo Boselli che «modernizzavano» (peraltro cautamente) l'assetto casatiano degli ordini di scuola; il V., al contrario, riordinò l'apparato degli esami, dei programmi e degli orari, con l'intenzione di consolidare il ruolo del ginnasio-liceo, finalizzato alla preparazione della classe dirigente, e fondato su una rigorosa meritocrazia.

Già membro della commissione ministeriale per la revisione dei libri di testo, sin dal 1865, la presiedette più volte e mirò, da ministro, a riorganizzare l'intera materia sia per snellire l'iter burocratico della selezione dei testi, sia per introdurre testi più adeguati, nel metodo e nei contenuti, alle indicazioni provenienti dagli ambienti pedagogici della cultura positivistica. Parallelamente, intervenne sui programmi e sull'articolazione di corsi delle scuole normali e avviò il disegno di una riforma universitaria che, però, non ebbe il tempo di portare a termine. Il V. morì a Firenze il 7 dicembre 1917.

[Alberto Barausse, Florindo Palladino]

Fonti e bibliografia: Biblioteca apostolica vaticana, Roma, carte Villari; altri documenti presso sono custoditi nell'università di Firenze, fondo Villari (ved. A. Volpi, Le carte Villari presso l'Accademia Colombaria di Firenze, in «Rassegna storica toscana», 1998, n. 1, pp. 237-240); ACS, Roma, Ministero P.I., fondo Personale (1860-1880), b. 2236 e Direzione Generale Istruzione Superiore, Fascicolo personale insegnante (1900-1940), II versamento, I serie, b. 150 e b. 159.

EP, vol. VI, cc. 12326-12329; MC, vol. III, pp. 624-629; PE, pp. 436-437; SPES, nn. 111, 367, 463, 933 e 985; TESEO, nn. 74, 164, 304, 501, 519, 567 e 599.

Limitatamente ai testi più recenti: Pasquale Villari. Nella cultura, nella politica e negli studi storici, in «Rassegna storica toscana», 1998, n. 1; M. Moretti, Pasquale Villari storico e politico, Napoli, Liguori, 2005 e sul V. e per le questioni educative: A. Cataldo, Scuola e questione sociale in Italia nella riflessione di Pasquale Villari, in «Nuovo meridionalismo», 1989, n. 52-53, pp. 40-48 e n. 59, 1990, pp. 24-31; M. Moretti, Pasquale Villari e l'istruzione femminile: dibattiti di opinione e iniziative di riforma, in S. Soldani (ed.), L'educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminile nell'Italia dell'Ottocento, Milano, Angeli, 1989, pp. 497-530; E. Garin, Pasquale Villari e l'università fiorentina, in «Nuova antologia», 1991, f. 2177, pp. 78-89; G. Cives, La pedagogia scomoda. Da Pasquale Villari a Maria Montessori, Scandicci, La Nuova Italia, 1994, pp. 17-72; M. Moretti, Gabelli e Villari. Scuola e vita civile nell'Italia unita, in G. Bonetta (ed.), Aristide Gabelli e il metodo critico in educazione, L'Aquila-Roma, Japadre, 1994, pp. 123-158; Id., Villari ministro della Pubblica Istruzione. Un profilo introduttivo, in «Annali di storia dell'educazione e delle istituzioni scolastiche», 1999, n. 6, pp. 219-246; A. Carrannante, Pasquale Villari e la scuola italiana, in «Giornale di storia contemporanea», 2004, n. 1, pp. 165-181; A. Barausse, Il libro per la scuola dall'Unità al Fascismo, Macerata, Alfabetica, 2008, passim.