Verzeri Teresa Eustochio

Professioni: Religiosa, maestra, educatrice
Ambiti di produzione: Cultura religiosa, educazione femminile, pedagogia
Luoghi di attività: Lombardia

Teresa Eustochio Verzeri nacque a Bergamo il 31 luglio 1801 dal nobile Antonio e dalla contessa Elena Pedrocca-Grumelli. Compì i primi studi in famiglia sotto la guida del canonico Giuseppe Benaglio e presso le Benedettine di S. Grata in Bergamo Alta; ottenne di entrare nello stesso monastero nel 1817, dove rimase però solo sette mesi, poiché le leggi statali impedivano alle minorenni di essere accettate come novizie. In questo breve periodo incontrò Virginia Simoni, nipote del Benaglio, con la quale si occupò dell'attività educativa per le giovani educande nel convitto del monastero.

Tornata a casa, Teresa si dedicò agli studi letterari e religiosi, restando colpita in particolare dalle biografie di Giovanna Francesca di Chantal e di Ignazio di Loyola. Nel 1821 entrò di nuovo in S. Grata come insegnante delle ragazze nobili del convitto, uscendone due anni dopo e rientrandovi per la terza e ultima volta nel 1828. Il Benaglio la fece uscire definitivamente nel 1831 e le affidò la scuola per fanciulle povere e abbandonate che lui stesso aveva aperto in quegli anni al Gromo (Bergamo Alta) e l'incaricò di fondare l'istituto delle Figlie del Sacro cuore di Gesù.

Nonostante la salute malferma (dopo il 1838 la V. fu spesso soggetta a crisi epilettiche che si fecero più frequenti negli ultimi anni, costringendola spesso a letto) fu eletta superiora e diede notevole impulso all'istituto, aprendo diverse case in varie diocesi del Lombardo Veneto, a Lugano (Svizzera), Recanati e Roma. Dopo molte insistenze, nel 1840 l'istituto ottenne l'approvazione pontificia, seguita, nel 1842, da quella del governo austriaco (quella definitiva avvenne nel 1847).

Fonti importanti per coglierne la prospettiva pedagogica sono i Regolamenti messi a punto dalla stessa V. per le case di educazione; il Libro dei doveri, in particolare il capitolo VI dedicato alla «Cura delle giovani e modo di educarle», e il suo epistolario. Condivise la pratica del metodo preventivo e ripose la finalità dell'educazione nella formazione delle persona. Colui che si accinge a tale delicato compito è tenuto a ricordare che questo comporta continua abnegazione e pazienza, proporsi come esempio e praticare ciò che insegna nelle proprie azioni. La relazione educativa, secondo la religiosa, trovava il suo fondamento nell'amore: per questo motivo esortava le consorelle ad amare e a comprendere sinceramente l'anima delle giovani, in specie di quelle più difficili.

La V. raccomandava un'assistenza amorevole, non autoritaria, ma sempre presente. Accanto alla sorveglianza, assegnava un ruolo altrettanto importante al divertimento. A suo avviso era impossibile educare, prescindendo da una sana gioia e da un clima morale di serenità. La ricreazione, ad esempio, era concepita come un importante strumento di prevenzione, poiché attraverso il gioco si potevano cogliere meglio il temperamento, le inclinazioni e i bisogni di ciascuna ragazza. Oltre a sottolineare l'importanza dell'ordine e della disciplina, la V. invitava alla cautela nell'uso di castighi: la correzione era utile a suo avviso solo se usata al momento opportuno e soprattutto se adeguata al carattere dell'educando.

La religiosa bergamasca lasciò in eredità alle sue Figlie anche un modello di vita e di spiritualità da imitare. Il tratto distintivo impresso all'istituto furono l'umiltà e lo «spogliamento di sé» nell'abbandono completo alla volontà divina. La sua mistica affondava le radici nelle fonti classiche della spiritualità cristiana dell'epoca moderna, soprattutto Ignazio di Loyola, Vincenzo de' Paoli, Francesco di Sales e Alfonso Maria de' Liguori. Due filoni emergono in particolare dai suoi scritti: quello della scuola ignaziana, da cui attinse la devozione al Sacro Cuore di Gesù, e della scuola di S. Teresa d'Avila.

Nel 1850 accompagnò a Roma il fratello Gerolamo per la sua consacrazione a vescovo di Brescia e ne approfittò per fondare altre due case, una ad Arpino (Frosinone) e l'altra a Roma. In seguito al viaggio la sua salute peggiorò notevolmente e gli attacchi epilettici si fecero sempre più frequenti e pericolosi. Il 3 marzo 1852, a soli 51 anni, la V. morì nella casa di S. Afra a Brescia. Il 26 maggio 1946 fu dichiarata beata.

[Elisa Mazzella]

Fonti e bibliografia: documenti sulla V. sono conservati nei seguenti archivi: Archivio dell'istituto delle Figlie del Sacro cuore di Bergamo; Archivio della Curia vescovile, Bergamo; Archivio dell'istituto delle Figlie del Sacro cuore di Trento; AS, Bergamo; Lettere delle serva di Dio Teresa Eustochio Verzeri fondatrice delle Figlie del Sacro cuore, Brescia, Tip. dell'Istituto Pavoni, 1874-1878, 7 voll.; Ead., Libro dei doveri: documenti di spiritualità proposti alle Figlie del Sacro cuore di Gesù dalla loro Madre fondatrice, Bergamo, F.lli Cattaneo, 1952, 3 voll.

DBDL, p. 1126; DIP, vol. III, 1976, cc. 1681-1683 e vol. IX, 1997, cc. 1942-1943; EP, vol. VI, cc. 12288-12290.

A. Valsecchi, Teresa Eustochio nobile Verzeri e Mr. Giuseppe conte Benaglio fondatori dell'Istituto delle Figlie del Sacro cuore, Bergamo, Sonzogni, 1869; G. Arcangeli, Vita della Beata Teresa Eustochio nob. Verzeri, Bergamo, s.e., 1946; E. Valentini, Il sistema preventivo della Beata Verzeri, Torino, Scuola tipografica salesiana, 1952; D. Barsotti, L'esperienza mistica della beata Teresa Eustochio Verzeri nelle lettere ai confessori, in Id., Magistero dei Santi. Saggi per una storia della spiritualità italiana dell'Ottocento, Roma, Ave, 1971, pp. 65-122; D.T. Donadoni, Si fa presto a dire amore. La vita e l'opera di Teresa Verzeri, Roma, Città Nuova, 1981; G. Rocca, Donne religiose. Contributo a una storia della condizione femminile in Italia nei sec. XIX-XX, in «Claretianum», 32, 1992, pp. 5-320; L. Pazzaglia (ed.), Chiesa e prospettive educative in Italia tra Restaurazione e Unificazione, Brescia, La Scuola, 1994, pp. 64, 86, 93-94, 96-98 e passim; R. Sani (ed.), Chiesa, educazione e società nella Lombardia del primo Ottocento. Gli Istituti religiosi tra impegno educativo e nuove forme di apostolato (1815-1860), Milano, Centro ambrosiano, 1996, pp. 64, 80, 97, 102-105 e passim.