Tovini Giuseppe Antonio

Professioni: Avvocato, educatore, amministratore pubblico
Ambiti di produzione: Associazionismo, insegnamento religioso, libertà di insegnamento, movimento cattolico, politica scolastica, stampa scolastica
Luoghi di attività: Lombardia, Italia

Giuseppe Antonio Tovini nacque il 14 marzo 1841 a Cividate Camuno, in Valcamonica (Brescia), primo di sei fratelli. La sua educazione fu austera, influenzata dalle tracce del giansenismo locale predicato a suo tempo dall'arciprete Giovan Battista Guadagnini, «campione del giansenismo» secondo l'opinione del Gioberti. Dopo le elementari frequentate prima a Cividate e poi a Breno, nel 1852, il T. passò, insieme al fratello Stefano, al collegio municipale di Lovere. In questo istituto, si appassionò agli studi e si guadagnò per tutti gli anni di permanenza il premio al merito (tra i premiati figurava anche il convalligiano, figlio del medico condotto di Corteno, Camillo Golgi, futuro premio Nobel).

Il T. rimase a Lovere fino all'estate del 1858, quando terminò il primo anno di liceo classico. Un aggravamento delle condizioni economiche della famiglia rischiò di fargli interrompere gli studi, ma l'interessamento di don Giovanni Battista Malaguzzi, zio materno, evitò questo pericolo con l'ammissione al collegio fondato da don Nicola Mazza nel 1833 a Verona, riservato ai ragazzi poveri. Nel luglio del 1859 morì improvvisamente il padre. Nel settembre dello stesso anno, il T. tornò in collegio e, conseguita la licenza liceale nel 1860, non intraprese la strada del seminario, come molti ormai pensavano, ma si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell'università di Padova. Dal 1860 al 1864 risiedette presso il collegio di Verona; nel frattempo, iniziò a collaborare con lo studio dell'avvocato Swiderkoschi e impartì lezioni private.

Dal marzo del 1863, lasciato l'impiego veronese, si dedicò completamente agli studi; nell'autunno dell'anno successivo si trasferì all'università di Pavia, presumibilmente per poter ottenere il titolo di laurea presso un ateneo del Regno d'Italia e qui completò gli studi a pieni voti. Affiancò il praticantato professionale con l'insegnamento nel collegio di Lovere, dove era stato allievo. Si trasferì quindi a Brescia per esercitare l'avvocatura nello studio Corbolani. Non distante dallo studio vi era la bottega di libraio di cui era proprietario lo zio Stefano Malaguzzi, con cui si incontrava spesso vicino al caffè del Duomo, luogo di ritrovo di intellettuali, giovani professionisti, esponenti del mondo politico, compreso l'entourage di Zanardelli. Il 6 gennaio 1875 sposò Emilia, figlia dell'avvocato Corbolani, da cui ebbe nove figli, di cui due morti in tenera età, un figlio poi gesuita e due figlie religiose.

Fedele al non expedit papale, improntò la sua azione di protagonista del movimento cattolico bresciano e nazionale al programma «preparazione nel culturale e nel sociale, astenendosi dalla competizione politica nazionale»

Personalità dagli interessi eclettici, fu attivo in vari ambiti sociali, religiosi ed educativi; vanno letti in questa cornice i suoi principali impegni: a) di sindaco del paese natìo (dal 1871 al 1874) e poi, più tardi, dal 1879, di consigliere provinciale e comunale a Brescia in pieno dominio zanardelliano; b) di fondatore di banche per il credito cooperativo e popolare (Breno 1872, Banca di Vallecamonica; Brescia, 1888, Banca S. Paolo; Milano, 1896, Banco Ambrosiano); c) di promotore di associazioni, cooperative e casse mutua per l'istituzione e lo sviluppo di scuole cattoliche, di iniziative di servizio sociale, anche di difesa legale per i non abbienti; d) di difensore dell'insegnamento della religione cattolica non solo nelle scuole cattoliche, ma anche in quelle comunali e statali; e) di fondatore di periodici e riviste («Fede e Scuola» [1982, SPES, n. 482], organo della Pia Opera a difesa dell'insegnamento della religione e della libertà di insegnamento; «Scuola italiana moderna» [1893, SPES, n. 1030], rivolta ai maestri per sostenerli nell'attività professionale in prospettiva cristiana; «La Voce del popolo» [1893], giornale diocesano di Brescia); f) di attivista dell'Opera dei congressi con vari incarichi; g) di promotore di iniziative volte a dotare il paese di una «Università dei cattolici» e di servizi per gli studenti universitari cattolici.

Il T. operò anche perché la rivista «Scuola italiana moderna» potesse godere dell'appoggio di una lega di insegnanti cattolici. Auspicio che si sarebbe tuttavia realizzato solo nel 1906 con l'Associazione magistrale «N. Tommaseo», due anni dopo che, proprio per non far morire la rivista, era stata costituita la società editrice La Scuola.

Negli ultimi mesi di vita, nel 1896, il T. non volle mancare al raduno nazionale dell'Opera dei congressi, tenutosi dal 31 agosto al 4 settembre a Fiesole, nonostante le precarie condizioni di salute. La morte lo colse in Brescia la sera del 16 gennaio 1897. È stato proclamato beato il 20 settembre 1998. Ne avrebbe in seguito rilevato l'impegno in campo educativo e sociale il giovane don Angelo Zammarchi.

[Giuseppe Bertagna, Evelina Scaglia]

Fonti e bibliografia: Archivio storico dell'editrice La Scuola di Brescia, fondo Tovini.

DSMCI, vol. III/1, pp. 647-649; EP, vol. VI, cc. 11986-11995; SPES, nn. 482 e 1030.

A. Cistellini, Giuseppe Tovini, Brescia, La Scuola, 1954; Id., La vita e l'opera di Giuseppe Tovini, Brescia, La Scuola, 1962; Giuseppe Tovini nel suo tempo, Brescia, CEDOC, 1978; M. Taccolini, Giuseppe Tovini e la nascita di «Scuola italiana moderna», in M. Cattaneo, L. Pazzaglia (edd.), Maestri, educazione popolare e società in «Scuola italiana moderna». 1893-1993, Brescia, La Scuola, 1997, pp. 53-81; G. Scanzi, Giuseppe Tovini. Le opere e i giorni, Brescia, La Scuola, 1999; L. Pazzaglia (ed.), Editrice La Scuola 1904-2004. Catalogo storico, Brescia, La Scuola, 2004, pp. 53-81.