Tommaseo Niccolò

Professioni: Scrittore, educatore, uomo politico
Ambiti di produzione: Educazione femminile, libertà di insegnamento, pedagogia, pedagogia speciale
Luoghi di attività: Dalmazia, Veneto, Toscana, Piemonte, Italia

Nato a Sebenicco (Dalmazia) il 9 ottobre 1802 da una famiglia di commercianti, in una regione segnata dal secolare dominio veneziano, primogenito di otto figli, Niccolò Tommaseo crebbe sotto il controllo severo di uno zio paterno, frate conventuale. Frequentò il seminario di Spalato (1811-1814) e si trasferì a Padova per laurearsi in Giurisprudenza (1822). Patriota, temperamento inquieto ed errabondo, di interessi eclettici, fu uno dei protagonisti, per quanto con modalità proprie, del movimento liberale cattolico di ispirazione romantico-spiritualista dell'800.

Stabilitosi a Firenze (1827-1833), collaborò con l'«Antologia» di Giovan Pietro Vieusseux ed entrò in familiarità con figure come Gino Capponi e Raffaello Lambruschini e in relazione con il Lamennais e Antonio Rosmini, personalità che in vario modo ne influenzarono la riflessione educativa. Nel 1833 dovette rifugiarsi a Parigi, dove frequentò i maggiori esponenti della cultura francese.

Rientrato a Venezia (1838), fu poi ministro della P.I. nell'appena proclamata Repubblica di Daniele Manin (1848). Partecipò alla difesa della città e dovette andarsene nuovamente in esilio, a Corfù (ved. le sue lettere dal primo esilio al Capponi e a Cesare Cantù, pubblicate postume in più riprese e gli scritti sul secondo esilio). In seguito visse a Torino e ancora a Firenze. Per difendere la propria indipendenza rifiutò, all'indomani dell'Unità, la cattedra universitaria che gli era stata proposta dal ministro dell'istruzione Francesco De Sanctis.

Autore copiosissimo e scrittore tumultuoso, sul piano letterario si mosse tra ricerche critiche e di linguistica, romanzi, saggistica e lavori introspettivi, come il Diario intimo. 1821-1871 (1838). I suoi studi sui dialetti e la lingua italiana diedero luogo a due opere poderose: il Dizionario dei sinonimi (1830) ed il Dizionario della lingua italiana in più volumi, edito a partire dal 1861, quand'era già cieco, e portato a termine dopo la sua scomparsa. Le sue poesie furono raccolte nelle Confessioni (1836) e nelle Memorie poetiche (1838). Fu anche autore di saggi storici sul Risorgimento e sulla Venezia degli anni 1848 e 1849.

In ambito politico vagheggiò il libero affratellamento delle genti slave del mezzogiorno «unite e distinte» nella giovane Serbia e assegnò alla Dalmazia, che egli delineava come «nazione», il compito di mediare tra l'Italia e l'Oriente slavo ed ellenico, visione che riaffiorò, alla vigilia della Grande guerra, tra gli interventisti giuliani.

I suoi interessi educativi furono ampi e ricorrenti, perché era convinto che l'educazione era «l'unico rimedio contro le piaghe sociali», ma rimasero frammentari e poco sistematici. Il suo saggio pedagogico più importante fu Dell'educazione, osservazioni e saggi pratici (1834), un testo corposo, scritto con il gusto e lo stile del letterato, che ebbe varie rielaborazioni con l'aggiunta di nuovi scritti. Altri spunti in argomento si trovano in Della bellezza educatrice (1838), Osservazioni e saggi pratici (1842), Sull'educazione. Desideri (1851) e in La donna (1868). Tra le sue opere minori compare la Vita di S. Giuseppe Calasanzio (1847).

Nel periodo parigino stese in francese un manuale per l'apprendimento del latino, Nouvelle méthode pour apprendre le latin (1838). Occasioni di riflessione educativa sono anche gli Esempi di generosità proposti al popolo italiano, pubblicati nel 1867, ma usciti a puntate in precedenza tra il 1856 e il 1859 sul periodico magistrale di Torino «L'Istitutore» (SPES, n. 583), foglio al quale dedicò anche numerosi articoli avversi al ministerialismo piemontese e favorevoli alla libertà di insegnamento. Una sintesi del pensiero educativo del T. si trova nei suoi Pensieri generali, sesta parte del volume Educazione e ammaestramento del popolo e della nazione italiana (1871).

Sante Bucci ha ordinato la concezione educativa dello scrittore dalmata in quattro grandi temi: società, scuola ed educazione; le «verità educatrici»; letteratura come mediazione educativa; contenuti e metodi dell'insegnamento. Per il T. scopo dell'educazione non è «tanto quello di aprire la mente dell'educando (...) quanto di non intiepidire l'affetto che c'è, di non addormentare la fantasia». Come il Capponi, anche il letterato dalmata auspicava un'educazione severa: i fanciulli andavano portati «scalzi e in zucca al sole e alla pioggia». La prima educazione era quella domestica e con il bambino si doveva prima di tutto «alleviare l'impero dei sensi». Sostenne con argomenti originali l'educazione femminile e aprì al suffragio attivo e passivo della donna, ma educare una donna non doveva significare «farla diventare civetta».

Nettissima era per lui la distinzione tra educazione ed istruzione: quest'ultima, «senza un fondamento morale», diventava solo «esercizio vuoto della memoria». L'istruzione migliore «si è quella che diffonde cognizioni da poter essere immediatamente applicate con frutto». L'insegnamento doveva essere libero e seguire una metodica che andasse dalle idee generali a quelle particolari. Comunque è «il maestro che fa il metodo e non il metodo che fa il maestro». Lo scrittore di Sebenicco criticava infine «la smania di una fraintesa uguaglianza e di quel positivo che rinnega ogni alto istinto dell'anima», facendo spuntare così «una nuova aristocrazia, più intollerante di tutte, l'aristocrazia, dico, della trivialità».

Come Ferrante Aporti, Lambruschini e il padre Grégoire Girard, il T. coltivò una predilezione speciale per la lingua, perché, oltre a essere veicolo dell'italianità, era vista come strumento primario di educazione. Si occupò anche di pedagogia speciale e di rieducazione dei sordomuti, per i quali sostenne il metodo della parola parlata. Ebbe larga influenza su alcuni tra i più significativi studiosi di cose pedagogiche dell'intero Litorale asburgico, tra cui Carlo Combi, Francesco Dall'Ongaro, Giovanni Mòise, Caterina Percoto e Pacifico Valussi. Il T. morì a Firenze il 1° maggio 1874.

[Claudio Desinan]

Fonti e bibliografia: EP, vol. VI, cc. 11928-11933; PE, pp. 417-419; SPES, n. 583; Dizionario biografico degli uomini illustri della Dalmazia compilato dall'ab. Simeone Gliubich di Città Vecchia, Vienna-Zara, Battara e Abelich, 1856, pp. 299-300.

J. Bernardi, Vita e scritti di Niccolò Tommaseo, Torino, Unione tipografico editrice, 1874; A. Levi, Sulle idee pedagogiche di Niccolò Tommaseo, Milano, Dante Alighieri, 1918; P. Pieri, Niccolò Tommaseo, Milano, Zucchi, 1942; R. Ciampini, Vita di Niccolò Tommaseo, Firenze, Sansoni, 1945; A. Tasso, Il pensiero educativo di Niccolò Tommaseo, Milano, Trevisini, 1957; J. Cella, Tommaseo e l'Istria, in «Pagine istriane», 1974, n. 35-36, pp. 17-22; S. Bucci, Niccolò Tommaseo e l'educazione, Brescia, La Scuola, 1975; G. Pierazzi (J. Pirjevec), Niccolò Tommaseo tra Italia e Slavia, Venezia, Marsilio, 1977; F. Semi, V. Tacconi, Istria e Dalmazia, Uomini e Tempi, vol. II. Dalmazia, Udine, Del Bianco, 1992, pp. 353-383; G. Chiosso (ed.), Scuola e stampa nell'Italia liberale. Giornali e riviste per l'educazione dall'Unità a fine secolo, Brescia, La Scuola, 1993, pp. 17, 26, 30-31, 45, 47-48 e passim; S. Cattalini, (ed.), Niccolò Tommaseo a 200 anni dalla nascita, Udine, ANVGD Comitato provinciale di Udine, 2003.