Tedeschi Giuseppe

Professioni: Sacerdote, educatore
Ambiti di produzione: Associazionismo magistrale, movimento cattolico, stampa scolastica
Luoghi di attività: Lombardia

Giuseppe (Peppino) Tedeschi nacque a Iseo (Brescia) il 30 maggio 1883, da Luigi e Maria Carolina Buizza in un contesto familiare modesto, ma ricco di virtù cristiane. Nell'ottobre 1895, entrò nel seminario di Brescia, ove respirò l'intransigentismo antiliberale e il timore dell'avanzata socialista. Qui incontrò don Angelo Zammarchi e fu da questi introdotto alla Pia opera per la conservazione della fede nelle scuole d'Italia, che, dopo qualche anno, avrebbe guidato. La frequenza dell'oratorio di S. Alessandro a Brescia, animato da don Lorenzo Pavanelli, gli consentì di ampliare i suoi campi d'esperienza apostolica alla scuola, alla cultura e al mondo operaio.

Nel frattempo, don Zammarchi lo avviò al mondo del giornalismo, esperienza destinata a segnarne ampiamente la biografia. Ebbe qualche iniziale simpatia per la Democrazia cristiana di Romolo Murri, ma se ne allontanò presto per influenza di don Giulio Bevilacqua, uno dei padri dell'Oratorio della pace. Nel 1907 il T. venne ordinato sacerdote (1907) e assegnato a Pisogne a fianco di don Arcangelo Saleri impegnato in varie opere educative a favore di fanciulli poveri (doposcuola, scuole complementari, scuola di disegno) e degli operai. Nel 1909 avviò una scuola serale per operaie con la collaborazione della maestra Emma Acchiappati.

Nel febbraio 1909, don Peppino fu chiamato dal Pavanelli a collaborare a «La Voce del popolo», giornale diocesano che gli fu poi affidato nel 1913. Risalgono a questo periodo anche i primi contatti con l'associazione magistrale «N. Tommaseo», sodalizio dei maestri cattolici.

In occasione della Grande guerra il T. si schierò dapprima su posizioni neutraliste e si allineò poi al patriottismo nazionale fino al punto di arruolarsi. Fatto prigioniero a Caporetto, fu spedito al campo di concentramento di Hameln in Germania, dove continuò la sua missione di assistenza spirituale nei confronti dei militari prigionieri fino al 28 gennaio 1919.

Ritornato in Italia, sostenne il Partito popolare italiano e avversò su «La Voce del popolo» parimenti le violenze politiche e soprattutto quelle fasciste. Per questo il T. subì dapprima una diffida, poi addirittura l'allontanamento forzato dalla testata all'inizio del 1926. Dopo la morte di Angela Bianchini, si occupò insieme al padre Caresana della rivista «Madre cattolica» di cui acquistò la proprietà, divenendone anche l'editore.

Fu soprattutto a partire dalla fine degli anni '20 che il T. entrò a pieno titolo nelle iniziative animate dallo Zammarchi presso la casa editrice La Scuola. Dal 1928 tenne (per decenni) sulla rivista «Scuola italiana moderna» (SPES, n. 1030) la rubrica «Gli occhi sul mondo» firmata con lo pseudonimo di Fra Galdino; collaborò con «Pro Infantia» (ivi, n. 840) e le sorelle Rosa e Carolina Agazzi e si occupò dal 1928 in poi della rivista «Scuola e clero» (ivi, n. 999). In tale contesto si consolidò il suo rapporto con Giovanni Modugno.

Dopo varie altre esperienze giornalistiche (in particolare la direzione de «Il Bollettino della mia parrocchia», rivista ideata per le parrocchie), con l'entrata in guerra dell'Italia, partì come volontario e fu cappellano in marina. Ritornato a Brescia nel febbraio 1943, fu tra i primi animatori del Gruppo di azione politica (poi Gruppo di azione sociale) costituitosi presso l'Editrice La Scuola grazie all'impegno di un gruppo di giovani «ribelli per amore» (Emiliano Rinaldini, Peppino Gilardini, Franco Nardini, Aldo Lucchese, Lino Monchieri, Eugenio Zani). Dopo l'8 settembre fu costretto a vita clandestina prima a Brescia e poi a Milano, insieme alla giovane Laura Bianchini. Collaborò al foglio clandestino «Brescia libera» e, successivamente, a «Il Ribelle».

Alla fine della guerra il T. riprese la sua attività in favore dell'educazione e della scuola, collaborando con Vittorino Chizzolini alle numerose iniziative del gruppo pedagogico raccolto intorno a «Scuola italiana moderna» e diventando assistente spirituale dell'Associazione italiana maestri cattolici. Sul fronte sacerdotale, il T. è stato considerato da Mario Casotti «l'incarnazione del cristianesimo preconciliare, o meglio conciliare de La Scuola». Lasciata nel 1967 l'attività presso la casa editrice bresciana, trascorse gli ultimi anni nel servizio sacerdotale presso la casa di cura Poliambulanza.

Tra gli scritti più significativi del T. si ricordano: Memorie di un prigioniero di guerra. 1917-1919, (1947); Mio figlio egoista: perché? (1958); Uomini e cose (1963), raccolta dei suoi principali interventi su «Scuola italiana moderna»; Come parlerò a mio figlio? (1965). Il T. morì a Brescia il 18 novembre 1973.

[Giuseppe Bertagna]

Fonti e bibliografia: Archivio storico dell'editrice La Scuola, Brescia, fondo Tedeschi.

EP, vol. VI, cc. 11735-11736; SPES, nn. 840, 999 e 1030; Enciclopedia bresciana, Brescia, Editrice «La Voce del popolo», vol. XVIII, 2002, pp. 351-352; R. Anni, Dizionario della resistenza bresciana, Brescia, Morcelliana, 2008, vol. II, p. 373; necrologio in «Scuola italiana moderna», 1973, n. 7, pp. 6-9.

A. Fappani, Per amore di tutti. Profilo e memorie di don Giuseppe Tedeschi, Brescia, CEDOC, 1975-1976, 2 voll.; A. Fappani, R. Conti (edd.), Protagonisti del movimento cattolico bresciano, Brescia, Ed. del Moretto, 1981, pp. 235-236; L. Pazzaglia (ed.), Editrice La Scuola, 1904-2004. Catalogo storico, Brescia, La Scuola, 2004, pp. 107-109.