Stuparich Giovanni

Professioni: Professore, scrittore
Ambiti di produzione: Letteratura italiana
Luoghi di attività: Friuli Venezia Giulia

Nato a Trieste il 4 aprile 1891, fratello di Carlo, Giovanni (ma conosciuto come Giani) Stuparich studiò a Praga e poi, come tanti altri giovani, sentì il richiamo di Firenze, dove accorrevano non pochi giovani letterati triestini della fine dell'800 per «risciacquare» la loro «linguetta» in Arno. Nella città dei Medici si laureò in Lettere, entrò a far parte, con il fratello Carlo, del gruppo triestino dei «vociani» e pubblicò i suoi primi saggi sul periodico del Prezzolini. Si arruolò come volontario nella Grande guerra insieme al fratello e a Scipio Slataper, amico fraterno. Nel corso del conflitto fu fatto prigioniero e trasferito da un campo di concentramento all'altro. Terminata la guerra rientrò a Trieste, si sposò con Elody Oblath ed ebbe tre figli.

Di formazione risorgimentale (con una preferenza per l'asse democratico-mazziniano: (Mazzini, De Sanctis, Nievo, Abba e Barilli) concepì la guerra come cruda necessità, che descrisse con pietà e rispetto nel romanzo del 1931, Guerra del '15 (dal taccuino di un volontario).

Antifascista, fu estraneo al reducismo sul quale tanti facevano leva. Membro della Resistenza, verso la fine del secondo conflitto mondiale fu internato nella risiera di S. Sabba, da dove venne liberato per l'intervento del vescovo, mons. Antonio Santin e del prefetto di Trieste. Con don Edoardo Marzari fece parte del Comitato di liberazione nazionale. Nel 1946 fondò il Circolo della cultura e delle arti (1946) e divenne sovrintendente ai monumenti. Amico di Saba, Giotti, Marin, Calaman-drei si diede ad un'intensa attività di scrittore e di giornalista, collaborando con numerose riviste e giornali (tra cui «La Stampa» di Torino ed «Il Tempo» di Roma) e fu apprezzato conferenziere e relatore a convegni.

La sua attività di scrittore fu intensa con poesie, romanzi, racconti brevi e lunghi, spesso venati da un'antica amarezza, altre volte accecanti. Tra l'altro, fu curatore di quasi tutti gli scritti di Scipio Slataper. Esordì nel 1915 con il libro La nazione czeca (1915), nelle cui pagine denunciò la deriva del governo austriaco verso un'egemonia oppressiva sugli altri popoli dell'impero. Altri romanzi furono Ritorneranno (1941), L'isola (1942, 2a ed.), forse una delle sue opere migliori, Ginestre (1946), Simone (1953) e Ricordi istriani (1961). I suoi versi sono racchiusi in Poesie (1956). Le opere dello S. sono state tradotte in numerose lingue europee, tra cui ungherese, croato e castigliano.

Svestita la divisa grigioverde, iniziò la sua attività di insegnante (1918-1941), con allievi di poco più giovani di lui, presso il liceo «Dante Alighieri», dove aveva studiato da ragazzo e dove fu uno dei docenti di più elevata statura, insieme a Giorgio Radetti e Baccio Ziliotto. Come Francesco Marinaz (Memorie scolastiche, 1891) fu un grande memorialista scolastico. Le sue esperienze di studente e di insegnante sono state materia del racconto autobiografico, Trieste nei miei ricordi (1948, ristampato in Cuore adolescente, 1984).

In questo scritto lo S. presenta il ginnasio triestino come il vivaio della classe intellettuale e dirigente locale, la cui storia è storia della città. Al «Dante», allievi ed insegnanti concorrevano «a rendere testimonianza della serietà con cui (a Trieste) si perseguivano gli ideali della cultura e della civiltà che avevano fatto grande l'Italia nel mondo». E niente meglio della cultura umanistica, con lo studio di Virgilio, Livio, Orazio, Dante, Foscolo «rappresentava l'unione spirituale con la patria». Il merito della serietà formativa del «Dante» era costituito dal corpo insegnante, il cui prestigio si imponeva agli allievi e lo S. ricordava, in particolare, l'alta figura morale del preside Cesare Cristofolini.

Uno dei suoi lavori più significativi, Un anno di scuola, divenne materia per uno sceneggiato televisivo. Più che una cronaca scolastica il libro è un romanzo vivissimo, la storia sofferta di un gruppo di ragazzi della terza liceo iniziato alla vita adulta. Il libro ha valore anche sul piano storico perché presenta la scuola triestina di fine '800 nella prospettiva degli studenti.

Altre manifestazioni d'interesse educativo e scolastico sono legate alla partecipazione dello S. alle iniziative del Centro pedagogico del provveditorato agli studi di Trieste (1952-1960), dove si occupò attivamente di questioni educative. Data l'affinità con il fratello Carlo, è probabile che anche Giani condividesse l'importanza della «triestinità» nell'azione educativa. Lo S. morì a Roma il 7 aprile 1961.

[Claudio Desinan]

Bibliografia: A. Thoraval, Bibliografia degli scritti di Giani Stuparich, Trieste, Alcione, 1995.

«Pagine istriane», numero monografico, 1963, n. 10; R. Bertacchini, Giani Stuparich, Firenze, La Nuova Italia, 1968; B. Maier, Giani Stuparich e la «restaurazione dell'uomo» e Giani Stuparich, entrambi in O.H. Bianchi et al., Scrittori triestini del Novecento, Trieste, LINT, 1968, pp. 103-132 e pp. 1676-1677; A. Mercanti, A vent'anni dalla morte di Giani Stuparich, Trieste, Circolo della cultura e delle arti, 1981; E. Apih, Il ritorno di Giani Stuparich, con lettere inedite, Firenze, Vallecchi, 1988; L. Carpinteri, In cattedra c'era un uomo giusto, in «Il Piccolo», 26 marzo 1991; V. Frosini, La famiglia Stuparich. Saggi critici, Udine, Del Bianco, 1991, pp. 31-84, 133, 140 e 151-197; G. Baroni, C Benussi (edd.), Giani Stuparich tra ritorno e incontro, Pisa-Roma, Serra, 2012.