Salvemini Gaetano

Professioni: Professore, professore universitario
Ambiti di produzione: Associazionismo secondario, politica scolastica, socialismo, storia
Luoghi di attività: Puglia, Sicilia, Toscana, Italia

Gaetano Salvemini nacque a Molfetta (Bari) l'8 settembre 1873. Compiuti gli studi ginnasiali e liceali nel seminario di Molfetta, si laureò presso l'Istituto di studi superiori di Firenze, sotto la guida di Pasquale Villari. Fin dagli anni universitari frequentò i circoli socialisti, aderendo al partito di Turati e collaborando alla rivista «Critica sociale». Poco dopo la laurea diede alle stampe il suo primo e importante lavoro (Magnati e popolani in Firenze dal 1280 al 1295, 1899).

Tra il 1897 e il 1901 insegnò in varie scuole secondarie (Palermo, Faenza, Lodi e Firenze), per passare quindi sulla cattedra di Storia medievale e moderna all'università di Messina. Accanto alle ricerche storiche che ben presto lo segnalarono come uno dei più promettenti studiosi del tempo (La rivoluzione francese [1788-1792], 1905; Il pensiero politico, religioso e sociale di Giuseppe Mazzini, 1905), seguì un percorso di ricerca teso a comprendere la specificità dello Stato nazionale italiano nel contesto della modernità europea e a focalizzare i tratti salienti del ritardo economico e civile del Sud a partire dalle vicende unitarie, con particolare attenzione alla «questione contadina» (Scritti sulla questione meridionale: 1896-1955, 1955).

All'interno della militanza civile e politica segnata da appassionate battaglie a favore del suffragio universale, del federalismo, dell'antiprotezionismo, la questione scolastica assorbì molte delle sue attenzioni. Nel progetto riformistico salveminiano la scuola pubblica assumeva una funzione decisiva nella formazione di una cultura laica (Cultura e laicità, 1914), intesa come dialogica e antidogmatica, in grado di formare criticamente i giovani e di garantire la modernizzazione del paese, coinvolgendo ogni classe sociale.

Sul versante della scuola elementare non perse occasione per indicare le contraddizioni di un sistema incapace di programmare un'efficace politica contro l'analfabetismo, denunciando, in particolare: la sperequazione nell'accesso ai finanziamenti tra i comuni del settentrione e quelli del meridione, la miopia della burocrazia ministeriale e l'inerzia delle classi dirigenti meridionali. Tali furono le ragioni che spinsero il S. a mantenere una linea critica verso i provvedimenti varati dal ministro Orlando per lo sviluppo della scuola popolare (1904), il disegno di riforma sull'ispettorato e, successivamente, l'impostazione della legge sull'avocazione della scuola elementare allo Stato dei ministri Edoardo Daneo e Luigi Credaro (1911), responsabile, a suo avviso, di ledere la spinta delle autonomie locali e di continuare a perpetuare le antiche discriminazioni fra Nord e Sud.

Prevalente attenzione il S. riservò tuttavia all'istruzione secondaria e all'associazionismo dei professori. Nel 1901 promosse con Giuseppe Kirner la Federazione nazionale degli insegnanti di scuola media (FNISM), l'organismo professionale e sindacale che, oltre a promuovere il miglioramento dello stato giuridico ed economico della classe insegnante e animare culturalmente la categoria, ebbe un ruolo di primo piano nelle vicende che caratterizzarono la politica scolastica d'inizio '900: i congressi della Federazione furono infatti punti di riferimento del complesso dibattito sulla riforma della scuola media.

Il S. svolse in tale contesto un ruolo da protagonista, avversando il progetto di una scuola media unica senza latino, preparatoria a due indirizzi, classico e tecnico presentato nel 1905 dal ministro della P.I. Leonardo Bianchi e oggetto di un lungo esame da parte di un'apposita commissione da cui si dimise con ragioni ampiamente argomentate nel volume La riforma della scuola media (1908), scritto in collaborazione con Alfredo Galletti.

Al progetto del Bianchi il S. oppose una scuola secondaria distinta in tre indirizzi: una scuola popolare ad indirizzo pratico; una scuola di media cultura, preparatoria al livello successivo di studi professionali, senza sbocco universitario; una scuola selettiva di alta cultura costituita da due gradi e a doppio indirizzo, moderno (scienze e lingue) e classico, preparatoria per gli studi universitari. In tal modo secondo il S. si sarebbe potuto rispondere ai processi di modernizzazione in atto nel paese, d'un lato rafforzando l'istruzione tecnico-professionale e, dall'altro, garantendo la formazione di una classe dirigente selezionata per merito ed alto profilo morale formata intorno ai valori della scuola classica.

Dopo aver perso tutta la sua famiglia nel terremoto di Messina del 1908, il S. si trasferì a Firenze, insegnando per un anno all'Istituto di studi superiori e passando, l'anno successivo, all'università di Pisa.

Nel frattempo innescava dalle pagine de «La Voce» diretta da Giuseppe Prezzolini una campagna antigiolittiana che culminò con la pubblicazione de Il ministro della malavita (1910), in cui denunciava la corruzione nel Meridione e la responsabilità politica di Giolitti. Nel 1911, a seguito del definitivo distacco dal Partito socialista e dei dissensi sulla linea editoriale della rivista prezzoliniana, fondò il settimanale «L'Unità», proclamando il metodo del «concretismo», aperto alla considerazione dei fatti al di là della retorica ideologica corporativa del riformismo socialista.

Lo scoppio della guerra lo vide interventista democratico al fianco di Leonida Bissolati, e, arruolato volontario, partì per il fronte carsico, ma le precarie condizioni di salute gli imposero il rientro a Firenze, dove – a partire dal 1916 – ottenne il passaggio alla cattedra di Storia moderna dell'Istituto di studi superiori.

Eletto deputato in una lista di ex combattenti (1919), fondò, nel 1925, con i fratelli Carlo e Nello Rosselli ed Enrico Rossi, il foglio clandestino «Non mollare», primo giornale antifascista; arrestato nello stesso anno, processato e condannato, poté godere di un'amnistia che gli permise di rifugiarsi in Francia.

Tra il 1925 e il 1934 il S. visse viaggiando tra Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti, continuando la sua attività antifascista nel movimento Giustizia e Libertà e impegnandosi in un'intensa campagna di sensibilizzazione contro il regime (Memorie di un fuoriuscito, 1960). Chiamato a Harvard, dove insegnò Storia della civiltà italiana dal 1934 al 1947, svolse numerosi cicli di conferenze, richiamando le analisi da lui proposte negli studi dedicati all'origine del regime e alla sua storia (The Fascist Dictatorship in Italy, 1927; Mussolini diplomate, 1932; Under the Axe of Fascism, 1936).

Rientrato in Italia nel 1947 e ripreso – due anni dopo – l'insegnamento di Storia moderna all'università di Firenze, continuò il suo impegno storiografico lungo un percorso caratterizzato da un moderatismo democratico e da una cultura laica contrapposti a ogni interesse di classe. Durante gli anni '50, dalle pagine de «Il Ponte» continuò a intervenire polemicamente sulle politiche scolastiche adottate dai governi democristiani, soprattutto per difendere la laicità della scuola pubblica (Il programma scolastico dei clericali, 1951). Il S. morì a Sorrento (Napoli) il 6 settembre 1957.

[Florindo Palladino]

Fonti e bibliografia: Istituto storico della Resistenza in Toscana, Firenze, fondo Salvemini (ved. S. Vitali, Archivio Gaetano Salvemini. Manoscritti e materiali di lavoro, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, 1998; A. Becherucci, Archivio Gaetano Salvemini. Inventario della corrispondenza, Bologna, CLUEB, 2007); ACS, Roma, Ministero P.I., Direzione Generale Istruzione Universitaria, Fascicoli personali dei professori ordinari (1940-1970), 3° versamento, b. 416.

Si indicano soltanto i contribuiti più significativi successivi al fondamentale lavoro di M. Cantarella, Bibliografia salveminiana 1892-1984, Roma, Bonacci, 1986: G. Cingari (ed.), Gaetano Salvemini tra politica e storia, Roma-Bari, Laterza, 1986; R. Sani, Il «Mondo» e la questione scolastica (1946-1966), Brescia, La Scuola, 1987, pp. 7-9, 17-20, 27-29, 34 e passim; G. Minervini, Salvemini e la democrazia, Manduria, Lacaita, 1994; A. Carrannante, Gaetano Salvemini nella storia della scuola italiana, Torino, Theleme, 2000; L. Pazzaglia, La scuola fra Stato e società negli anni dell'età giolittiana, in L. Pazzaglia, R. Sani (edd.), Scuola e società nell'Italia unita, Brescia, La Scuola, 2001, pp. 171-211; M. Degl'Innocenti, Gaetano Salvemini e le autonomie locali, Manduria, Lacaita, 2007; G. Quagliariello, Gaetano Salvemini, Bologna, Il Mulino 2007; G. Ricuperati, Fra Clio e Minerva: Gaetano Salvemini e l'istruzione, in «Rivista storica italiana», 2008, n.1, pp. 183-239; M. Baldacci et al., Gaetano Salvemini e la scuola, Manduria, Lacaita, 2009; E. Ottani, C. Preti (edd.), Lotta politica e questione meridionale in Gaetano Salvemini, Conversano, Fondazione «G. Di Vagno», 2009; G. Cavaglion, G. Anceschi, Gaetano Salvemini, le biblioteche, la scuola e la storia d'Italia, Firenze, Il Ponte, 2009; M.I. De Santis, Gaetano Salvemini: una vita per la democrazia e la libertà, Molfetta, Nuovacentrostampa, 2010; G. Pescosolido (ed.), Gaetano Salvemini (1873-1957): ancora un riferimento, Manduria, Lacaita, 2010.