Salgàri Emilio

Professioni: Scrittore
Ambiti di produzione: Letteratura italiana, letteratura per l'infanzia
Luoghi di attività: Veneto, Piemonte, Liguria

Emilio Salgàri nacque a Verona il 21 agosto 1862 da una famiglia di modesti commercianti. Dopo aver frequentato le scuole tecniche, si trasferì presso una zia materna, a Venezia, dove si iscrisse come uditore all'istituto nautico «P. Sarpi». Nel 1880, pur avendo seguito le lezioni in modo regolare, ma con scarsi risultati, abbandonò la scuola senza ottenere il brevetto di capitano di lungo corso. Nel 1883 fece il suo debutto letterario su un settimanale illustrato milanese, «La Valigia», dove pubblicò I selvaggi della Papuasia. Nello stesso anno, su «La Nuova Arena» di Verona uscirono anche il romanzo d'esordio Tay-see, poi pubblicato come La rosa del Dong-Giang, e le prime puntate de La tigre della Malesia, dove compare Sandokan, il suo personaggio più famoso.

Nel 1884 entrò come cronista nell'altro quotidiano di Verona, «L'Arena» e tre anni più tardi diede alle stampe il suo primo libro, La favorita del Madhi. Nel 1893, in seguito alla stipula di un contratto che prevedeva uno stipendio fisso con l'editore Speriani, si trasferì a Torino. Poco dopo, nel 1896, sottoscrisse un contratto con un altro editore, il genovese Donath, e per seguirne le edizioni traslocò nel capoluogo ligure, per poi tornare definitivamente a Torino nel 1900. Sempre per Donath diresse, tra il 1904 e il 1906, il settimanale «Per Terra e per mare» che abbandonò, decretandone la chiusura, quando passò all'editore fiorentino Bemporad.

In quasi trent'anni di carriera il S. pubblicò, in maniera caotica e in rapida successione (spesso utilizzando pseudonimi, quali capitano Guido Altieri, S. Romano), almeno 83 romanzi e circa 150 tra racconti e novelle. La frenetica produzione si distribuì tra vari editori (oltre a quelli già citati vanno ricordati almeno Treves e Cogliati di Milano e Paravia di Torino) con i quali ebbe rapporti controversi e dai quali spesso fu largamente sfruttato. Ma il S. non solo subiva un mercato editoriale spesso iniquo con gli autori; egli, da parte sua, non seppe dare un ordine alla scrittura, non riuscì a programmare e razionalizzare la produzione, cadendo vittima, in un certo senso, della sua stessa smania letteraria. Di certo non furono d'aiuto l'eccesso di tabacco e soprattutto di liquori.

Collaborò inoltre ai maggiori giornali per bambini, tra cui «Il Giornalino della domenica» di Luigi Bertelli (Vamba) e i suoi volumi, specialmente quelli editi da Donath, furono illustrati dai maggiori disegnatori del tempo, tra cui Alberto Della Valle, Gennaro Amato, Aurelio Craffonara e Pipein Gamba, con cui strinse amicizia negli anni genovesi, trascorsi nell'allora comune autonomo di Sampierdarena.

L'opera salgariana si può suddividere in alcuni filoni preminenti. In primo luogo c'è la serie dei romanzi maggiori distribuiti nel ciclo di Sandokan o dei pirati della Malesia (con opere come I misteri della jungla nera, 1895; I pirati della Malesia, 1896; Le tigri di Mompracem, 1900; Il re del marre, 1904), in quello dei corsari delle Antille (ad esempio Il corsaro nero, 1898; La regina dei Caraibi, 1901; Jolanda, la figlia del Corsaro nero, 1905; Il figlio del Corsaro rosso, 1908) e in quello del West (tra cui Il re della prateria, 1896; Sulle frontiere del Far West, 1908; La scotennatrice, 1909; Le selve ardenti, 1910). A queste serie si affiancano i cosiddetti cicli minori, come quello africano (La Costa d'Avorio, 1898; Le Pantere di Algeri, 1903; I Briganti del Riff, 1911), quello dei due marinai (Il tesoro del Presidente del Paraguay e Il continente misterioso, entrambi del 1894) e quello dell'aria (I figli dell'aria, 1904 e Il re dell'aria, 1907).

Gli ambienti toccati dalle avventure salgariane sono i più disparati: dal Polo Nord (Al Polo Nord, 1898) alla Siberia (Gli orrori della Siberia, 1900), dall'Alaska (I minatori dell'Alaska, 1900) alla Cina (Le stragi della China, 1901), dal Sahara (I predoni del Sahara, 1903) al Polo Australe (Al Polo Australe in Velocipede, 1896), tanto che si può dire che S., il quale non fu mai «capitano» come invece amava farsi chiamare, abbia condotto generazioni di italiani in un lungo viaggio intorno al mondo. I suoi libri sono stati come una sorta di grande atlante geografico, dove si è venuto costruendo un immaginario fatto di avventura, di libertà, di amore per l'ignoto, ma anche di rispetto per la diversità e le minoranze che risalta nell'epoca dell'imperialismo europeo.

La scrittura salgariana appare, nel complesso, nervosa e non sempre stilisticamente adeguata, spesso infarcita di nozionismi (geografici, botanici, zoologici), e le trame quasi sempre troppo semplici, ma la capacità di fuggire il provincialismo di tanta letteratura d'evasione e amena a lui coeva, e la moderna capacità di dare un ritmo serrato e descrizioni d'effetto ai suoi racconti, ne decretarono, fin da subito, un grande successo nazionale ed europeo. I suoi libri ebbero tirature anche superiori alle 100 mila copie, con moltissime ristampe, e nonostante fossero in molti casi sconsigliati dagli educatori e visti con sospetto negli ambienti religiosi, furono sempre tra le letture preferite da bambini e ragazzi.

Il S. conferma come l'età umbertina sia stata il momento in cui cominciò a delinearsi una fisionomia di massa per la letteratura popolare e giovanile italiana. Insieme ad autori come Carlo Lorenzini, Collodi, e soprattutto Edmondo De Amicis, lo scrittore veronese contribuì a fondare un genere di largo consumo poi trasmigrato anche nel cinema fin dagli anni '20 e poi nella televisione.

All'intersezione tra un pubblico adulto in cerca di svago e semplicità e un pubblico giovane destinato a perdersi nel sogno di viaggi ed avventure esotiche, il S. è uno degli scrittori per l'infanzia editorialmente più longevi e di maggiore impatto. La brillante carriera, in termini di diffusione e notorietà e non certo dal punto di vista del guadagno, si accompagnò con una vita segnata da eventi spiacevoli, come il suicidio del padre nel 1889 e la malattia mentale della moglie, internata in manicomio nel 1911. Anche la sua fine fu tragica: infatti il S. morì suicida, a Torino, il 25 aprile 1911.

[Davide Montino]

Bibliografia: O. Salgari, Mio padre Emilio Salgari, Milano, Garzanti, 1940; F. Bresaola, La giovinezza di Emilio Salgari, Verona, ICA, 1963; G. Arpino, R. Antonetto, Vita, tempeste, sciagure di Salgari il padre degli eroi, Milano, Rizzoli, 1982; B. Traversetti, Introduzione a Salgari, Roma-Bari, Laterza, 1989; S. Gonzato (ed.), Omaggio a Salgari. «Io sono la tigre», Verona, Banca popolare di Verona, 1991; F. Pozzo, Emilio Salgari e dintorni, Napoli, Liguori, 2000; L. Villa (ed.), Emilio Salgari e la grande tradizione del romanzo d'avventura, Genova, ECIG, 2007; P. Boero, C. De Luca, La letteratura per l'infanzia, Roma-Bari, Laterza, 2009, pp. 65-71.