Rosmini Serbati Antonio

Professioni: Scrittore, educatore
Ambiti di produzione: Cultura religiosa e teologica, filosofia, insegnamento religioso, libertà di insegnamento, movimento cattolico, pedagogia
Luoghi di attività: Trentino Alto Adige, Piemonte, Italia

Antonio Rosmini nacque a Rovereto (Trento) il 24 marzo 1797 in una famiglia di tradizioni aristocratiche. Manifestò precocemente l'intenzione di corrispondere alla vocazione religiosa, nonostante qualche resistenza opposta dalla famiglia che avrebbe preferito vederlo erede del casato. Nel 1816 si trasferì a Padova per seguire i corsi universitari e qui strinse amicizia, poi durata per tutta la vita, con Niccolò Tommaseo come sarebbe accaduto, un poco più tardi (dal 1826), con Alessandro Manzoni e, poi, con Gustavo Cavour (dal 1836).

Ordinato sacerdote nel 1821, impostò la sua vita secondo uno stile ascetico e interamente dedito allo studio, con speciale riguardo alla riflessione teologica e filosofica. Nel 1828 il R. diede vita all'Istituto della carità (ordine religioso volto specialmente all'educazione) a Domodossola, in Piemonte, dove si era nel frattempo trasferito, così denominato in quanto deputato a praticare la «carità universale», ossia la carità spirituale, intellettuale e corporale per il bene del prossimo. Qualche anno dopo (1832) promosse con analoga impostazione la congregazione femminile delle Suore della Provvidenza, presto richieste come maestre in molte località.

Nel 1836 lasciò in via definitiva Rovereto – dove da tempo era sospettato dalle autorità austriache per le sue simpatie filo italiane – e si stabilì a Stresa, sulla riva piemontese del lago Maggiore, luogo di incontri con intellettuali e personalità politiche. Tre anni più tardi il papa Gregorio XVI approvò l'Istituto della carità, nominando il R. superiore generale, mentre egli continuava la sua opera di studioso e pensatore impegnato a conciliare il pensiero tradizionale con le conquiste della riflessione moderna.

La notorietà che a poco a poco cominciò ad accompagnare la sua attività di pensatore gli fruttò le prime controversie tra cui spiccano quella con Vincenzo Gioberti e quella con l'ala più conservatrice degli ambienti curiali contraria alla modernità filosofica della riflessione del R.

Non è possibile cogliere l'interesse del sacerdote roveretano per le questioni educative e pedagogiche se esso non viene collocato entro il quadro più vasto, filosofico e politico, della sua riflessione. Secondo il R. tutta la storia della filosofia moderna, da Locke a Kant, è storia di una chiusura della ragione nei confini del sensibile; il culmine di tale impostazione si manifesta nel criticismo kantiano che, rendendo sospetta tutta la metafisica, avrebbe completato l'opera di distruzione iniziata dall'empirismo al quale Kant pure pretendeva contrapporsi. Il R. si sforzò di elaborare un sistema di pensiero alternativo volto a superare sia il relativismo sia il soggettivismo, confrontandosi con l'empirismo e il sensismo, da un lato, il kantismo dall'altro.

Tale sistema filosofico è raccolto nelle sue opere più importanti: il Nuovo saggio sull'origine delle idee (1830), l'Antropologia in servizio della scienza morale (1838), la Filosofia del diritto (1843), la Logica (1853).

Il proposito del R. fu quello di salvaguardare – contro una concezione della modernità che presumeva di poter fare a meno di Dio – la dimensione trascendente dell'antropologia cristiana e a tal fine, partendo dalla meditazione sull'uomo, propose la riorganizzazione organica del sapere al cui centro pose la persona umana. Contro il naturalismo e l'idealismo il R. oppose una visione spiritualistica della persona in cui l'uomo, a immagine di Dio, emerge come un valore intrinseco.

Fu all'interno di questo complessivo contesto che il R. ripensò e rinnovò alcune istanze fondamentali dell'educazione cristiana, sfidata dal sensismo di Locke e Condillac e dal naturalismo rousseauiano. In questa prospettiva si svolgono i suoi scritti pedagogici più importanti: Dell'educazione cristiana (1821), Sull'unità dell'educazione (1826) e Del principio supremo della Metodica (pubblicato postumo nel 1857, ma elaborato tra il 1839 e il 1840 e lasciato incompleto) oltre all'importante prefazione alla seconda edizione del Catechismo disposto secondo l'ordine delle idee (1844).

Principio unitario di intelligenza, di sentimento e di volontà, l'uomo è costituito nella potenziale totalità del suo essere dalla capacità di intendere, di sentire e di volere. Queste tre parti formano una «perfetta unità» nella quale, tuttavia, la volontà risulta la facoltà decisiva in quanto la dimensione morale costituisce il principio di perfezionamento dell'uomo. È proprio questa facoltà, infatti, che decide della «bontà della vita». Nel perfezionamento della volontà, si perfeziona tutto l'uomo, educandolo sul piano morale, lo si educa in prospettiva integrale.

La pedagogia è chiamata a mettere a punto un progetto finalizzato a dare «ordine alla vita», stabilendo una gerarchia dei beni e dell'ordine che li tiene in relazione. Al vertice del processo educativo sta la «morale religiosa» che raccoglie in sé il vero e assoluto bene dell'uomo; le altre forme educative (intellettuale, fisica, sociale e tecnica) sono considerate soltanto mezzi utili per l'unico ed autentico fine. Il fine dell'educazione non è solo principio di ordine, ma anche di unità (così nel saggio Sull'unità dell'educazione) ed, anzi, l'una non può darsi senza l'altra. Se il concetto di ordine implica un rapporto di subordinazione, quello di unità implica la relazione delle parti con il tutto e del tutto con le parti.

Da queste premesse scaturivano importanti conseguenze. La prima, di ordine religioso, prospettava un'idea di cristianità e di Chiesa, ispirata al modello comunitario dei primi secoli. La centralità assegnata alla persona implicava che la fede e la Chiesa non potessero più essere poste al servizio del potere (come accadeva nelle teorie politico-religiose Trono/Altare), ma occorreva che si configurassero come missione e servizio all'uomo e alla società (Le cinque piaghe della Chiesa, pubblicato nel 1848, ma scritto nel 1832).

La seconda era di carattere politico: l'educazione e l'istruzione erano necessità non solo giustificate dalla modernità borghese o dalle contingenze economiche, ma si radicavano nella dignità stessa della persona. L'educazione era, in particolare, intesa come «perfezionamento» (e cioè come compimento di sé) e quindi vista come un diritto inalienabile della persona.

La terza, di ordine pedagogico, era volta a garantire un'educazione diffusa anche tra il popolo proprio in nome dell'eguaglianza sostanziale (e non contrattuale) delle persone: Rosmini antepone in tal modo la formazione della persona alla formazione del cittadino. I diritti educativi rientrano tra i diritti naturali e quindi sono indipendenti dalle costituzioni civili e dalle scelte politiche. Essi perciò appartengono in primo luogo ai genitori, per natura e non per concessione dello Stato (di qui la necessità della libertà di educazione).

La quarta, infine, era di natura didattica. La mente umana non era una tabula rasa come pretendevano i sensisti e gli insegnamenti dovevano tenere conto delle esperienze pregresse ed essere commisurati allo sviluppo dell'allievo. Il R. enuncia il principio della gradazione e cioè del concatenamento delle conoscenze a partire da quelle elementari. Con la legge della gradazione (destinata ad avere notevole fortuna nei decenni successivi) egli cercava di trovare un metodo universale per facilitare, incrementare e sostenere i processi di scolarizzazione dei ceti popolari.

L'ultima parte della vita del R. fu segnata dall'amarezza per l'infausto esito della sua missione dagli intenti pacificatori svolta a Roma nell'incandescente clima del 1848 e per le ingiuste accuse che ne circondarono l'attività politica i cui risvolti portarono alla messa all'Indice di alcuni suoi scritti tra cui Le cinque piaghe della Chiesa.

Ritiratosi a vita strettamente privata a Stresa, tornò agli amati studi, con un breve ritorno all'agone politico nei primi anni '50 per contrastare il centralismo statalista dei governi piemontesi e rivendicare il principio della libertà d'insegnamento e d'educazione. Il R. morì nella cittadina lacustre il 1° luglio 1855 ed è stato proclamato beato il 18 novembre 2007.

[Giorgio Chiosso]

Fonti e bibliografia: le carte del R. sono conservate presso il Centro internazionale di studi rosminiani, Stresa; tutti gli scritti pedagogici del R. sono stati riediti a cura di G. Picenardi, Stresa, Edizioni rosminiane Soliditas, 2009.

EF (ed. Bompiani, 2006), vol. X, pp. 9852-9860; EP, vol. V, cc. 10151-10162; MC, vol. III, pp. 410-418; PE, pp. 366-370; G. Bergamaschi (ed.), Dizionario antologico del pensiero di Antonio Rosmini, Roma, Città Nuova, 2000.

Limitatamente agli studi d'interesse educativo e pedagogico più significativi: A. Rosmini, Antologia pedagogica, a cura di G. Pusineri, Rovereto, Tip. S. Ilario, 1928; M. Casotti, La pedagogia di Antonio Rosmini e le sue basi filosofiche, Milano, Vita e pensiero, 1937; D. Morando, La pedagogia di Antonio Rosmini, Brescia, La Scuola, 1955; S. Colonna, L'educazione religiosa nella pedagogia di A. Rosmini, Lecce, Milella, 1963; L. Prenna, Dall'essere all'uomo. Antropologia dell'educazione nel pensiero rosminiano, Roma, Città Nuova, 1979; R. Lanfranchi, Genesi degli scritti pedagogici di Antonio Rosmini, Roma, Città Nuova, 1983; «Pedagogia e vita», 1997, n. 6, fascicolo monografico; F. De Giorgi, Antonio Rosmini e il suo tempo. L'educazione dell'uomo moderno tra riforma della filosofia e rinnovamento della Chiesa (1797-1833), Brescia, Morcelliana, 2003; U. Muratore, Linee attuali di una pedagogia rosminiana, in «Rivista rosminiana», 2010, n. 104, pp. 109-122.