Rodari Gianni

Professioni: Scrittore
Ambiti di produzione: Comunismo, cultura locale, letteratura italiana, letteratura per l'infanzia
Luoghi di attività: Piemonte, Italia

Gianni Rodari nacque a Omegna (Verbania) sul lago d'Orta il 23 ottobre

Ai territori della sua infanzia restò sempre così legato al punto che negli ultimi anni di vita sentì prepotente il bisogno di un ritorno alle zone del Cusio, si interessò di proverbi e modi di dire locali e legò il suo stupendo C'era due volte il barone Lamberto (1978) all'isola di S. Giulio.

Alla morte del padre (1929), fornaio, la madre e i due figli si trasferirono a Gavirate (Varese). Anche in questo caso la memoria del tragico avvenimento restò fortemente incisa nella mente dello scrittore, al punto da tornare in quella pagina esemplare di Grammatica della fantasia, che da un lato chiarisce la presenza quasi ossessiva dei gatti nell'intera sua opera, dall'altro evidenzia l'estremo pudore di uno scrittore per l'infanzia che, anche nei momenti più intensi e drammatici, sa rinunciare alla comodità delle frasi ad effetto: «L'ultima immagine che conservo di mio padre è quella di un uomo che tenta invano di scaldarsi la schiena contro il suo forno. È fradicio e trema. È uscito sotto il temporale per aiutare un gattino rimasto isolato tra le pozzanghere. Morirà dopo sette giorni, di bronco-polmonite. A quei tempi non c'era la penicillina».

Nel 1937, dopo alcuni anni di seminario, il R. conseguì il diploma magistrale e, fra il 1938 e il 1940, fu maestro supplente in Lombardia. Nel 1943, nonostante fosse rivedibile per ragioni di salute, fu richiamato alle armi dalla Repubblica sociale italiana e mandato a prestare servizio nell'ospedale di Baggio a Milano; nel frattempo, entrò in contatto con alcuni comunisti e l'anno successivo – appena iscritto al Partito comunista – passò in clandestinità; a Liberazione avvenuta, cominciò l'attività di giornalista e scrittore.

Per due anni diresse «L'Ordine nuovo», rivista della federazione comunista di Varese, poi passò alla redazione milanese del quotidiano «l'Unità» per arrivare nel 1950 a Roma, chiamato da Giancarlo Pajetta, a fondare e dirigere con Dina Rinaldi il «Pioniere», settimanale per ragazzi legato al Partito comunista, che con la testata cattolica «Il Vittorioso» si divideva il pubblico giovanile negli anni della ricostruzione.

Il decennio 1949-1958 vide impegnato il R. nella produzione per bambini a livello sia di rubriche giornalistiche sia di volumi destinati – nonostante la limitata diffusione all'area della sinistra – a costituire un punto di riferimento per la letteratura infantile del dopoguerra e un «serbatoio» straordinario per le successive opere, da Il libro delle filastrocche a Il treno delle filastrocche, da Il romanzo di Cipollino a Il viaggio della Freccia Azzurra, ripubblicate fino ad oggi e che consentono di rilevare l'attenzione del R. verso alcuni elementi tipici della tradizione popolare, dal gusto della parodia alla contrapposizione fra infanzia e mondo adulto.

Dal dicembre 1958 il R. iniziò a lavorare a «Paese sera» dove restò fino alla morte, collaborò al «Corriere dei piccoli» e a «La Via migliore», periodico edito dall'Associazione Casse di risparmio italiane e distribuito gratuitamente in tutte le scuole italiane; dal 1968 al 1971 diresse «Il Giornale dei genitori». Nel 1965 vinse il premio «A. Rubino» del Lions Club di Sanremo e nel 1970 ricevette il premio «Andersen».

La vera notorietà di R. a livello di pubblico infantile e di educatori arrivò intorno al 1960 quando Einaudi pubblicò Filastrocche in cielo e in terra con le illustrazioni di Bruno Munari. Con le sue filastrocche lo scrittore omegnese contribuiva a introdurre nuovi temi nella letteratura italiana per l'infanzia: le differenze sociali, lo sfruttamento nel lavoro, l'antimilitarismo, la solidarietà tra oppressi. Tutte tematiche svolte attraverso un linguaggio attento ai giochi di parole, al divertimento della rima e privo di quelle venature polemiche che avevano caratterizzato una parte dei versi del decennio precedente.

Nel 1962, sempre da Einaudi, uscirono Favole al telefono e Il pianeta degli alberi di Natale, mentre Mursia pubblicò la «favola in orbita» Gip nel televisore: sono testi diversi, ma capaci di esprimere a pieno volume tutti i pregi della fantasia rodariana; le Favole al telefono, ad esempio, «risentono – come scrive Antonio Faeti – di eredità addirittura remote. Si collegano all'aneddoto, di cui ricalcano la brevità, e rovesciano il senso di una più recente proposta, non perché non possiedano basi etiche, ma perché individuano, nel moralismo pettegolo e vile di tanti libri di testo, un obiettivo contro cui vale la pena di battersi...».

Il pianeta degli alberi di Natale e Gip nel televisore immergono il lettore in una dimensione solo apparentemente fantascientifica perché dal fondo delle narrazioni emerge tenace il senso dell'utopia, la scommessa su un futuro diverso e migliore. In tale ambito si colloca anche La torta in cielo (1966) nato dagli incontri del R. con gli alunni di una scuola della borgata romana del Trullo. Il romanzo prende le mosse da un oggetto misterioso (un disco volante... una gigantesca torta dolce) sceso appunto sulla borgata; i protagonisti sono bambini, uomini, donne, generali, soldati e, anche in questo caso, il senso ultimo del testo (i bambini dividono amichevolmente la torta) appartiene a pieno titolo alla pedagogia rodariana: sono spesso gli adulti a far maturare nei giovani un errato senso della proprietà, un pericoloso individualismo.

Il libro degli errori (1964), Venti storie più una (1969), Tante storie per giocare (1971), le Novelle fatte a macchina (1973) sono poi altrettante tappe di un percorso creativo che ha trovato ormai la sua strada, dagli «errori che spesso stanno non nelle parole ma nelle cose» del primo all'ironia sui miti fasulli e sulle assurdità del mondo moderno dell'ultimo.

In quegli stessi anni il R. non trascura neppure la riflessione critica su temi pedagogici, psicologici e di politica scolastica: nel 1973 dagli Incontri con la Fantastica – sviluppati come corso d'aggiornamento a Reggio Emilia – ricava la fondamentale Grammatica della fantasia, che ancora oggi appare una straordinaria summa della sua cultura, dalla coscienza del valore educativo dell'utopia all'insistito richiamo che «l'immaginazione è una funzione dell'esperienza» e come tale va coltivata anche nello spazio scolastico. Il R. morì a Roma il 14 aprile 1980.

[Pino Boero]

Fonti e bibliografia: gran parte della documentazione, relativa soprattutto alle edizioni italiane e straniere, è conservata presso il Centro studi «G. Rodari» di Orvieto (Terni).

Fra i numerosi studi sul R.: Se la fantasia cavalca con la ragione. Prolungamento degli itinerari suggeriti dall'opera di Gianni Rodari, a cura di C. De Luca, Bergamo, Juvenilia, 1983; M. Argilli, Gianni Rodari. Una biografia, Torino, Einaudi, 1989; C. De Luca, Gianni Rodari. La gaia scienza della fantasia, Catanzaro, Abramo, 1991; F. Califano, Lo specchio fantastico. Realismo e surrealismo nell'opera di Gianni Rodari, Trieste, EL, 1998; Il cavaliere che ruppe il calamaio. L'attualità di Gianni Rodari, a cura di F. Lullo e T.V. Viola, Novara, Interlinea, 2007; P. Boero, Una storia, tante storie. Guida all'opera di Gianni Rodari, Trieste, Einaudi Ragazzi, 2010.