Mazza Mario

Professioni: Maestro, educatore
Ambiti di produzione: Didattica, editoria scolastica, educazione giovanile, movimento cattolico, pedagogia, scoutismo
Luoghi di attività: Liguria, Lazio, Lombardia, Veneto, Italia

Mario Mazza nacque a Genova il 7 giugno 1882. Dopo aver frequentato il liceo nel collegio salesiano di Varazze, proseguì gli studi nella facoltà di Scienze naturali, che presto abbandonò per occuparsi di pedagogia e di questioni educative. Per mantenersi agli studi, infatti, sotto la spinta del padre, aveva iniziato ad insegnare nelle scuole elementari, scoprendo così la sua vera vocazione di maestro e di educatore.

Nel 1904, con altri studenti, fondò presso un vecchio oratorio di Genova la prima «Gioiosa»: un luogo dove i ragazzi di strada potevano ritrovarsi per stare insieme, giocare e per essere educati ai valori cristiani. Da questa attività scaturì, l'anno dopo, la pubblicazione di Juventus Juvat. Organizzazione nazionale per l'educazione, in cui espose un vasto piano di riforma che assegnava all'educazione un ruolo centrale nelle politiche sociali del nuovo secolo. Questa convinzione non avrebbe più abbandonato il M., che nel corso degli anni avrebbe profuso molte energie a favore dei giovani, in specie dopo la conoscenza delle idee dell'inglese Baden Powell e della nascita del primo gruppo scout italiano (Ragazzi esploratori italiani, REI) nei pressi di Lucca, nel 1910.

In quello stesso anno insieme al medico inglese James Spensley, costituì la sezione genovese dei REI, presieduta dal conte Ottavio Reghini che però lasciò appena l'anno dopo a seguito dei contrasti di natura ideologica creatisi con lo stesso presidente, per ricostituire le sue «Gioiose», ora modellate sull'esempio scout. Furono quelli anni fervidi sotto il profilo dello sviluppo della cultura scoutistica italiana. Mentre a Roma nel 1912 venne fondato il Corpo nazionale giovani esploratori (CNGEI), il M. da parte sua, sotto gli auspici del mondo ecclesiastico genovese, trasformò nel 1913 le «Gioiose» nei Ragazzi esploratori cattolici italiani (RECI), la prima associazione scout cattolica italiana, gruppo che tuttavia non uscì mai, nonostante il nome, dai confini regionali.

Se in un primo momento la Chiesa cattolica sembrò diffidare dallo scoutismo, proprio grazie anche all'attività di educatori come il M., nel volgere di breve tempo, arrivò a comprendere l'utilità del movimento degli esploratori, tanto da tentare di costituire una sezione cattolica all'interno del CNGEI. Fallita, tuttavia, questa operazione, nel 1916, sotto l'impulso del conte Mario Gabrielli Di Carpegna, guardia nobile del Papa, nacque finalmente l'Associazione scautistica cattolica italiana (ASCI), di cui quattro dei reparti iniziali erano costituiti dalle «Gioiose» del M., che nel 1921 divenne commissario centrale del sodalizio. Intanto, fin dal 1917, il M. aveva fondato «L'Esploratore», organo ufficiale dello scoutismo cattolico.

Con il regime fascista le associazioni giovanili subirono dapprima un severo allineamento, per poi essere soppresse – ad eccezione dell'Azione cattolica – sul finire degli anni '20 allo scopo di favorire lo sviluppo della sola Opera nazionale balilla (ONB). Definitivamente chiusa nel 1928 anche l'ASCI, il M. diede vita alle «Case del fanciullo» a Roma, Venezia, Genova e Milano, modellate sull'esempio delle prime «Gioiose». Pur senza mai ricoprire ruoli di primo piano nell'ONB, il M. non ne volle disconoscere la funzione, ma anzi la considerò come una delle opere fondamentali del regime, come scriveva ne La disciplina della squadra-Balilla (1940), testo in cui tentava di coniugare la tradizione scoutistica, la pedagogia attivista e il modello educativo militare implicito nell'educazione fascista.

All'indomani della liberazione di Roma, il M. si adoperò per la rinascita dell'ASCI, lavorando anche al progetto di portare in Italia lo scoutismo adulto, poi costituito nel 1954 come Movimento adulti scout cattolici italiani (MASCI).

Gli anni '20, sotto il profilo prettamente pedagogico, furono anche quelli dell'incontro del M. con l'idealismo e, in particolare, con Giuseppe Lombardo Radice, che lo chiamò a collaborare alla rivista «L'Educazione nazionale» (SPES, n. 445), cui affiancò anche scritti sul periodico magistrale «I Diritti della scuola» (SPES, n. 367), per il quale diresse per qualche tempo la «didattica in azione». L'incontro tra il M. e la pedagogia militante fu legata all'attività sperimentale condotta nelle sue classi elementari presso la scuola «Tommaseo» di Roma, dove si era nel frattempo trasferito. L'esperienza maturata in quella scuola e la frequentazione assidua del movimento pedagogico idealista, lo designarono, nel 1938, quale direttore della Scuola sperimentale «Leopoldo Franchetti», sempre a Roma, che guidò fino al 25 luglio 1943, quando venne chiusa.

La riflessione critica e gli anni di intenso studio portarono il M. ad elaborare, proprio presso la «Franchetti», un metodo di insegnamento della lettura e della scrittura che definì «naturale» e che distinse nel suo Leggere, scrivere, esprimersi (1941) da quello «globale» del Decroly, con cui pure condivideva gli aspetti relativi alla percezione globale, ma che si differenziava nelle tecniche adottate per raggiungere l'obiettivo. Altri scritti a carattere didattico e pedagogico furono Didattica e vita (1942) e Fare il maestro. Vocazione ed arte (1952).

La multiforme attività del M. si sviluppò, inoltre, nel settore dell'editoria scolastica, collaborando soprattutto con la casa editrice La Scuola di Brescia, con la pubblicazione di alcuni titoli più volte ristampati, tra cui le letture di religione Verità e vita (1945), le letture per le classi elementari Gioia (1947), il libro di testo per la prima classe elementare Io gioco (1953). Significativa fu anche la sua collaborazione con la rivista per i maestri «Scuola italiana moderna» (SPES, n. 1030). In precedenza aveva partecipato alla stesura dei libri di Stato apparsi tra il 1937 e il 1942 per la parte relativa alle scienze naturali, recuperando un'antica passione. Si dedicò anche alla letteratura giovanile con opere quali Pipper mint. Avventure di un ragazzo che non voleva diventare esploratore (1948), I racconti di Mario l'africano (1954) e Tre nidiate nella foresta (1955).

L'ultimo impegno lo vide coinvolto, non senza difficoltà, nella fondazione di un istituto magistrale sperimentale, con annesse scuole elementari e secondarie. Allo scopo tentò di creare un'associazione educativa («Libera scuola»), ma dovette ripensare il progetto iniziale, limitandosi alla fondazione della «Pro familia citernina», un comitato per la realizzazione di un istituto per i figli orfani dei lavoratori, che vide poi la luce nel 1950 a Cortona, ancora una volta ispirato ai princìpi dello scoutismo. L'istituto venne poi trasferito a Verona e durò fino alla sua scomparsa. Il M. morì a Verona il 22 novembre 1959.

[Davide Montino]

Fonti e bibliografia: Associazione Centro studi e documentazione scout «M. Mazza», Genova, fondo Mazza.

DSMCI, vol. III/2, p. 573; EP, vol. IV, cc. 7468-7472; SPES, nn. 367, 445 e 1030.

M. Sica, Storia dello scautismo in Italia, Firenze, La Nuova Italia, 1973, pp. 20-24, 45, 52-53, 64-66, 84-87, 97-99, 161-167, 172-175, 180-181, 202-204 e 215-218; A. Prete, Mario Mazza, Roma, Accademia internazionale per l'unità della cultura, 1998; A. Gibelli, Il popolo bambino. Infanzia e nazione dalla Grande guerra a Salò, Torino, Einaudi, 2005, pp. 24-25, 230 e 303; P. Agostino, Il sogno e l'opera. Mario Mazza (1882-1959). Dalla rinascita dello scoutismo al ritorno alla casa del Padre, Caselle di Sommacampagna, Cierre edizioni, 2009.