Luzzatto Samuel David

Professioni: Educatore, professore universitario
Ambiti di produzione: Cultura ebraica, grammatica, pedagogia
Luoghi di attività: Friuli Venezia Giulia

Nato a Trieste il 22 agosto 1800, Samuel David Luzzatto, noto con l'acronimo di Shadal, fu una delle figure più luminose dell'ebraismo dell'800. Il padre Ezechia, allontanato da S. Daniele del Friuli in applicazione di un decreto emanato dalla Repubblica di Venezia che vietava agli ebrei di risiedere nei villaggi sotto il proprio dominio, si era trasferito a Trieste nel 1777, dove aveva messo su famiglia. Samuel David portò a termine in privato gli studi avviati nella scuola pubblica israelita. A Trieste fu «insegnante di famiglia» in non poche case ebraiche.

Poeta ironico giovanissimo e appassionato studioso della letteratura ebraica, imparò a scrivere correntemente in francese e in latino. Il Tedeschi ricordò (1866) che, tredicenne, leggeva con diletto Locke e Condillac e il Caprin lo segnalò nei Nostri nonni per il suo ingegno precoce.

Dal 1829 fu docente di Lingua ebraica e caldaica, Sacra esegesi teologica dogmatica e morale, e Storia israelitica presso il collegio rabbinico di Padova, dove fondò la scienza del giudaismo e svolse, per il resto della sua esistenza, la sua attività di ricerca ed il proprio insegnamento. Di grande apertura mentale, volle chiamare il figlio Ohèv Gher, in italiano Filosseno, letteralmente «chi ama lo straniero». La sua traduzione del Pentateuco fu di riferimento per oltre un secolo. Ha lasciato un ricco carteggio con i più noti esponenti dell'ebraismo europeo. Scrisse su «L'Educatore israelita» e sul «Corriere israelitico».

La figura di educatore del L. è legata al suo rigore morale, alla severità della sua esistenza e all'umanità e dottrina del suo insegnamento. A Padova preparò il Catalogo della biblioteca ebraica e nel rispetto delle regole che il collegio rabbinico aveva stabilito per i propri professori attese alla stesura dei libri di testo sui quali dovevano studiare gli studenti. Il suo insegnamento della grammatica, che inizialmente era «imitativo» di studi precedenti, divenne a poco a poco «razionalismo linguistico». Le due opere padovane Prolegomeni a una grammatica ragionata della lingua ebraica (1836) e la Grammatica della lingua ebraica (1853-1869) rappresentano il documento della sua concezione della lingua e della grammatica e della loro funzione ermeneutica.

Nel 1848, in forma di lezioni presentate ai suoi «pregiatissimi uditori ed alunni amatissimi», scrisse Il giudaismo illustrato nella sua teorica, nella sua storia e nella sua letteratura. Nella «conchiusione» spiegava la propria interpretazione del giudaismo, «perseguitato, ma per sua essenza tollerantissimo» e incentrato su due principali elementi costituivi, «la fede nella provvidenza e la pratica della misericordia». Non trascurava di segnalare che nella storia dell'ebraismo si erano verificate distinzioni e contese. La causa principale di questi contrasti andava però cercata in una «fatale ignoranza della lingua della religione», alla quale bisognava assolutamente porre rimedio.

Il problema della lingua e dell'interpretazione dei testi divenne così la preoccupazione predominante della sua attività di studioso. Le sue note superano i confini dell'ebraismo e interessano la linguistica generale e l'insegnamento della lingua, perché mettono in chiaro la funzione ermeneutica della lingua in quanto tale, la quale può e deve servire non solo per comunicare, ma anche «per cogliere le verità profonde delle cose» e scoprire «le meraviglie della sapienza nascoste agli occhi degli uomini».

Il significato delle parole risulta dal contesto sintattico e letterario, ma questo non sempre è di per sé evidente e «si deve verificare e accertare». La lingua costituisce, pertanto, un percorso fondamentale di arricchimento del pensiero e della sensibilità dell'uomo e la strada di costruzione di un mondo che superi l'immediatezza del sociale e del quotidiano.

Accanto al problema della lingua il L. avvertì vivissima la questione dell'educazione delle nuove generazioni, «secondo l'altezza dei tempi», sia in quanto continuatrici di un sapere depositato, sia perché dovevano far propria una mentalità aperta per poter entrare in una società ed in una cultura che gli apparivano in via di profondo cambiamento. L'insegnamento non rappresentava un elemento aggiuntivo, ma costituiva un dovere ed un dettato implicito della professione del giudaismo. Per tali compiti il L. reputava essenziale le figura del maestro, alla quale riservò notevole attenzione. L'insegnante doveva fare in modo che i propri allievi formassero le loro capacità logiche ed imparassero a usare le informazioni in maniera ordinata e secondo conseguenza, anziché raccoglierle in parti isolate.

Fu autore di numerose volgarizzazioni di libri dei profeti destinati all'uso popolare oltre che di due raccolte di Discorsi morali agli studenti israelitici (1857 e 1870). Il L. morì a Padova, la sera del Kippur, il 30 settembre 1865.

[Claudio Desinan]

Fonti e bibliografia: Autobiografia di S. D. Luzzatto preceduta da alcune notizie storico-letterarie sulla famiglia Luzzatto a datare dal secolo decimosesto, Padova, Tip. Crescini, 1882.

DBI, vol. LXVI, pp. 743-747; EP, 1990, vol. IV, cc. 7136-7138.

M. Tedeschi, Due discorsi in morte del professore Samuel David Luzzatto, Trieste, Coen, 1866; I. Zoller, Il periodo triestino della vita di Samuel David Luzzatto, in «La Porta orientale», 1933, n. 10, pp. 619-624; Nel primo centenario della scomparsa di Samuel David Luzzatto, in «La Rassegna mensile di Israel», 1966, n. 9-10, pp. 152-156; C. Dionisotti, Appunti su Ascoli, in Ricordi della scuola italiana, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1998, pp. 280-282; T. Catalan, La comunità ebraica di Trieste, 1781-1914, Politica, società e cultura, Trieste, LINT, 2000, ad indicem.