Gobetti Piero

Professioni: Scrittore
Ambiti di produzione: Politica scolastica, storia della pedagogia
Luoghi di attività: Piemonte, Italia

Piero Gobetti nacque a Torino il 19 giugno 1901 da Giovanni Battista e Angela Canuto, piccoli commercianti. D'indole vivace e curiosa, ebbe a osservare in seguito di avere avuto una educazione «alquanto sommaria, affidata, come succede, a me stesso». Frequentò il ginnasio «Balbo» e il liceo «Gioberti» (qui ebbe come insegnanti, tra gli altri, Umberto Cosmo e il futuro ministro della P.I. Balbino Giuliano).

Nel 1918, conseguita la licenza liceale con un anno di anticipo, si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza di Torino, seguendo le lezioni di Luigi Einaudi, Francesco Ruffini e Gioele Solari. Nel 1922 si laureò brillantemente (appena ventunenne) con la tesi La filosofia politica di Vittorio Alfieri (poi pubblicata nel 1923).

Dalla lezione alfieriana, come dalle letture dei classici della Universale Sonzogno, dalle collane dell'editore Carabba e dai libri di Slataper, Boine, Jahier, Michestaedter e Papini, il G. trasse il profilo di una tempra morale e intellettuale adatta per uomini capaci di spirito di autonomia e sacrificio, di dignità e anticonformismo. Un percorso profondamente influenzato da una parte dalla riflessione sulla Riforma protestante, vista come evento rivoluzionario al pari del Cristianesimo delle origini, dall'altra dall'idealismo, soprattutto gentiliano, a cui riconobbe, almeno in una prima fase, una altezza di risultati e una profondità morale adatte per guidare la sua generazione. Temi ripresi e riassunti nell'articolo La rivoluzione italiana apparso il 30 novembre 1920 su «L'Educazione nazionale» (SPES, n. 445) di Giuseppe Lombardo Radice.

Non furono estranei a questa riflessione l'opera di traduttore di opere di Lucien Laberthonnière e di Maurice Blondel, gli studi su Dante e Leopardi, i saggi su Luigi Ornato, Giovanni Maria Bertini e sul alcuni esponenti del '700 piemontese. Dalla riflessione critica sul Risorgimento e sulle cause di una mancata rivoluzione borghese, capace di formare una nuova classe dirigente, si svolse l'interesse per la rivoluzione sovietica e la cultura russa che sollecitò il G. a imparare il russo, avviando le traduzioni di alcuni «classici» (Andreev, Puškin, Kuprin). Questi interessi furono condivisi con Ada Prospero, conosciuta nel 1918, poi amica, compagna e collaboratrice sino alle nozze avvenute nel gennaio 1923. Dall'unione nacque il 28 dicembre 1925 il figlio Paolo.

Tra gli anni 1918-1921 si collocano anche i più significativi interessi di carattere educativo del G. affidati all'adesione del programma scolastico idealista animato da Giovanni Gentile e sostenuto dalle iniziative del Lombardo Radice e di Ernesto Codignola (nel 1919 il G. sottoscrisse il manifesto del Fascio di educazione nazionale) e ad articoli apparsi sulle riviste «Energie nuove» (quindicinale pubblicato dal G. stesso dal 1918 al 1920), «L'Educazione nazionale» e «La Nostra scuola» (SPES, n. 725).

Tali interessi si svolsero in due principali direzioni: una di natura più strettamente politico-scolastica nella convinzione che la scuola potesse costituire uno strumento strategico per il rinnovamento etico della società italiana e una di carattere storico pedagogico volta a esplorare alcune pagine della storia educativa del Piemonte preunitario (le scuole di metodo, la libertà di insegnamento, la figura di Domenico Berti).

L'intesa maturata nel 1922 tra idealisti e fascismo (avendo a laboratorio proprio le pagine de «La Nostra scuola» alla quale il G. in precedenza aveva affidato numerosi contributi) determinò la netta dissociazione del G. dal programma riformistico del ministro Gentile espressa sulle pagine del settimanale «La Rivoluzione liberale» (12 febbraio 1922-8 novembre 1925). In specie in un articolo del 26 febbraio 1924 l'intellettuale torinese definiva la riforma «reazionaria più che fascista» con un esito ben diverso dai dibattiti che l'avevano preceduta. La riforma non si poneva lo scopo di introdurre una dinamica nella struttura della società italiana e semplicemente rafforzava i ceti tradizionalmente privilegiati, scelta opposta ai princìpi dell'autentico liberalismo ai quali il G. si ispirava.

A questa lettura aspramente critica della riforma non era estranea l'esperienza che il giovane studioso aveva compiuto, accostandosi al gruppo torinese dell'«Ordine Nuovo», guidato da Antonio Gramsci nel concepire la centralità della classe operaia. Dal 1921 il G. tenne infatti sull'«Ordine nuovo», organo del Partito socialista, una rubrica letteraria e teatrale dove pubblicò – sino al 1922 – centinaia di cronache e recensioni. Il crogiolo di fusione di queste esperienze fu la pubblicazione de «La Rivoluzione liberale» (su cui comparvero altri numerosi saggi d'argomento scolastico) con la collaborazione di molti giovani esponenti delle correnti democratiche e socialiste più dinamiche e innovatrici. Il settimanale si affiancò al periodico di cultura «Il Baretti», che allargò il coinvolgimento a collaboratori e autori antifascisti non direttamente coinvolti nel discorso politico: tra gli altri Cecchi, Sapegno, Solmi, Montale, Debenedetti e Saba.

Notevole fu anche l'attività editoriale di G. con la fondazione della Piero Gobetti editore, poi dal gennaio 1926 Edizioni del Baretti con testi di Montale, Amendola, Salvemini, Salvatorelli, Pareto e Sturzo. Nel catalogo si ritrovano le qualità dell'editore ideale tracciate dallo stesso G. La tenacia e l'accuratezza, rimandano all'attenzione verso temi politici, ma senza escludere posizioni diverse – la pubblicazione di Malaparte – l'invito alla sprovincializzazione e alla ricerca scientifica. Allo stesso G. si devono diversi titoli: La frusta teatrale (1923); Matteotti (1924); La rivoluzione liberale (1924); Risorgimento senza eroi (1926); Paradosso dello spirito russo (1926), alcuni dei quali postumi curati dagli amici.

Perseguitato dal fascismo, dopo avere subito sequestri e censure ed essere stato malmenato, il G. decise di trasferirsi con la moglie a Parigi ove morì due giorni dopo il suo arrivo il 15 febbraio 1926.

[Gianfranco Tortorelli]

Fonti e bibliografia: le carte del G. sono conservate presso l'omonimo Centro studi, Torino; tra i principali carteggi pubblicati: P. e A. Gobetti, Nella tua breve esistenza: lettere (1918-1926), a cura di E. Alessandroni Perona, Torino, Einaudi, 1991; G. Prezzolini (Ed.), Gobetti e «La Voce», Firenze, Sansoni, 1971; B. Gariglio (ed.), Con animo liberale. Piero Gobetti e i popolari: carteggi (1918-1926), Milano, Angeli, 1997. Sino al 1975 per la bibliografia, si veda G. Bergami (ed.), Guida bibliografica degli scritti su Piero Gobetti. 1918-1975, Torino, Einaudi, 1981.

DBI, vol. LVII, pp. 488-500.

Limitatamente a testi relativi agli aspetti politico scolastici e storico-educativi: A. Santoni Rugiu, Dai primi del '900 alla riforma Gentile, in «Scuola e città», 1967, n. 4-5 (fascicolo monografico dedicato a Ernesto Codignola), pp. 19-46; R. Fornaca, Benedetto Croce e la politica scolastica in Italia nel 1920-1921, Roma, Armando, 1968, pp. 14-15, 39, 48-49, 91 e 164; Id., Pedagogia italiana del Novecento. Dall'inizio del secolo al primo dopoguerra, Roma, Armando, 1978, pp. 55, 66, 73, 91-92, 109-114 e passim; L. Ambrosoli, Libertà e religione nella riforma Gentile, Firenze, Vallecchi, 1980, pp. 28, 69, 130, 142, 151-152 e passim; M. Gervasoni, L'intellettuale come eroe. Piero Gobetti e le culture del Novecento, Scandicci, La Nuova Italia, 2000; P. Bagnoli, L' uomo morale e la rivoluzione italiana. Una lettura nuova di Piero Gobetti, in «Libro aperto. Rivista di idee politiche», aprile-giugno 2009, suppl.