Giuliano Balbino

Professioni: Professore, professore universitario, ministro E.N.
Ambiti di produzione: Associazionismo secondario, fascismo, filosofia, politica scolastica
Luoghi di attività: Piemonte, Emilia Romagna, Italia

Balbino Giuliano nacque a Fossano (Cuneo) il 13 giugno 1879. Si laureò nell'università di Torino in Lettere (1901) e in Filosofia (1902) e insegnò dapprima Lettere nei ginnasi e poi, dal 1910, Filosofia nei licei. Agli interessi filosofici e religiosi inizialmente segnati da un'ideologia umanitaria e da una spiritualità sincretista (testimoniati da svariati scritti e, in specie, dalla collaborazione alla rivista «Coenobium», 1908-1911), congiunse l'attenzione per le questioni scolastiche (l'opuscolo La nostra coltura presente e la scuola, 1906) e la militanza nella Federazione nazionale insegnanti scuola media. Qui entrò in relazione con Gaetano Salvemini con cui collaborò tra il 1912 e il 1915 nella rivista «L'Unità» con articoli segnati da deciso antigiolittismo.

Interventista appassionato, condivise la prima esperienza pubblicistica di Piero Gobetti, «Energie nuove», suo allievo nel liceo «D'Azeglio» di Torino. Nel 1918 il G. si trasferì a Bologna, attestandosi su posizioni politiche sempre più nettamente nazionaliste (nel 1919 sostenne l'impresa fiumana e promosse la creazione del circolo nazionalistico bolognese di cui fu espressione il settimanale «La Battaglia»), mentre sul piano culturale e filosofico si accostò al neoidealismo gentiliano. Condivise le proposte del Fascio di educazione nazionale promosso da Giuseppe Lombardo Radice e condivise i progetti di riforma scolastica caldeggiati dal gruppo idealista di cui divenne negli anni a venire un protagonista di primo piano e un uomo di fiducia di Giovanni Gentile.

Nel 1924 uscirono due volumi (L'esperienza politica dell'Italia e La politica scolastica del governo nazionale) dai quali emergono sia la natura della sua adesione al fascismo sia le ragioni del suo consenso alla politica culturale e scolastica di Gentile. Il B. riconosce a Mussolini lo sforzo di «normalizzazione» del fascismo congiunta all'avvertenza che senza un'adeguata fondazione culturale il fascismo rischiava di essere un movimento scomposto e non costruttivo. Soltanto immergendosi negli ideali della filosofia idealistica esso poteva superare «la materialità oggettiva del fatto» e affermarsi come la prosecuzione e l'inveramento del Risorgimento nazionale restato incompiuto.

Quanto alla riforma scolastica, essa era giudicata «nazionale prima che fascista» o, se si vuole, «fascista» nel solo senso che il governo guidato da Mussolini l'aveva resa possibile. Anche per il B., come per Gentile, «l'intento primo della riforma è quello di fare della scuola la grande forza educatrice di una nuova coscienza dell'unità nazionale» costruita su idealità etico-civili e nutrita di una rigorosa disciplina, di una organica riorganizzazione dell'apparato amministrativo, di un'educazione popolare adatta al «popolo fanciullo» basata sulla funzione disciplinatrice e regolatrice della religione.

Dopo una breve esperienza in Lombardia (1923) come provveditore agli studi, nel 1924 il B. (eletto per la prima volta deputato nel 1921) fu nominato sottosegretario nel ministero della P.I. su richiesta dello stesso Gentile allo scopo di «difendere» la riforma scolastica appena approvata e sottoposta a numerose critiche all'interno dello stesso fascismo. Nel gennaio 1925 fu proposto ancora dal Gentile (che nel frattempo lo volle con sé nell'Istituto fascista di cultura appena sorto) a Mussolini come possibile ministro della P.I., ma gli fu preferito lo storico Pietro Fedele. Nel marzo dello stesso anno partecipò al convegno bolognese degli intellettuali fascisti, da cui scaturì poi il celebre Manifesto, con la relazione «L'interpretazione storica e filosofica del movimento fascista».

Dal 1925 al 1930 insegnò Storia della filosofia nell'Istituto superiore di Magistero di Firenze diretto da Ernesto Codignola. Il B. passò quindi nell'università di Bologna (1931-1932) e infine in quella di Roma. Nel 1929 pubblicò Elementi di cultura fascista e nel 1933 curò una raccolta di discorsi di Mussolini, entrambe opere più volte riedite.

Il B. restò tuttavia soprattutto un uomo politico. Tra il 1929 e il 1932 ricoprì l'incarico di ministro dell'Educazione Nazionale (questa la nuova intitolazione del ministero assunta a partire proprio dal 1929) che vide così il ritorno di un gentiliano al vertice dell'istruzione dopo la presenza di Pietro Fedele e di Giuseppe Belluzzo. Nonostante l'invito di Gentile ad adoperarsi per il «ritorno alla schietta riforma», il B. dovette soprattutto dare corso ad alcuni provvedimenti ormai in itinere come l'istituzione della scuola di avviamento al lavoro, il progetto di riordino dell'istruzione professionale ricondotta dal Belluzzo nell'ambito dello Stato e l'entrata in vigore del libro unico di stato nelle scuole elementari. Al B. toccò anche la gestione dell'avvio dell'insegnamento della religione nelle scuole di ogni ordine e grado in seguito al Concordato siglato nel 1929 e la complessa e delicata questione del giuramento di fedeltà al fascismo dei professori universitari (1931).

Nominato senatore nel 1934, dal 1935 al 1940 il B. fu preside della facoltà di Lettere e Filosofia nell'università di Roma. Non aderì alla Repubblica sociale italiana, ma fu ugualmente epurato nel 1944 e poi reintegrato nei ruoli universitari nel 1948. Tra il 1953 e il 1955 diede alle stampe un'edizione delle Lettere a Lucilio di Seneca. Il B. morì a Roma il 13 giugno 1958.

[Giorgio Chiosso]

Fonti e bibliografia: ACS, Roma, Ministero P.I., Direzione Generale Istruzione Superiore, Liberi docenti, I versamento, I e II serie, b . 22; B. Giuliano, Il cammino del pensiero, Firenze, Le Monnier, 1962 (prefazione di F. Sartorelli).

DBI, vol. LVI, pp. 770-776.

S. Zeppi, Il pensiero politico dell'idealismo italiano e il nazionalfascismo, Firenze, La Nuova Italia, 1973, pp. 167-171; Il Parlamento Italiano. 1861-1988, vol. XII/1 (1929-1938), Milano, Nuova Cei, 1990, p. 454; G. Turi, Giovanni Gentile. Una biografia, Firenze, Giunti, 1995, pp. 307, 334, 338, 357, 379, 387, 392, 403, 405, 418, 449 e 458; J. Charnitzky, Fascismo e scuola. La politica scolastica del regime (1922-1943), Scandicci, La Nuova Italia, 1996, ad indicem; E. Garin, Cronache di filosofia italiana, Roma-Bari, Laterza, 1966, pp. 355-357.