Giudice Maria

Professioni: Maestra
Ambiti di produzione: Educazione popolare, emancipazionismo, socialismo
Luoghi di attività: Lombardia, Piemonte, Sicilia

Maria Giudice nacque il 27 aprile 1880 a Codevilla (Pavia), in una famiglia di estrazione piccolo borghese ed ebbe una formazione ispirata a idee democratiche e a sentimenti di giustizia sociale alimentati dal padre, reduce garibaldino, e dalla madre che la avvicinò alla lettura di grandi autori come Hugo, Zola, Tolstoj, De Amicis.

Conseguita la patente di scuola normale a Pavia, fu maestra nel vogherese e agli inizi del '900 si iscrisse al Partito socialista, spinta dal desiderio di contribuire a sanare le ingiustizie che colpivano gli oppressi, in linea con quanti tra i due secoli, associarono socialismo e istanze umanitarie. Impegnata in varie cariche nel partito e in ambito sindacale non consuete ai tempi per una donna, la maestra pavese condusse l'attività organizzativa animata dalla volontà di formare una coscienza di classe nei lavoratori.

Nell'Oltrepò pavese fu inoltre presto nota come pubblicista (collaborò prima a «L'Uomo che ride» e poi a «La Parola dei lavoratori») e come propagandista fra le contadine.

Segnalata per la prima volta come sovversiva già nel giugno del 1902, l'anno successivo divenne segretaria della Camera del lavoro di Voghera e subì la sua prima condanna al carcere. Per evitare la pena, in quanto incinta del primo dei sette figli avuti dal compagno, l'anarchico Carlo Civardi, rifugiò in Svizzera dove conobbe Angelica Balabanoff, con cui strinse una duratura amicizia. Insieme diedero vita nel 1904 al foglio «Su Compagne», mosse dall'idea che la battaglia emancipazionista dovesse essere concepita come lotta di donne e uomini uniti nella richiesta di una più alta e universale giustizia sociale.

Tornata in Italia, riprese la sua attività di organizzatrice e di propagandista, continuando anche a battersi per i diritti delle donne. In specie collaborò con «La Difesa delle lavoratrici», diretto da Anna Kuliscioff e sorto nel 1912, per il quale curò la rubrica «Voci dalle officine e dai campi», firmando i suoi contributi con lo pseudonimo Magda.

Nel frattempo si era trasferita a Milano (1910), con una nomina di maestra nel comune di Musocco (Milano), ma alla fine del 1913 fu costretta a lasciare l'incarico in quanto accusata di avere offeso il sentimento religioso degli alunni e delle loro famiglie (l'anticlericalismo fu uno dei temi ricorrenti dei suoi interventi, ostili più che alla fede cattolica in sé, al ruolo politico della Chiesa e del clero).

Dopo un periodo trascorso in Valsesia (1913-1916) come organizzatrice delle proteste operaie (1913-1916), la maestra pavese fu per tre anni a Torino (1916-1919) ove, anche in seguito alla chiamata al fronte di alcuni dei dirigenti locali, assunse (1916) la segreteria della Camera del Lavoro, quella della federazione provinciale del partito e la direzione de «Il Grido del popolo» (organo dei socialisti torinesi), per il quale tenne anche la rubrica «Sursum corda».

Spinta dal desiderio di rendere il periodico più comprensibile ai lettori, molti dei quali poco istruiti, fu contestata dai compagni di partito per il linguaggio troppo semplice e la riduzione degli spazi destinati alle elaborazioni teoriche. L'antimilitarismo convinto e dichiarato, l'attività svolta fra le operaie torinesi, il coinvolgimento nelle rivolte dell'agosto del 1917 fecero sì che su di lei fosse esercitata una vigile sorveglianza da parte delle autorità politiche e di sicurezza locali e venisse condannata, per i fatti dell'estate del 1917, a tre anni e un mese di carcere.

All'uscita dal carcere, anticipata per l'amnistia, la G., ormai sola per la morte del compagno al fronte, fu inviata dal partito, alla fine del 1919, in Sicilia, dove la sua attività accanto ai contadini fu non solo, e come in precedenza, attentamente controllata, ma anche tenacemente avversata dalla mafia e dal fascismo, contro il quale si espose apertamente. Sottoposta a stretta sorveglianza, fu ridotta progressivamente al silenzio.

Agli inizi degli anni '40, ormai da tempo irreversibilmente isolata, si trasferì a Roma per seguire l'ultima figlia, Goliarda (poi nota scrittrice), nata in Sicilia dalla relazione con Giuseppe Sapienza, anch'egli militante socialista. Ormai lontana dalla vita politica, la G. morì a Roma il 5 febbraio 1953.

[Carla Ghizzoni]

Fonti e bibliografia: ACS, Roma, Ministero dell'Interno, Direzione Generale Pubblica Sicurezza, Casellario politico centrale, f. Giudice Maria.

DBDL, pp. 535-538; MOI, vol. II, pp. 498-499.

V. Poma, Una maestra fra i socialisti: l'itinerario politico di Maria Giudice, Milano-Bari, Cariplo-Laterza, 1991; J. Calapso, Una donna intransigente. Vita di Maria Giudice, Palermo, Sellerio, 1996.