Gerdil Giacinto Sigismondo

Professioni: Sacerdote, educatore
Ambiti di produzione: Barnabiti, cultura religiosa e teologica, filosofia, pedagogia
Luoghi di attività: Francia, Piemonte, Lazio

Giacinto Sigismondo (al secolo Jean François) Gerdil nacque a Samoëns, in Alta Savoia (Francia), il 23 giugno 1718. Ricevuta la prima istruzione a Bonneville e a Thonon, studiò presso il collegio barnabitico di Annecy. Nel 1734 entrò al noviziato dei Barnabiti, sostenendo i voti solenni il 25 settembre 1735. Proseguì la sua formazione filosofica a Bologna, dove ebbe come insegnanti il grammatico Salvatore Corticelli, Francesco Maria Zanotti ed Eustachio e Gabriele Manfredi che lo introdussero alla riflessione filosofica nella quale avrebbe condiviso le tesi di Malebranche.

Collaborò con l'arcivescovo felsineo Prospero Lambertini, prima di essere inviato in qualità di insegnante nei collegi di Macerata e Casale Monferrato, dove venne ordinato sacerdote nel 1741. Proprio a Casale il giovane sacerdote savoiardo si mise in mostra per la sua apologetica rigorosa, ma aperta alla comprensione del pensiero illuministico, capace di fare i conti con i philosophes, così come con i giansenisti, affrontandoli sui loro terreni e non sulla base di posizioni precostituite. Risalgono a quel periodo il saggio su L'immatérialité de l'âme démontrée contre m. Locke par les mêmes principes par lesquels ce philosophe démontre l'existence et l'immatérialité de Dieu (1747) e la Défense du sentiment du p. Malebranche sur la nature et l'origine des idées contre l'examen de m. Locke, dell'anno successivo.

I suoi lavori gli valsero la chiamata prima alla cattedra di Filosofia pratica dell'università di Torino nel 1749 e poi a quella di Teologia morale (1754). Nel periodo torinese, il G. continuò a coniugare l'insegnamento con la ricerca e la scrittura, dando alla luce, tra l'altro, l'Introduzione allo studio della religione (1755), che divenne uno dei capisaldi dell'apologetica cattolica nei decenni successivi e le Réflexions sur la théorie et la pratique de l'éducation contre les principes de m. Rousseau (1763), che rappresentano la più riuscita confutazione del testo rousseauiano, tanto che vennero a più riprese edite con il titolo di Anti-Émile.

Già membro dell'Istituto delle Scienze di Bologna, della Royal Society, dell'Accademia della Crusca e dell'Arcadia di Roma, il G. fu anche tra i primi soci della Società privata torinese, da cui discese la locale Accademia delle Scienze. Nel 1758, il principe ereditario Vittorio Amedeo lo nominò precettore del suo primogenito, il futuro Carlo Emanuele IV, e dieci anni più tardi del futuro Vittorio Emanuele I e di Maurizio duca del Monferrato.

L'attività di precettore lo spinse a produrre non pochi materiali per l'educazione dei suoi allievi, molti dei quali sono conservati inediti presso la Biblioteca Reale di Torino, mentre altri sono stati pubblicati in diverse raccolte delle opere dell'autore. In quegli anni vide la luce soltanto la Breve esposizione dei caratteri della vera religione (1768), con cui il barnabita contribuì ad ammodernare la catechistica ad allora in uso, tanto che il testo venne a lungo ristampato.

Nel 1759 il G. lasciò l'incarico di professore universitario e nel 1764 divenne superiore provinciale dei Barnabiti del Piemonte. Nominato cardinale in pectore da Clemente XIV nel 1773, lasciò Torino per Roma, su invito di Pio VI, nel 1776, con l'approvazione di Vittorio Amedeo III, che contava sul suo appoggio per la politica concordataria del Regno di Sardegna. L'anno successivo fu nominato cardinale prefetto della congregazione dell'Indice, da dove combatté con acribia e autorevolezza gli scritti illuministici e giansenistici. Fece anche parte di numerose commissioni cardinalizie, tra cui quelle che condannarono la Costituzione civile del clero di Francia (1793) e predisposero la bolla Actorem Fidei (1794). Continuò intensa l'attività pubblicistica tra cui spiccano il Saggio d'instruzione teologica per uso di convitto ecclesiastico (1776) e la Confutazione di due libelli diretti contro il breve «Super soliditate» (1789).

In seguito all'occupazione di Roma da parte delle truppe francesi, nel 1798, il G. rientrò in Piemonte, conservando l'incarico, affidatogli qualche anno prima, di prefetto della congregazione di Propaganda Fide. Quando anche il Regno di Sardegna subì l'invasione da parte delle truppe rivoluzionarie, il barnabita si ritirò nel seminario di Giaveno, che lasciò alla fine del 1799 per recarsi a Venezia al conclave che elesse al soglio pontificio Pio VII.

In campo pedagogico Gerdil seppe unire una profonda conoscenza della letteratura educativa, filosofica e medica del tempo con una prolungata pratica come insegnante e precettore. Il suo contributo alle scienze dell'educazione va ricercato non solo nella già citata confutazione dell'Emilio di Rousseau, ma anche in saggi inediti ed editi quali Dell'origine del senso morale, Considerazioni sopra gli studi della gioventù e Plan des Études pour S.A.R. Monseigneur le Prince de Piémont. Convinto innatista, rifiutò le teorie sull'origine delle idee di matrice lockiana e sensista, per abbracciare, però, l'idea che di logica offriva Locke, secondo cui il passaggio dalle idee semplici a quelle complesse non poteva che avvenire per mezzo della riflessione soggettiva, che necessitava di «fatica e assiduità».

Di qui sia il rifiuto di metodi educativi come quello di Rousseau, basato sullo sviluppo sensoriale e sull'esperienza diretta del bambino, sia di impostazioni didattiche come quelle di Buffon o di Pluche, incentrate sulle materie scientifiche, in quanto reputate più coinvolgenti e divertenti per gli allievi. Nel suo piano di studi, pur conservando il primato alla religione, insegnata soprattutto per mezzo di letture tratte dall'Antico Testamento, il G. assegnò ruoli importanti nello sviluppo cognitivo dell'allievo alla geometria, alla fisica, compresa quella di stampo newtonianiano, e alla storia, intesa come storia della famiglia regnante, materie per le quali compose originali manuali, editi per lo più dopo la sua morte che lo colse a Roma il 12 agosto 1802.

[Paolo Bianchini]

Fonti e bibliografia: DBI, vol. LIII, pp. 391-397; EF (ed. Bompiani, 2006), vol. V, pp. 4661-4663; EP, vol. III, cc. 5370-5371; G. Boffito, Scrittori barnabiti o della congregazione dei chierici regolari di San Paolo (1533-1933). Biografia, bibliografia, iconografia, Firenze, Olschki, 1933, vol. II, pp. 163-214.

G. Allievo, Giacinto Sigismondo Gerdil educatore e pedagogista, Torino, Tip. S. Giuseppe degli Artigianelli, 1897; A. Lantrua, G.S. Gerdil filosofo e pedagogista nel pensiero italiano del secolo XVIII, Padova, CEDAM, 1952; A. Prandi, Cristianesimo offeso e difeso. Deismo e apologetica cristiana nel secondo Settecento, Bologna, Il Mulino, 1975; A. Bianchi, Scuola e lumi in Italia nell'età delle riforme (1750-1780). La modernizzazione dei piani degli studi nei collegi degli ordini religiosi, Brescia, La Scuola, 1996, pp. 75-119 e 193-222; P. Delpiano, Il trono e la cattedra. Cultura dell'assolutismo e immagine del potere nel Piemonte del Settecento, Torino, Deputazione subalpina di storia patria, 1997; M.T. Silvestrini, La politica della religione. Il governo ecclesiastico nello Stato sabaudo del XVIII secolo, Firenze, Olschki, 1997; R. Valabrega, Un anti-illuminista dalla cattedra alla porpora. Giacinto Sigismondo Gerdil professore, precettore a corte e cardinale, Torino, Deputazione subalpina di storia patria, 2004.