Gabelli Aristide

Professioni: Direttore, ispettore, funzionario ministeriale, uomo politico
Ambiti di produzione: Didattica, lavoro educativo, pedagogia, politica scolastica
Luoghi di attività: Veneto, Lombardia, Lazio, Italia

Aristide Gabelli nacque a Belluno il 22 marzo 1830 da Pasquale ed Elena Varola. Compì a Venezia gli studi secondari classici e nel 1848-1849 partecipò come volontario nella Guardia nazionale, prima, e in una compagnia di artiglieria, poi, alla difesa della città. Fu però costretto a lasciare l'impresa a causa di una salute estremamente fragile, che, per tutta la vita, gli creò non pochi problemi. Nel 1849 s'iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell'università di Padova: nel 1854 abbandonò gli studi senza aver conseguito la laurea, ma avendo ottenuto un attestato di frequenza dei corsi, l'«assolutorio».

Nel 1854 partecipò al concorso per insegnanti ginnasiali per accedere ai corsi di perfezionamento all'università di Vienna. Qui il G. ebbe modo di approfondire la conoscenza della cultura tedesca e sviluppò anche una differente prospettiva in relazione al cattolicesimo, che fino ad allora aveva considerato senza problemi la propria religione. Pur non cambiando il credo religioso, si avvicinò alla spiritualità evangelica e maturò un giudizio critico circa l'influenza esercitata dal cattolicesimo nella storia italiana, senza tuttavia mai cedere a posizioni anticlericali e tanto meno irreligiose (in varie circostanze difese, pur con accenti critici, l'utilità dell'insegnamento religioso nelle scuole elementari). Nel 1856 una malattia agli occhi lo costrinse a rientrare in famiglia.

Nel 1857 a Venezia iniziò a lavorare come praticante dapprima nel tribunale provinciale quindi presso un avvocato. Iniziò anche la collaborazione con il periodico giuridico «L'Eco dei tribunali». Quando, due anni dopo, ricevette la chiamata alle armi, non sapendo come sottrarvisi, scelse l'esilio: dichiarato disertore dalle autorità austriache, si trasferì prima a Firenze, quindi a Torino e infine a Milano, dove si stabilì, dedicandosi al giornalismo. Lavorò alla «Gazzetta dei tribunali» e fondò poi nel 1862, insieme all'avvocato Giovanni Porro, «Il Monitore dei tribunali», da lui diretto fino al 1869.

A partire dal 1861, comunque, gli interessi di Gabelli si volsero principalmente alla scuola e all'educazione: in quell'anno, infatti, egli decise di entrare nell'amministrazione della P.I., dirigendo dapprima una scuola tecnica e poi, tra il 1865 e il 1869, il convitto nazionale «Longone» di Milano; nel 1866 pubblicò sulla rivista «Il Politecnico» di Carlo Cattaneo il suo primo saggio di carattere educativo Sulla corrispondenza della educazione colla civiltà moderna.

La riflessione sull'educazione del Gabelli veniva così avviata prendendo come spunto principale il tema del rapporto tra ragione, libertà e morale, tema che egli sviluppò in altri lavori, a partire da L'uomo e le scienze morali (1869), scritto che può essere annoverato tra le prime opere organiche del positivismo italiano. In questo testo Gabelli sostiene che la coscienza, i sentimenti e i criteri morali non sono innati, ma sono acquisiti con l'educazione, il cui compito è quello di orientare gli uomini alla consapevolezza critica attraverso il metodo scientifico. Si trovano in questo scritto i presupposti del positivismo gabelliano, poco ideologico e molto incentrato sulla costruzione di un sapere «positivo» cioè razionale e non dogmatico.

Nel 1869 divenne ispettore centrale del ministero della P.I. e, subito dopo, fu nominato provveditore agli studi di Firenze. L'anno successivo fu chiamato a Roma con il delicato compito di compiere una verifica sullo stato delle scuole della nuova capitale. Esaurito questo incarico, tornò a Milano l'anno seguente come provveditore (1871-1874) per ritornare nuovamente a Roma con analogo incarico. Fu a lungo anche membro del Consiglio superiore della P.I. ed insegnò Pedagogia presso l'Istituto superiore di Magistero di Roma. Nel 1882 fu collocato a riposo su sua richiesta e si stabilì a Padova.

In quegli anni e in quelli immediatamente successivi si dedicò all'approfondimento di svariate questioni pedagogiche e scolastiche (il metodo di insegnamento, il lavoro manuale, la natura e il ruolo dell'istruzione classica, su quest'ultimo punto ved. L'istruzione classica in Italia, 1889 con Pasquale Villari). Nel 1880 al Congresso pedagogico di Roma tenne la relazione, poi pubblicata con il titolo Il metodo di insegnamento nelle scuole elementari d'Italia, la sua opera forse più nota.

Le sue condizioni di salute rimasero precarie ma, nonostante questo limite, lavorò intensamente come saggista (pubblicò saggi e articoli in specie sulla «Nuova antologia» e sulla rivista magistrale «Il Risveglio educativo», SPES, n. 910, testi poi in gran parte raccolti nei due volumi L'istruzione in Italia, 1891) oltre a svolgere incarichi governativi, come ad esempio, la revisione del progetto di legge sulla riforma degli asili (1883), la partecipazione al congresso internazionale degli istitutori a Le Havre (1885), la presidenza della commissione per i libri di testo nelle scuole elementari (1886), l'incarico di relatore nella commissione (presieduta da Pasquale Villari, personalità con cui fu in rapporti amicali e con cui condivise battaglie politiche e molti impegni ministeriali) incaricata del riordinamento dell'istruzione elementare, commissione a cui si devono i programmi elementari del 1888, noti anche come «Programmi Gabelli», vicenda su cui lasciò il saggio Sul riordinamento dell'istruzione elementare (1888).

Negli ultimi anni lo studioso bellunese visse anche un'esperienza politica come deputato nelle fila della corrente liberale moderata, eletto nel 1886 e nel 1890 nel secondo collegio di Venezia. Sempre nel 1890 fu nominato membro dell'Accademia dei Lincei. Il G. morì a Padova il 7 ottobre 1891.

[Alessandra Avanzini]

Fonti e bibliografia: DBI, vol. LI, pp. 10-12; EBU, vol. VII, p. 576; EP, vol. III, cc. 5233-5239; MC, vol. II, pp. 1-5; PE, pp. 215-216; SPES, n. 910; E. Catarsi, Storia dei programmi della scuola elementare (1860-1985), Firenze, La Nuova Italia, 1990 (con il testo dei Programmi del 1888).

N. Abbagnano, Introduzione a A. Gabelli, Il metodo di insegnamento nelle scuole elementari d'Italia, Napoli, Morano, 1938; E. Codignola, Introduzione a A. Gabelli, L'istruzione e l'educazione in Italia, Firenze La Nuova Italia, 1950; A. Saloni, Educazione e scuola in Aristide Gabelli, Roma, Armando, 1963; F.V. Lombardi, Gabelli, Brescia, La Scuola, 1964; T. Tomasi, Società e scuola in Aristide Gabelli, Firenze, La Nuova Italia, 1965; D. Bertoni Jovine, Introduzione a A. Gabelli, Educazione e vita sociale, Torino, Loescher, 1967; G. Calogero, Pedagogia e didattica di A. Gabelli, Firenze, De Bono, 1968; G. Genovesi, Introduzione a A. Gabelli, Il metodo di insegnamento nelle scuole elementari d'Italia, Firenze, La Nuova Italia, 1992; G. Bonetta (ed.), Aristide Gabelli e il metodo critico in educazione, L'Aquila, Japadre, 1994; F. De Vivo, P. Zamperlin, Nuovi contributi allo studio di Aristide Gabelli, Padova, Alfasessanta, 1995; G. Cives, I miei maestri. Da Gabelli a Dewey, Roma, Anicia, 2001.